Spotify ha confermato ciò che da un po’ chi segue le tendenze musicali ha potuto osservare: il rap è dappertutto e pervade le classifiche. Fra i primi dieci artisti più streammati negli Stati Uniti, sei sono rapper o appartengono comunque al contesto hip hop. A partire da Drake, secondo posto per lui dopo Taylor Swift, per arrivare a Kanye West, Kendrick Lamar e al trapper Travis Scott. Drake e Kendrick Lamar che in questo periodo sono impegnati in un dissing, una querelle a distanza. Qui la risposta del primo alle invettive del secondo:
Il rap oggi domina la scena e lo fa con la sua musica, i suoi testi, ma anche con il suo carico di contraddizioni, polemiche e scandali. Alla categoria delle polemiche appartiene la rissa verbale fra Kendrick Lamar e Drake, a quella degli scandali, senza dubbio, ciò che è emerso dal caso P. Diddy.
Anche in Italia è il rap a farla da padrone. I nomi sono quelli di Geolier, Sfera Ebbasta e di Anna, unica donna fra gli artisti più ascoltati.
Il rap è dappertutto, il rap sta vincendo, nonostante figure come Taylor Swift fungano per certi versi da “argine pop” allo strapotere hip hop. Un cammino verso le vette durato mezzo secolo, che ha visto il genere svilupparsi, articolarsi in più stili, il tutto partendo come espressione della cultura afroamericana, quindi di una cultura minoritaria.
Intervenuta nel dibattito che Alphaville ha organizzato sul tema, la giornalista e scrittrice Marta Blumi Tripodi descrive la traiettoria del rap e le ragioni del suo successo: “Credo che le motivazioni siano molteplici. Una è senz’altro il fatto che è un genere sì nato come espressione di una cultura minoritaria, ma ha saputo adattarsi a ogni paese in cui approdava, e veniva in un certo senso ereditato da quelle che erano le culture minoritarie, magari non necessariamente in senso etnico”. Il rap come voce per gli incompresi e gli ultimi. Oltretutto adattabile a tutte le lingue, come sappiamo bene in Svizzera, dove è declinato in tutti gli idiomi nazionali.
Il rap, prosegue Blumi Tripodi, ha saputo cogliere l’urgenza espressiva di chi non aveva una tribuna da cui prendere parola: “Dagli anni Ottanta in giù, quando è arrivato il rap sul mercato discografico, la musica stava diventando veramente iperprodotta, una sorta di impresa commerciale. Di conseguenza non dava più grande spazio alle istanze e ai sentimenti degli artisti”. Il rap ha cambiato le cose perché si è affermato come musica sincera, fatta da persone e non da personaggi creati a tavolino secondo gli schemi dell’industria.
“La forza sta sempre in questo linguaggio diretto, della quotidianità. Ne utilizza il linguaggio, lo slang, il modo di fare, l’immediatezza”. Sottolinea Paola Zukar, conosciuta anche come “la signora del rap italiano”, fondatrice di Big Picture, agenzia dedicata solo a musicisti hip hop (tra cui spiccano Marracash e Fabri Fibra). Immediatezza che è anche produttiva. “Puoi registrare la tua proposta e pubblicarla nell’arco di poche ore”. Una facilità di pubblicazione frutto della tecnologia: “Già era così negli anni Ottanta. Se pensiamo ai primi lavori di Grandmaster Flash, dei pionieri che non avevano la possibilità di entrare in studi di registrazione con band, turnisti, session man… Cosa facevano? La prendevano [la musica] dai dischi già pubblicati”. È la pratica del campionamento, ritagliare elementi da altre canzoni per creare le proprie.
Sulla mappa - 30 anni di RAP in Ticino
RSI Cultura 20.09.2024, 00:10
Il rap è un modo di esprimersi che travalica anche la lingua in cui viene cantato. Ne è un esempio Geolier, che è napoletano e usa il suo dialetto nei pezzi, ma riesce ad arrivare al pubblico di tutta Italia. Per Paola Zukar è una questione di vicinanza “E il fatto che queste persone scrivono di temi popolari. Essere popolari nella doppia accezione del termine è la chiave di tutto”. Senza dimenticare i produttori, i compositori delle basi musicali su cui si appoggiano le rime. “Il rap non si rivolge più alle fasce più giovani di ascoltatori, ma a un pubblico adulto e maturo” rileva Zukar. Ai concerti rap vede partecipare due-tre generazioni di ascoltatori “Che prendono dai testi e dalla musica anche qualcosa di più dell’intrattenimento”. Perché nell’hip hop pure le canzoni d’amore sono crude e non sognanti: mostrano il lato meno idilliaco dell’amore, ponendosi in antitesi rispetto alla tradizione canora italiana.
A livello visivo, l’immaginario veicolato dall’hip hop si concretizza nell’estetica gangsta, che fa della strada il terreno di coltura. “La strada è la metafora di un vissuto; non sempre è quello della persona che è al microfono – fa notare Marta Blumi Tripodi – Magari può essere ciò che ha visto in giro vivendo in una grande città o il racconto di ciò che legge sui giornali”. Secondo lei quella raccontata nei pezzi rap “È semplicemente una rappresentazione di ciò che è la violenza nella nostra società”. Perché non tutti i rapper hanno avuto esperienze con la violenza, e quelli che ci hanno a che fare “Non sono felici di avere questi problemi”. Secondo Blumi Tripodi occorre demistificare l’aura di fascino che ha la violenza nel rap, anche se spesso e volentieri fa comodo ai media lasciare un alone di mistero attorno al personaggio, senza permettere al pubblico di distinguere ciò che è vero da ciò che è costruito.
Violenza che è anche verbale, quando le rime si assemblano in testi espliciti. Un tema a cui prestare attenzione considerando l’esposizione che i giovanissimi possono avere nei confronti del rap. “Oggi causa penetrazione dei social media verso i ragazzi più giovani, addirittura bambini, questa cosa è preoccupante” commenta Paola Zukar. “Quando noi siamo entrati in contatto con il rap i testi espliciti e crudi erano già parte della cultura hip hop, ma eravamo più grandi. Andavamo a scegliere noi i dischi”. Zukar distingue fra chi a diciassette-diciotto anni tramite le liriche del rap può approcciare argomenti che la scuola, per esempio, non affronta – quelli connessi alla violenza, alla criminalità, alle droghe – e chi con le “barre” recapitate col microfono entra in contatto tra gli undici e i tredici anni, magari nella solitudine della propria cameretta. In quest’ultimo caso, avere una persona più grande con cui interpretare i testi può essere d’aiuto, consiglia Zukar.
Il Rap
Alphaville 12.12.2024, 12:35
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