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Il film su Whitney Houston è un'occasione persa

Whitney – una voce diventata leggenda è il biopic diretto da Kasi Lemmons che racconta una delle più grandi star degli anni Ottanta americani. Purtroppo, senza grande originalità

  • 28.12.2022, 20:53
  • 14.09.2023, 09:20
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Whitney – una voce diventata leggenda: il titolo italiano parte male, traduzione casuale di I wanna dance with somebody. In un'epoca in cui qualsiasi titolo viene lasciato nella forma originale inglese, i distributori italiani hanno deciso di cambiarlo. Forse non sapevano che, bè, è il titolo di una canzone piuttosto nota...
Ma questi sono fatti secondari. La notizia è che nelle sale di mezzo mondo – Svizzera italiana compresa – è uscito il gigantesco biopic su Whitney Houston, morta esattamente un decennio or sono, a soli 48 anni, annegata in una vasca da bagno dell'Hilton di Beverly Hills, stordita da un mix di medicinali e droghe. Dopo la sua morte sono state scritte migliaia di pagine, girati documentari e speciali televisivi. Il problema nel portare sul grande schermo una sua biografia è, di conseguenza, di cosa parlare, perché la Houston è diventata negli anni un doppio luogo comune. Da una parte infatti, incarnava l'idea del talento come dono del cielo, con la sua voce da soprano, morbida come il velluto e di una chiarezza cristallina. Dall'altra aderiva perfettamente al cliché della star americana che si autodistrugge con le sostanze, piegata da problemi familiari, da un marito violento e altrettanto vittima delle dipendenze, anche lui peraltro molto noto. Materiale da tabloid perfetto, in un'epoca in cui i tabloid avevano ancora un posto nel panorama mediatico occidentale.

Dunque, ecco la grande domanda: come fare, a dire qualcosa di nuovo su Whitney Houston? Se la sarebbe fatta chiunque, fosse stato nei panni della regista di questo Whitney – Una voce diventata leggenda, Kasi Lemmons, o dello sceneggiatore Anthony McCarten, lo stesso di Bohemian Rhapsody. Apparentemente però, gli unici a non essersela fatta sono proprio Lemmons e McCarten, perché di originale, di nuovo, nel film c'è ben poco. È una pellicola biografica molto scolastica, con produzione hollywoodiana curatissima, immagini patinate, dalla quale era lecito aspettarsi maggior coraggio.

Un film riuscito, ma poco coraggioso

Il film mette in fila sequenze drammatiche che rappresentano domande fondamentali per la vita e la carriera di Whitney Houston, però ogni volta passa velocemente oltre, come se non volesse approfondire, prendere posizione, offrirci una spiegazione. Eppure non ci sarebbe stato niente di male. Quanti film abbiamo visto partire dal dato biografico per poi deragliare, cercare di offrire un punto di vista nuovo, fare ipotesi e – perché no – inventare qualcosa. Invece qui tutte le domande rimangono sospese: perché Whitney Houston era tanto sofferente, tanto autodistruttiva? Forse perché era un genio della musica nera costretto dalle case discografiche a fare pop per il pubblico bianco? Forse perché era in realtà gay (il film dà spazio alla sua lunga relazione con l'assistente Robyn Crawford) mai dichiarata? Forse semplicemente perché doveva lavorare a ritmi forsennati per mantenere una famiglia dedita allo sfruttamento della sua carriera? Quando si riaccendono le luci in sala, ne sappiamo quanto prima.
È innegabile che ci siano molte cose buone in questo Whitney – Una voce diventata leggenda: la protagonista Naomi Ackie offre una performance all'altezza, il cast è assortito con grande precisione. Notevole anche la qualità con cui sono riprodotte le grandi esibizioni della carriera di Whitney Houston (e qui il paragone con Bohemian Rhapsody torna alla mente). Rimane però l'idea che l'autorizzazione della famiglia, degli eredi, sia stata positiva solo dal punto di vista commerciale, assai poco da quello artistico. È come se il film fosse costruito per non offendere nessuno di quelli che hanno la possibilità di intentare una causa alla produzione. Ma questa scelta spoglia il personaggio di Whitney Houston di ogni profondità, trasformandola – come ha giustamente scritto l'inglese Indipendent – in una merce, un marchio. Del resto, negli ultimi anni la faccia di Whitney Houston è stata stampata su linee di cosmetici, corsi di spinning e perfino una linea di pupazzetti Funko Pop. Adesso nel catalogo c'è anche un film: farà bene agli affari, ma non ai fan.

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