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Quanta musica ascoltiamo? Tanta: 20 ore precise

Pubblicato il rapporto annuale che racconta come si consuma la musica nel mondo: secondo l'IFPI, ne ascoltiamo mediamente 20 ore alla settimana. E non è solo streaming: resiste la radio, e perfino il vinile

  • 23 novembre 2022, 13:00
  • 24 giugno 2023, 01:52
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IFPI è un'organizzazione transnazionale che rappresenta l'industria discografica in tutto il mondo – o meglio, nei principali mercati del globo, che insieme fanno quasi il 90% dei ricavi totali da musica registrata. Ogni anno IFPI pubblica un rapporto che esamina le modalità di consumo musicale nei succitati mercati, dopo aver condotto più di 40.000 interviste online: il più grande studio sul mercato musicale al mondo.
Il report Engaging with Music 2022 appena pubblicato, in particolare, è stato condotto su un campione demograficamente rappresentativo della popolazione online di Argentina, Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Messico, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Polonia, Sudafrica, Corea del Sud, Spagna, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti.

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L'epoca dello streaming

Certo, i dati aggregati rischiano di appiattire le differenze tra i diversi mercati nazionali, ma se ne ricavano comunque indicazioni interessanti.
Ad esempio quella che conferma che nell'era dello streaming e della facilità di accesso, l'ascolto della musica è in aumento: secondo l'IFPI, quest'anno è salito a 20,1 ore settimanali rispetto alle 18,4 ore di un anno fa. La differenza equivale a 34 canzoni da tre minuti (ammesso che il format radiofonico classico sia ancora valido) in più ogni settimana.
Secondo l'indagine, il 74% degli intervistati utilizza servizi a pagamento o finanziati dalla pubblicità, il 46% ascolta musica tramite streaming audio in abbonamento, il 50% utilizza applicazioni per video di breve durata e il 32% ha guardato un livestream musicale nell'ultimo mese. Inoltre, il 30% ha ammesso di aver utilizzato modi non autorizzati o illegali per ascoltare la musica. Il che ci fa sospettare che la percentuale effettiva sia ben più alta...
Aggiungendo lo streaming video al 19%, notiamo che oltre la metà (51%) degli ascolti proviene da qualche forma di streaming. Vanno poi considerate le piattaforme di social media. La radio è ancora popolare, nonostante tutto: rappresenta il 17% del tempo di ascolto.

Non è uno streaming per vecchi

L'abbonamento è la modalità principale con cui le piattaforme di streaming creano valore, anche se ci sono segnali che annunciano che la crisi del costo della vita in Europa potrebbe avere un impatto su questo tipo di spese. I giovani sembrano i più disposti a spendere per il servizio in abbonamento: la penetrazione degli abbonamenti premium raggiunge il picco nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni (56%), seguita da quella tra i 16 e i 24 anni (54%) e da quella tra i 35 e i 44 anni (44%). Tra i consumatori più anziani, sono appena il 36% di quelli di età compresa tra i 45 e i 54 anni che pagano un abbonamento allo streaming. Tra i 55 e i 64 anni, infine, appena un quarto (26%) è abbonato allo streaming.

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Il vinile è vivo!

Nonostante il potere dello streaming, la musica fisica è ancora molto presente tra gli interessi dei consumatori: il 12% degli intervistati ha dichiarato di aver acquistato almeno un CD e l'8% un vinile. Esistono, non a caso, diversi casi che dimostrano come streaming e musica fisica siano complementari: ad esempio Midnights di Taylor Swift ha ottenuto ottimi risultati in entrambi i settori.
Lo streaming fa ovviamente parte di un ecosistema musicale più ampio che offre nuova musica e nuovi artisti agli ascoltatori. L'indagine ha rilevato che il 50% delle persone di età compresa tra i 16 e i 24 anni scopre un nuovo artista ogni settimana. In generale, secondo il rapporto, le persone ascoltano in media otto generi musicali.

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