Non si tratta – neppure lontanamente – della conseguenza peggiore dell’invasione russa dell’Ucraina cominciata il 24 febbraio del 2022, ovvio. Tuttavia, la guerra nel quadrante orientale dell’Europa ha avuto un impatto negativo anche sull’industria discografica, riportando al centro dell’attenzione il problema annoso della pirateria in Russia e Bielorussia.
È infatti di pochi mesi fa la notizia che la Bielorussia ha approvato una legge che nella pratica legalizza la pirateria di musica e altre forme di intrattenimento protette da copyright, a patto che provengano da “paesi ostili”: in quel caso, i contenuti audiovisivi possono essere utilizzati in Bielorussia senza l'autorizzazione dei titolari dei diritti. Non è stato pubblicato un elenco che definisca ufficialmente i succitati “paesi ostili”, ma è chiaro che non verrà perseguito chi utilizza, senza averne diritto, materiale proveniente dalle nazioni occidentali che hanno imposto sanzioni alla Bielorussia dal 2020 in poi.
In Russia non esiste una legge di questo tipo, tuttavia la pirateria è tollerata, quando non incoraggiata apertamente nell’ottica di creare danno ad aziende straniere provenienti da paesi nemici.
Medvedev ha dato un'accelerata al processo d'organizzazione dei referendum
Non più tardi di tre mesi fa, Dmitry Medvedev, ex-presidente e oggi vicepresidente del consiglio di sicurezza della federazione russa, ha chiesto ufficialmente ai cittadini russi di scaricare film piratati allo scopo di “far fallire” Netflix, una delle molte aziende occidentali che si sono ritirate dal mercato russo nel marzo dell’anno scorso. Per tornare nel campo musicale infatti, Sony, Warner e Universal sono state le prime a dichiarare che avrebbero sospeso le operazioni in Russia e che le loro nuove uscite non sarebbero più state disponibili sui network del paese. Sono state poi seguite da Amazon, Deezer e Spotify, che hanno chiuso i loro uffici in Russia. YouTube non ha preso decisioni tanto drastiche (anche perché, è stato sottolineato, può essere uno dei pochi canali di controinformazione ancora disponibili in una nazione in cui il controllo dei media è piuttosto pervasivo), ma ha sospeso tutti i programmi di monetizzazione.
Spotify
La lunga tradizione della pirateria in Russia
Il ritiro dei grandi player dell'industria musicale globale ha rallentato lo sviluppo di un mercato che, prima dell’invasione dell’Ucraina, era il tredicesimo più importante al mondo, e quello con la crescita più rapida. Ma forse sarebbe il caso di precisare che è lo sviluppo legale, ad essere andato incontro a una brusca frenata. Quello illegale continua, come del resto da tradizione sin dall’era sovietica, anni in cui la pirateria era diffusa come pratica fai-da-te, un modo per ottenere ciò che non era disponibile sul mercato.
Poi l’implosione dell’URSS ha portato a una velocissima espansione del consumo di musica occidentale da parte dei russi (consumo, beninteso, già presente in precedenza e già storicizzato come una delle cause culturali del crollo del sistema comunista), e della pirateria di conseguenza. La fioritura di produttori e venditori di musicassette, nastri VHS, DVD e CD audio contraffatti nel corso degli anni Novanta è stata rappresentata plasticamente dai molti mercatini spuntati spontaneamente nelle piazze di Mosca in quel periodo (il più noto era probabilmente quello di Gorbushka, nato nella zona est della capitale vicino alla metropolitana Bagrationovskaya). Ma il business vero, naturalmente, stava a monte, in un’industria clandestina capace di produrre e distribuire milioni di copie di CD contraffatti. E pur se leggi moderne sul copyright sono in vigore sin dal 1993, la repressione del fenomeno è sempre stata blanda: certo, c’era l’occasionale sequestro di qualche fabbrica di CD e DVD, ma rimaneva l’idea che la pirateria, considerata in Occidente destabilizzante e dannosa per l'industria musicale, fosse normale per l'industria musicale russa. Anzi, la regolamentazione della distribuzione e del consumo di musica è percepita tuttora come qualcosa di estraneo e perfino destabilizzante. Ancora oggi – tempi in cui i falsari musicali non hanno più stabilimenti segreti nelle periferia delle città russe, ma si muovono indisturbati sul web – in Russia sono molti a non considerare la condivisione illegale di musica un fatto negativo, tanto che diversi musicisti arrivano a utilizzare i siti torrent come strumenti promozionali.
Il ruolo dei social network
La normalizzazione della pirateria in Russia passa però soprattutto attraverso il social network più noto del paese, VK. Nato nel 2007 a San Pietroburgo come risposta russa a Facebook, VK è riuscito a emergere grazie a una caratteristica che lo distingue dalla concorrenza: la possibilità di caricare brani musicali che diventano immediatamente disponibili per tutti gli altri utenti. Questa funzione è stata molto probabilmente il motivo per cui VK è diventato estremamente popolare tra le fasce più giovani della popolazione russa. Poi il social network ha firmato accordi con le major internazionali e messo in atto alcune strategie per contenere la pirateria, ma l’invasione dell’Ucraina ha rapidamente cambiato la situazione, e oggi VK è tornato a essere una cornucopia di musica gratuita, senza remunerazione per gli artisti.
Anche in questo caso, ovviamente, la soluzione al problema passa prima di tutto per la cessazione delle ostilità. Speriamo di vedere presto quel giorno, per questo e molti altri, ben più importanti motivi.