Musica pop

Lady Gaga, un ponte arcobaleno tra passato e futuro

“Mayhem” ci ricorda che Stefani Germanotta non è solo la regina del pop del ventunesimo secolo, ma l’anello che unisce Michael Jackson e Chappell Roan

  • 29 marzo, 11:02
Lady Gaga
  • Keystone
Di: Michele Serra 

Il pop, si sa, è un’industria. E soprattutto, un’arte collettiva. Qualche giorno fa Snoop Dogg si è lamentato pubblicamente di aver ricevuto solo 45.000 dollari di diritti d’autore per una canzone che aveva totalizzato un miliardo di stream: sembra poco, ma molti hanno fatto in fretta a notare che quella canzone – Young, Wild & Free – aveva altri dodici autori, compresi Wiz Khalifa e Bruno Mars, che la cantano con lui. La regola, ad alti livelli, è quella delle canzoni composte a venti mani (non c’è niente di male, a parte quando poi la musica fa schifo). Poi ci sono le eccezioni.

Lady Gaga ha sempre scritto le sue canzoni – e anche composto per altri, da Jennifer Lopez a Michael Bolton (!) – ma fa comunque impressione vedere tra i crediti delle canzoni del nuovo album Mayhem solo due nomi oltre al suo, quelli dei produttori Andrew Watt e Cirkut. Tre, quando si aggiunge quello del fidanzato (futuro marito, pare) Michael Polanski: fa l’imprenditore e ha studiato informatica, ma lei dice che l’ha aiutata a scrivere più della metà delle canzoni contenute nel disco, quindi era giusto accreditarlo. Dal punto di vista dei diritti d’autore, come regalo di nozze anticipato è certamente meglio di qualsiasi anello. 

Dunque, ecco qua Mayhem: diretto al pubblico globale, eppure un prodotto in qualche modo di famiglia. E forse proprio da questa armonia familiare è nato un album compatto e ispirato, uno dei migliori della carriera della ragazza newyorchese nata Stefani Germanotta a metà Ottanta, diventata fenomeno a vent’anni, e oggi una delle ultime vere star rimaste nel mondo dello spettacolo americano, di quelle capaci di vendere dischi (nella prima settimana, Mayhem ha piazzato più copie di quante ne abbiano vendute gli altri album della top ten messi insieme) e contemporaneamente vincere Oscar, mentre regalano alle riviste, ormai inevitabilmente moribonde, tutte quante, gli ultimi shot di adrenalina, sotto forma di copertine storiche

Mayhem è il settimo album in studio di Lady Gaga. Dal 2018, l’anno della svolta hollywoodiana della sua carriera con A Star Is Born, ne ha pubblicato solo uno vero e proprio, Chromatica, nel 2020. Per il resto, ha messo a segno una residency lunga sei anni (pausa Covid compresa), 72 serate e 110 (!) milioni di dollari di incasso a Las Vegas, all’Hotel Park MGM; è stata uno dei pochi motivi validi per vedere House of Gucci di Ridley Scott e Joker: Folie à Deux di Todd Phillips, in occasione del quale ha in effetti pubblicato quello che sembrava un album, Harlequin, ma che poi a ben guardare era composto per la maggior parte di cover. Non so dire se la sua carriera avesse bisogno di un rilancio (domanda retorica: ovvio che la risposta è no), ma se così fosse stato, Mayhem è il trampolino giusto.

Come ha scritto Pitchfork, «[Lady Gaga] da un lato suona il pianoforte […] e scrive testi spesso autobiografici. Dall’altro, è affascinata dall’artificio, mette grande enfasi sulla componente visiva della sua immagine, ama i sintetizzatori e il digitale, ed è laureata all’accademia della fama». Già: Mayhem rappresenta l’essenza di questa donna che si è costruita intorno un personaggio cosmico, partendo dal titolo di una celeberrima canzone dei Queen e mettendo a frutto la lezione loro, di David Bowie, di Marc Bolan, di Madonna (qualcuno dice che, quest’ultima, l’abbia proprio sostituita, ma sostenerlo sarebbe riduttivo per entrambe). Qui, Gaga tenta in qualche modo di recuperarlo, quel personaggio, di trasformarsi di nuovo in quella icona della musica e della moda stratosferica costruita per diventare musa di designer come Alexander McQueen o Thierry Mugler (oggi entrambi passati a miglior vita, peraltro). La novità, però, è che la sua versione “cosmica” non è da sola, ma sembra aver trovato un punto di equilibrio con la Gaga “autentica” (si potesse mettere più di un solo paio di virgolette intorno a questa parola, lo farei), senza trucco, umana, Germanotta. Il risultato sono testi che non hanno paura di diventare introspettivi («You love to hate me / I’m the perfect celebrity» in Perfect Celebrity, non a caso ispirata ai Cure) o di raccontare storie personali (Blade of Grass è evidentemente un’ode all’amore con Polanski), ma neppure di suonare plasticosi come pop comanda («I could be your girlfriend for the weekend / You could be my boyfriend for the night […] Take you to the gardеn of Eden / Poison apple, take a bite» in Garden of Eden). Ogni canzone cammina sul filo sottile che separa tragico e ridicolo, reale e costruzione fantastica, in un equilibrio perfetto che pochi riescono a raggiungere, e ancora meno a mantenere.

Ma è l’aspetto musicale, a eternare Mayhem come l’album in cui Lady Gaga è riuscita a gettare un magico ponte arcobaleno tra le star del pop del passato e quelle del futuro, rimettendosi al centro del discorso pop americano. Ascoltando queste 14 canzoni, infatti, oltre ai già citati Bowie e Madonna, è impossibile non pensare istintivamente a Prince e a Michael Jackson, ma pure – fatte le debite proporzioni – al funk afro-futurista di George Clinton, alla disco-punk di Debbie Harry, perfino alla rabbia grunge di Courtney Love. Lady Gaga ha studiato questi artisti, li ha assimilati e poi risputati fuori in nuove forme. Al centro di questa ricerca c’è sempre l’idea di a-normalità: la sessualizzazione tipica di ogni star che diventa in qualche modo perversa, la weirdness fantastica come motore di cambiamento sociale (anche reale, perché no?).

Oggi possiamo dire che i fenomeni del pop di questi anni, da Chappell Roan a Billie Eilish, da Charli XCX a The Weeknd, siano tutti in qualche modo figli di Gaga, e che rappresentino la parte più rivoluzionaria dello spettro del pop, contrapposta a quella dei re e delle regine della normalità, a partire naturalmente da Taylor Swift. Gaga si cala perfettamente nella parte di fonte ispiratrice di questi artisti, e rende omaggio a sua volta ai giganti sulle cui spalle si è appoggiata. Fa, in fondo, quello che ha sempre fatto, e che l’ha resa famosa in scala oltreumana. Ma con una nuova consapevolezza, capace di fare tutta la differenza del mondo. 

I ragazzi degli anni Venti, che sui temi dell’autentico e del falso hanno costruito un’intera cultura, sembrano pronti per farsi conquistare dalla donna che ha dominato il decennio precedente, e che sembra avere ritrovato ispirazione ed energia. Sarà l’amore, dirà qualcuno. Possibile, certo. Ma è altrettanto possibile che sia, semplicemente, Gaga.

Questa settimana sono state annunciate le date del Mayhem Ball Tour, che toccherà Milano il 19 e 20 ottobre. (Red.)

06:00

Le merendine (Rete Tre) - Mayhem, l’ultimo disco di Lady Gaga

RSI Cultura 26.03.2025, 14:00

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  • Le merendine, Rete Tre

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