3 marzo-3 giugno 1875. Senza scomodare la numerologia, sono le due date che in qualche modo descrivono la parabola di Georges Bizet, compositore francese la cui opera più famosa è, senz’altro, la Carmen. Dicevamo delle date. Quella di marzo ci riporta alla prima rappresentazione dell’opera, che si tenne all’Opéra-Comique di Parigi. La seconda è invece quella della morte prematura di Bizet, avvenuta a 36 anni. Tre mesi esatti. Troppo poco, per lui, per godersi il successo che la sua creatura avrebbe ottenuto. Abbastanza per osservare lo scandalo che destò tra il pubblico.
Le atmosfere di quel primo allestimento sono state riprodotte e immortalate in Carmen - Historical Staging of 1875, DVD-libro edito da Palazzetto Bru Zane, centro di musica romantica francese con sede a Venezia, attivo nella promozione del repertorio musicale dell’Ottocento. Quanto offerto è la ricostruzione storicamente informata di quella prima, basata sui livrets de mise en scène dell’epoca contenenti tavole a colori con scene e costumi, schizzi di allestimento e diagrammi di movimento scenico. Se ne è parlato nella Recensione di Rete Due con la giornalista e musicologa Luisa Sclocchis.
È dunque una riproposizione di ciò che il pubblico vide quel 3 marzo 1875, rimanendone turbato. Per la prima volta a prendersi la scena erano gitani, ladri, sigaraie, toreri, contrabbandieri: tutte persone solitamente tenute ai margini della società più benpensante dell’epoca. Bizet aveva osato portarle su di un palco. Mutatis mutandis, l’effetto disorientante dell’opera si riverbera ancora oggi. «Pensando a Carmen dici: “Oddio, viviamo tempi in cui i temi trattati non sarebbero tollerati” nel senso che si parla di violenza sulle donne che sfocia in femminicidio, di violenza sugli animali, con la corrida: sarebbe veramente un insieme impossibile da gestire per l’ideologia woke, il politicamente corretto e la cancel culture» riflette Sclocchis, che trova questa versione «controcorrente, rivoluzionaria: ha un impatto dirompente in un momento in cui abbiamo anche visto il finale rivisitato».
150 anni fa l’indignazione si mescolò alla curiosità e ciò aiutò a riempire la sala per quarantacinque repliche consecutive (trovate il racconto completo qui). Insomma, come spesso capita, l’importante è che se ne parli. Bizet non riuscì a raccogliere i frutti della sua composizione più celebre ma il suo destino resterà indissolubilmente legato a essa.