«Mio padre e mio zio erano musicisti: il primo sassofonista, il secondo trombonista. A casa c’erano molti vinili, e mi ci sono immerso fin da piccolo, soprattutto in quelli jazz. I primi che ho ascoltato erano di Sonny Rollins, e poi ci sono stati quelli di Herbie Hancock, che mi hanno aperto degli orizzonti musicali. Perché quei jazzisti esploravano mondi diversi». Così si è formato Nelson Schaer, batterista e percussionista, titolare de L’Orage. Un imprinting jazz che negli anni ha arricchito aprendosi a vari stili musicali.
“Water Tower”, l’ultimo album del quartetto ginevrino, è stato concepito durante una residenza invernale a Medeglia offerta da Jazz In Bess, tra castagni, muri a secco, pini mossi dal vento, laghi, fiumi e pranzi consumati davanti al fuoco.
Oltre che da Nelson Schaer, alla batteria, L’Orage è composto da Robin Girod alla chitarra, Ganesh Geymeier al sax tenore e Fabien Iannone al basso e contrabbasso.
Come il precedente “Triangle”, con il suo grande pot-pourri stilistico, anche “Water Tower” è una porta d’accesso stimolante per chi il jazz non lo mastica; è l’opera più leggiadra, eterea e (pur sempre) magnetica de L’Orage, la celebrazione matura e organica di otto anni di raffinatezza musicale, servita come l’album fotografico di una famiglia in vacanza a sud delle Alpi.
In questi sette brani un po’ malinconici ci sono i ricordi del sole del Ticino a gennaio. Prima di affrontarle, abbiamo chiesto a Nelson Schaer quando e come ha messo le mani sulla sua prima batteria da bambino: «Ho iniziato piuttosto giovane, verso i dieci anni - ricorda, aggiungendo dettagli sullo strumento su cui ha iniziato - Era bellissima: rossa e scintillante. Aveva un grande tom Ludwig degli anni Sessanta. Era una batteria mal assortita ma con tanto fascino». Da allora ne ha percosse, di pelli.