La rinascita del vinile non è più solo una questione di nicchia. Non riguarda più solo gli ultracinquantenni – rimasti ormai l’unica generazione in grado di investire cifre decenti in spese voluttuarie come i dischi – o qualche hipster fuori tempo massimo. Il vinile è di nuovo mainstream, o quasi.
Lo dicono gli americani, che nonostante i tempi siano cambiati e i centri di gravità un po’ meno permamenti, per il business della musica sono ancora il mercato di riferimento: secondo il rapporto annuale della Recording Industry Association of America (RIAA) pubblicato una settimana fa, l'anno scorso negli Stati Uniti le vendite di dischi in vinile hanno superato quelle di Compact Disc per la prima volta dal 1987: 41 milioni di unità contro 33. La RIAA nota anche come i vinili rappresentino il 71% di tutti i ricavi da formati musicali “concreti”, con un aumento del 17% rispetto all'anno precedente contro un crollo del 18% da parte dei CD. Ma i vinili non hanno successo solo in America: dati simili, seppur meno accentuati, sono arrivati da Regno Unito, Germania, Giappone e Corea del Sud.
Certo, lo streaming regna ancora sovrano sul mercato: servizi come Spotify e Apple Music rappresentano oggi più dell’80% del giro d’affari della musica registrata, per un controvalore di oltre 13 miliardi di dollari (sempre dati RIAA). Ma il vinile è la grande alternativa, e non solo per gli ascoltatori più attempati. Infatti gli artisti appartenenti alla generazione Z e a quella dei millennial vendono moltissimi vinili: Taylor Swift ne ha piazzati quasi 1,7 milioni, Harry Styles 719.000. Per trovare un gruppo “da boomer” tra i più venduti, bisogna arrivare al terzo posto, con i Beatles e il loro mezzo milione di copie vendute (niente male, a più di mezzo secolo dallo scioglimento ufficiale del gruppo).
Il boom del vinile? Merito del Covid-19
La nostalgia insomma non basta, a spiegare questo nuovo amore per il vinile. Per quanto suoni assurdo dirlo, le case discografiche devono ringraziare soprattutto il Covid-19. Perché l’esplosione del mercato del vinile è arrivata proprio con i lockdown del 2020, che hanno accelerato esponenzialmente un trend di crescita costante già in atto: nei soli Stati Uniti, le vendite sono aumentate di oltre il 46% nel 2020 e poi, incredibilmente, di un altro 51% nel 2021. Il 2022 ha segnato un rimbalzo da questo punto di vista, con un “misero” +4%, ma visti i numeri degli anni precedenti, rimane un risultato stupefacente in termini assoluti. E potrebbe non essere un male, perché quello del disco in vinile è un mercato per definizione slow, che non può sopportare una crescita troppo rapida: nel 2021 la richiesta di dischi aveva addirittura superato la capacità produttiva, mentre gli appassionati riversavano sul vinile le somme che avrebbero speso altrimenti in concerti. Il numero di aziende produttrici di vinili si è infatti ristretto costantemente dagli anni Ottanta in poi, e oggi invece il ritorno al vinile sta stimolando nuove aperture, a volte sostenute dagli stessi artisti.
I Metallica si comprano la fabbrica di dischi
È arrivata proprio pochi giorni fa – tanto per fare un esempio eclatante – la notizia che i Metallica stanno acquistando la Furnace Record Pressing, azienda di Alexandria, in Virginia, che da un decennio stampa i vinili della band. Una produzione, quella dei Metallica, che non si è mai fermata, anzi è cresciuta: i vecchi album vengono ristampati in continuazione, e in più vengono pubblicati enormi cofanetti da collezione destinati ai fan hardcore (la limited edition del Black Album uscita nel 2021 per il trentesimo anniversario comprendeva un doppio LP dell'album, tre LP live, 14 CD e 6 DVD!). L'anno scorso, il gruppo ha stampato più di 620.000 vinili, dei quali la metà circa venduti negli Stati Uniti. Anche in questo caso, numeri non pessimi, per una band che non produce musica nuova dal 2016: il nuovo album in studio, 72 Seasons, arriverà sugli scaffali il prossimo 14 aprile, e sono già in pre-ordine diverse limited edition in vinile di diversi colori. Scommettiamo che, nella lontana Virginia, una certa fabbrica stia lavorando a pieno regime…
Il mercato del vinile, dunque, rimane sano, e con ulteriori possibilità di crescita. Tuttavia non si può negare ci sia anche qualche nuvola all’orizzonte: con l'aumento dei prezzi delle materie prime e della manodopera, è aumentato anche il costo dei dischi, e ci si aspetta che i prezzi delle major aumentino ancora nel 2023. Quella dei prezzi, che potrebbero allontanare i consumatori finali, è ovviamente una delle principali preoccupazioni dei proprietari di negozi di dischi e delle etichette indipendenti. Tuttavia, al momento non sembra essere fondata: i vinili continuano a essere un oggetto per cui gli appassionati sono disposti a spendere cifre importanti. E visto l’andamento del mercato dell’usato, con i prezzi in costante aumento nel corso delle ultime stagioni, potrebbe trattarsi anche di un buon investimento.