Con i Moonpools ci facciamo un giro nel mondo dei sogni. E non perché la loro musica sia soporifera – cos’avete capito? Facezie a parte, la loro proposta si inscrive in modo devoto nei filoni dream pop e shoegaze, fonti d’ispirazione dichiarate del quintetto basilese.
Breve “spieghìno” dei generi citati. Mentre il dream pop si sviluppa su melodie eteree, su atmosfere per l’appunto oniriche, lo shoegaze ne ispessisce il suono attraverso strati di chitarre distorte. Nati fra gli Ottanta e i Novanta, si sono diffusi dal contesto anglosassone fino a guadagnare un seguito in tutto il mondo. Fan appassionati che non fanno distinzioni troppo sottili fra gruppi storici e non, che per stufarli con dischi (magari un filo) derivativi ce ne vuole. Nomi di culto della scena: Cocteau Twins, My Bloody Valentine, Slowdive, Ride.
In “Say Anything” i Moonpools dispongono tutti gli elementi al posto giusto. La voce di Marcie Nyffeler mantiene il giusto equilibrio distanza/coinvolgimento, vengono stese generose mani di chitarre e sintetizzatori, la ritmica detta il passo sullo sfondo, marcante ma non “pestona”.
La canzone fa parte di “Hide and Seek”, terzo EP in cinque anni. Una manciata di canzoni su ciò che “nascondi di te, ciò che vuoi mostrare e il desiderio o la ricerca di qualche cosa” le ha definite Nyffeler. L’escapismo nei testi e l’esplorazione, specie delle pieghe sonore, sono tratti tipici di questi sogni in musica.
Come scrupolosi artigiani, i Moonpools creano per le nostre orecchie vaporose nuvolette dense di elettricità.