Musica rock

Essere dark nella Svizzera italiana anni ‘80

Declinazione gotica e nerovestita del post-punk, la darkwave trovò seguaci anche nella nostra regione. I ricordi di chi vi prese parte

  • Oggi, 11:06
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Sisters of Mercy nel 1983

  • Imago/Future Image
Di: Red. 

Tutto si fa risalire alle serate del Batcave, il club londinese da cui, agli inizi degli anni Ottanta, spiccò il volo su ali di pipistrello la sottocultura dark. O darkwave/goth rock, se pensiamo al fatto musicale. Quella diffusa, seppur in periodi diversi delle loro carriere, da band come Bauhaus, Siouxsie and the Banshees, Sisters of Mercy e Cure, quest’ultima capace di raggiungere il grande pubblico convergendo verso uno stile più pop. Band longeva anzichenò: è di pochi mesi fa la pubblicazione del suo ultimo album.

Etichettare un genere non è mai facile ma, volendo offrire dei riferimenti, il seme della darkwave fu piantato con il punk e iniziò a germogliare tra le atmosfere più cupe del post-punk dei Joy Division. La band pescavano anche da David Bowie come dal glam rock di Marc Bolan e dall’art rock dei Roxy Music. Non solo: nei loro dischi si colgono influenze del dub giamaicano e ritmiche tribali, così come, a livello di ispirazione, specie per i testi, si possono rintracciare romanticismo decadente, esoterismo, oltre a cinema e letteratura dell’orrore. Fondamentale, poi, era lo stile. Senza voler andare di stereotipi: il nero come colore d’ordinanza, i capelli lunghi sparati in altissimi ciuffi o crestoni, le magliette con stampe preferibilmente autoprodotte e gli anfibi. Aggiungiamo, per chi gradiva, trucco vistoso per lei e per lui.

Un movimento che partendo dalle nebbie d’Inghilterra fece proseliti in tutto il mondo: dalla solatia California (i dischi dei Christian Death sono lì a testimoniarlo) alla Sonnenstube svizzero italiana. Un’epoca, ogni tanto serve ricordarlo, in cui le tendenze non si propagavano attraverso smartphone e social. Eppure le cose accadevano comunque. Nessuna nostalgia, pura constatazione.

Roberto Raineri-Seith, fotografo e autore transmediale di Locarno, fu tra coloro che si avvicinarono alla darkwave agli inizi degli anni Ottanta. «I personaggi erano ragazzotti e ragazzotte local che in qualche modo si ponevano in alternativa alla scena blues, rock e jazz assolutamente dominante» ha raccontato a Manuela Bieri nella serie di Ciclostilabili dedicata al fenomeno, «Noi guardavamo alla scena underground elettronica, industrial, post-punk delle metropoli: Berlino, Londra ma in parte anche Milano». Volevano essere diversi da chi ascoltava Vasco o i cantautori degli anni Settanta, dai «fricchettoni della generazione precedente, che erano ancora legati alla musica dei ‘60 e ’70, che io in quegli anni detestavo ma che ho rivalutato in seguito». Un gruppo di ragazze e ragazzi numericamente esiguo ma molto eterogeneo, in cui «c’erano figli di operai come c’era il figlio di papà: il collante era quello che ascoltavi e più ciò che ascoltavi era storto e sconosciuto e più eri ganzo».

Giovani dark alla ricerca di luoghi dove passare del tempo assieme. Raineri-Seith non ne rievoca di pubblici ma di privati, offerti da «chi aveva la possibilità di mettere a disposizione una cantina, o un locale di qualche tipo, che diventava luogo di incontro». A Locarno, a fare da punto di aggregazione, ci pensò poi un negozio di dischi decisamente intonato: «Il Black Velvet è fondamentale, perché nasce se non ricordo male nel dicembre dell’83. Quel giorno era una brutta giornata invernale e questo negozio non era nemmeno un negozio: era una specie di stanzone al pianterreno. Dalla stradina tu vedevi questo spazio illuminato. Io guardo dentro e vedo appesi alle pareti tutti i dischi che noi eravamo costretti ad andare a prendere a Zurigo».

Coerenti con la loro ubicazione sotterranea, le cantine furono ambiente importante per lo sviluppo di una cultura alternativa nel Locarnese: «La cantina più interessante qui in zona fu quella di casa Bacilieri. Oggi non esiste più ma all’epoca era situata in città vecchia ed era proprio la classica cantina dove tu butti qualsiasi cosa, umida. Quella casa era diventata poi una specie di comune nella quale abitavano e avevano i loro atelier anche diversi artisti della zona». Con gli amici, Raineri-Seith si attivò per trasformare quello spazio in qualcosa d’altro: «iniziammo a svuotare questa cantina, buttando via un po’ tutto quello che c’era dentro, e a organizzarci dei concerti. Mi ricordo che all’epoca suonarono i Dead Relatives [gruppo dark ticinese, ndr] ma soprattutto i Dinosaur jr, che oggi sono un gruppo assolutamente consolidato e che all’epoca erano ancora dei perfetti sconosciuti». Dinosaur jr fra i protagonisti di un altro periodo, quella dell’indie rock USA diventato di massa negli anni Novanta con gruppi come i Nirvana. A Locarno, J Mascis e banda si esibirono davanti a trenta persone stipate in uno spazio ristretto e assordate dal frastuono chitarristico che proveniva dal palco, per la cronaca costruito con armadi rovesciati.

Stagioni in cui arte del fai-da-te, spirito di iniziativa e un certo senso dell’organizzazione permisero alle correnti musicali di nicchia di attecchire nella Svizzera italiana, lontano dai grandi centri del rock di USA e Gran Bretagna. Tornando alla darkwave, la sua storia non è confinata nel passato: ancora oggi ci sono gruppi che mantengono viva la fredda fiamma accesa quaranta e più anni fa a Londra, nella Caverna del pipistrello. A dispetto dei riferimenti oltremondani, una scena decisamente vitale.

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