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Mortòri: d’amore e di morte; di bianco, di rosso e di nero

Domani, San Valentino, uscirà “A mort l’amur”, l’EP del nuovo progetto in cui Aris Bassetti (Peter Kernel) canta in dialetto

  • Oggi, 12:06
Mortòri1 © Veronica Colonnello.jpg
  • Veronica Colonnello
Di: Vasco Viviani 

Eros e Thanatos, amore e morte, innocenza e maturità, comprensione. Tante informazioni, tanti spunti porta seco questo strano personaggio, Mortòri (e il suo scheletro Mortisim).

San Valentino si sta avvicinando, così come la famigerata festa dei single. In programma rispettivamente i prossimi 14 e 15 febbraio e, da programma, avremo un’esibizione allo Studio Foce di Lugano e un nuovo EP. Ma Mortòri, che intenzioni avrà?

Non temete, qualcuno ci ha riferito di averlo visto preparare un bel pacchetto sorpresa. Niente rose, né bigliettini o cioccolatini ma quattro bonbon da sorbire lentamente e dei quali ricordarsi il gusto. Quattro pillole dolci e amare, dove i bassi e i fiati si sposano con il dialetto della ferrovia, dove le immagini possono essere trasognate e toccanti, così come disseccate e rassegnate.

Già, ché il cuore è un muscolo che pompa sangue e irrora il corpo, ma se è il cuore a comandare l’amore come possono comprenderlo Mortòri e Mortisim? Lo deridono, lo scherniscono, anche se in fondo vorrebbero sguazzarci. Del resto questa è musica ma, sui tentativi d’amore fra i morti, letteratura e cinema hanno già detto molto: pensiamo all’erotismo di Bruce la Bruce e all’orgoglio e pregiudizio di Seth Grahame Smith. Mortòri fa quel che può, si arrabatta con La Gata, fra l’Africa dei ritmi e delle percussioni, l’amour a Varés ed il GDC di Gió da cò.

A mort l’amour. 4 brani come 4 semi, come 4 lampi che illuminano un territorio, quello del Canton Ticino, collegandosi con un mondo etereo ed ampio. Un piccolo breviario di latino gotico, uno sberleffo ai diari d’amore, una disillusione che potrebbe essere capita e guarita se solo ce ne fosse la possibilità.

Ma si parla d’amore, sentimento bizzoso e imprevedibile, se ce n’è uno. Una tromba che parte a tradimento come al dia de los muertos messicano e non può non ricordare Paolo Mauri, anche se qui la croce ha le luci al neon e le linguacce. Maracas e percussioni, una danza che sembra un esorcismo per farci subito confondere e perdere il senso della misura e dell’orientamento. Bordel l’è un bel Bordel e forse, come canta Mortòri, lasciarsi andare è l’unica via. Poi La Gata, fusa lente ed assopite, una figura femminile che ci studia e che non siamo in grado di decifrare, nonostante il darsi di gomito e l’apparire sicuri. Sembrerebbe il classico triangolo, «Sun chi par lé e lé l’è chi per tì». Ma c’è molto di più, c’è un atterrirsi che è una precisa scelta di direzione (artistica e di intento) per Mortòri. Mortificarsi, andare sotto, scomparire e nascondersi, quasi aspettando il momento opportuno per colpire. Quando poi Mortòri inizia a danzare non è intrattenimento ma rituale, trascendenza che lo porta a evolvere e ad avvicinare i mondi, fra i battiti di un cuore percosso, fino alla Varese che sembra una Shangri-La misteriosa, fuori da quella linea diretta che la ferrovia indicò e che il dialetto confermò, l’importante è essere di rientro per le 18:00, evitando il traffico. A mort l’amour è un biglietto scritto con foga, calligrafia incerta e onestà, un nuovo passo di ballo fra la morte e la vita, letteralmente colante d’amore e d’umori. Ma è un essere entusiasta nel suo disfacimento, un essere che se è immaturo per capire fino in fondo amore e morte, non lo è per gettarsi “gió da cò” come uno scavezzacollo che sembra uscito dalla Via Pal, con le gote rubizze per un sentimento che non comprende e che non vive ma che lo attraversa.

Chissà che succederà sul palco luganese nella notte del 15 febbraio. Chi sopravvivrà al San Valentino martire, chi riuscirà a lenire le ferite dei cuori sbattuti e maltrattati, chi asciugherà le lacrime dagli occhi dei piangenti? Non lo sappiamo, ma siamo certi che la musica potrà essere unguento come da storia passata, unguento e forza catartica che riuscirà forse a sovvertire le energie e a portare i singoli in coppia, le coppie in singoli, intrecciati l’un l’altro come in giovane speranza ed esperienza. Uno spettacolo che di sicuro meriterà di essere visto e ascoltato con attenzione, giacché il sottoscritto è rimasto alla testimonianza che di esso fece un amico e musicista fidato: «Show davvero pazzesco. Un progetto fighissimo. Una sorta di Johnny Cash virato Piero Ciampi nella provincia bellinzonese».

Una sorta di tumulto che porterà forse Mortòri in una specie d’educazione sentimentale, a compimento alla fine di quest’anno? Già sappiamo infatti che dopo questo A mort l’amur ci sarà da passare l’estate, stagione di flirt che spesso con l’amore e la morte hanno poco a che fare, riducendosi a sfizio e languore. Poi ci sarà Che som mort d’amur, un nuovo piccolo disco, prima di giungere a compimento alla fine dell’anno con il primo album a suo nome. Dieci mesi, poco più di una gravidanza umana, oppure il lungo trascinarsi di una vita al termine. Eros e Thanatos, amore e morte, per chi ne capisce: beat e stasi per chi ne legge i segnali corporali, per una musica che è crudelmente onesta, della quale ci si potrebbe facilmente innamorare o semplicemente morirci dietro.

Intanto teniamo insieme questo zombi fatto di ritmi poliedrici, Ticino e Africa, cantautorato e canzone dialettale, visione ombelicale e universale. Ma soprattutto ammettiamo noi, una volta per tutte, di non capire nulla dell’amore.

Tanto che per cercare spunti ci fidiamo e ci affidiamo all’ascolto di Mortòri, che forse ne sa meno di noi ma si lancia con l’entusiasmo di un ragazzino senza nulla da perdere, senza lucidità e senza filtro incontro al miracolo o al disastro.

Lanciarsi. Verso il partner, verso il baratro, verso l’ignoto. Sperando che in fondo, all’impatto, si trovi lui. L’AMUR.

OH SIGNUR!

30:11

Oltre

Tra le righe 06.02.2025, 15:00

  • © Keystone / Ti-Press
  • Natascia Bandecchi e Isabella Visetti

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