Chi frequenta La Scala di Milano gioca ai videogame? Non credo esista una statistica, però è indubbio che il pubblico della musica classica e quello dei videogiochi siano comunemente considerati due poli opposti della geografia culturale contemporanea. Eppure, a pensarci i due mondi hanno trovato negli ultimi anni un inaspettato punto di convergenza: i videogame stanno portando la musica classica alle orecchie di un pubblico che mai l’avrebbe avvicinata altrimenti. Halo, Final Fantasy, Zelda: i grandi blockbuster dell’era videoludica sono colmi di musica classica, che accompagna i viaggi di chi gioca, forte dell’immersività massima offerta dai videogame.
Un tempo la musica dei videogiochi era semplicemente limitata: le scarsissime capacità delle macchine su cui giravano i giochi degli anni Ottanta e Novanta costringevano i compositori a lavorare con pochi suoni sintetizzati, e nonostante questo stimolasse la creatività di alcuni (fino alla creazione di veri e propri capolavori 8-bit) non lasciava certo spazio per la musica sinfonica. Oggi le cose sono cambiate, e molto: le colonne sonore dei videogame non sono musica “da videogame”, ma musica e basta. E sempre più spesso, musica classica contemporanea.
All’inizio di settembre è uscito Starfield, uno dei giochi più attesi di un 2023 già strapieno di uscite colossali. Frutto di sette anni di lavoro, con un budget superiore ai duecento milioni di dollari, Starfield è parte di un investimento multimiliardario (in dollari) da parte di Microsoft, e può dire di essere, se non il più bello, almeno il videogame più grande mai creato fino a oggi, in ogni senso. Ed è stato creato partendo (anche) dalla colonna sonora.
Inon Zur, che l’ha composta, è stato infatti coinvolto sin dalle prime fasi della produzione da parte dello studio americano Bethesda: la musica ha funzionato come una forma di concept art, destinata a influenzare il lavoro dei programmatori, non solo ad abbellire la confezione. Non stupisce dunque che l’uscita di Starfield su suolo europeo sia stata anticipata da un concerto: la suite che contiene il tema principale del gioco è stata eseguita dalla London Symphony Orchestra all’Alexandra Palace Theatre della capitale inglese, tutto esaurito per l’occasione.
Chi è andato a vedere quel concerto, dunque? Fan dei videogiochi? Fan della musica classica contemporanea? Non abbiamo certezze al riguardo, però sappiamo che la musica dei videogiochi si ascolta e si vende. Anche quella sinfonica, e perfino su vinile. Certo, in quest’ultimo caso gioca un ruolo molto importante anche l’ossessione collezionistica, che però non riesce certo a sminuire i dati di vendita notevolissimi dei dischi che contengono le colonne sonore di God of War: Ragnarok e Assassin’s Creed Valhalla. La seconda, peraltro, anche vincitrice del Grammy Award dedicato alla categoria Best Score Soundtrack for Video Games and Other Interactive Media, introdotta quest’anno dal più prestigioso premio musicale statunitense proprio per, cito testualmente, “riconoscere l’impatto della musica scritta appositamente per i videogiochi e altri media interattivi”. Il 2023 è anche l’anno che segna l’entrata della prima colonna sonora di videogame nell’americana Library of Congress: rimane da chiedersi perché il Congresso degli Stati Uniti abbia scelto il Ground Theme di Super Mario Bros. per il suo registro di “suoni che definiscono la storia e la cultura della nazione”, visto che si tratta di musica di ideazione e produzione giapponese… ma questo non sminuisce la portata dell’evento. La musica dei videogame, insomma, è finalmente adulta, e riconosciuta ufficalmente come cultura.
Detto tutto questo, e riconosciuta questa evoluzione epocale, rimane da chiedersi se il crescente interesse verso le colonne sonore sinfoniche dei videogame possa portare una nuova generazione di ascoltatori verso la musica classica. È sicuramente possibile, se si crede alle statistiche che dicono che il 28% degli ascoltatori della cosiddetta generazione Z ha scoperto nuova musica grazie ai videogiochi (almeno, queste erano le cifre secondo il rapporto U.S. Music 360 uscito a fine 2021), il che rende il mezzo videoludico efficace quanto la televisione in termini di scoperta musicale per questa fascia demografica.
Ma davvero è possiible che un gamer passi, per curiosità, da Bioshock a Rachmaminoff, da Final Fantasy a Stravinskij?
La risposta più sensata a questa domanda è semplice: perché no? In fondo sono oltre 3 miliardi i giocatori in tutto il mondo, e in quello occidentale i videogame sono il passatemo più diffuso tra le persone di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Difficile quindi provare a negare che siano molti di più i giovani esposti alla musica classica attraverso i videogiochi, che quelli che assistono a concerti dal vivo. Se son rose, fioriranno, anche se digitali. Tanto, oggi come oggi, che differenza fa?
Starfield
Nerd 3.0 26.09.2023, 14:00
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