Un cofanetto per celebrare lo sfascio dei Sex Pistols. In fin dei conti suona molto punk. Il disastro in questione, immortalato su tre dischi dal vivo, è la tournée negli Stati Uniti che Johnny Rotten e banda affrontano nel 1978. Un tour ritardato dalle resistenze dell’ambasciata statunitense a Londra, che non vuole concedere i visti e costringe l’entourage della band a riprogrammare il tutto, spedendo quei ragazzacci in pasto ai redneck del profondo sud degli USA invece che fra le braccia più benevole del pubblico liberal del nord. Sette date all’inizio del mese di gennaio che portano i Pistols a esibirsi in locali bazzicati da cowboy e ostilità ad Atlanta, San Antonio, Baton Rouge, Dallas e Tulsa, con gustosa tappa a Memphis – dove sorge Graceland, la reggia del Re del rock’n’roll Elvis Presley – e chiusura a San Francisco, la culla del movimento hippie – e all’epoca fra punk e figli dei fiori non correva buon sangue.
Dopo aver dato scandalo e subìto una serie di aggressioni in patria, i Pistols vengono scagliati dall’altra parte dell’Atlantico dal loro manager/manovratore Malcolm McLaren, il quale, non senza senso dello spettacolo e una punta di sadismo, se li immagina alle prese con un pubblico tutt’altro che disposto ad accoglierli come beniamini.
Come arriva il gruppo a quegli appuntamenti? «Diciamo che i Pistols in quella fase sono già un gruppo defunto, morto e sepolto nella loro patria, dove il punk è morto da un pezzo, perché quando si parla del punk si parla del ‘77» ha ricostruito ad Alphaville il giornalista di Rumore Luca Frazzi, «Il punk, quello che doveva distruggere, l’aveva distrutto nell’anno precedente, tra il ‘76 e l’inizio del ‘77». Per i punk sparsi in giro per il mondo, a cui le notizie arrivano più lentamente, la furia iconoclasta dei Sex Pistols è però ancora viva e vegeta.
Dunque la band in quel momento è prossima alla conclusione della sua fulminea parabola e i dissidi interni saranno una delle ragioni del disastro a stelle e strisce. Un quartetto intossicato – il bassista Sid Vicious guida il gruppo per distacco – che però sul palco riesce a dare esattamente ciò che ci si poteva aspettare, fra sputi, scambi di insulti, incidenti vari e gli sfottò di un Rotten sempre pronto a usare il suo umorismo tagliente per provocare: «Non siamo qui per farvi divertire, siete voi che dovete far divertire noi» dice ai convenuti di Memphis «Ehi voi, fottuti redneck, siete venuti al circo?» e «Non avete la sensazione di essere stati inbrogliati?» chiede, rispettivamente, a quelli di Tulsa e San Francisco. Anche se, guardando i video dell’epoca, si vede pure gente “presa bene”, per dirla in gergo.
Uno scempio musicale che, a voler ben vedere, si inserisce perfettamente nel programma di demolizione del vecchio rock’n’roll ’60-’70 portato avanti, ancorché in modo non perfettamente consapevole, dai Sex Pistols. Per Frazzi «andare negli Stati Uniti è stato un gesto molto forte, molto dirompente, con risultati tecnicamente disastrosi ma sul piano della comunicazione fortissimi, molto impattanti. Significava andare in casa del nemico a fare danni. Ed è esattamente quello che hanno fatto».
L’epilogo dei Sex Pistols si consuma di lì a pochissimo. Subito dopo il tour, uno svuotato Johnny Rotten se ne va in Giamaica a selezionare artisti reggae per la Virgin Records. Ripresosi il suo vero nome di John Lydon, quello stesso anno forma la band dei Public Image Limited, influente formazione post-punk. È con i PiL che canterà il singolo-manifesto Public Image, rivendicazione della propria immagine in cui non è difficile individuare come destinatario McLaren. Sid Vicious segue la fidanzata tossica americana Nancy Spungen in una storia finita malissimo. Steve Jones e Paul Cook, gli altri due della band, partono per il Brasile dove assoldano come cantante Ronnie Biggs, fra gli autori della Grande rapina al treno del 1963. Con lui registrano un pezzo, No One Is Innocent. Una mossa criticata aspramente da Lydon proprio per il passato criminale di Biggs, reo di aver tramortito un macchinista provocandogli gravi danni cerebrali e sottratto il denaro alla classe operaia, dato che il treno trasportava buste paga.
I tre dischi del cofanetto Sex Pistols – Live in the USA 1978 raccolgono le registrazioni dei concerti di Atlanta, Dallas e San Francisco. I pezzi più famosi, a partire da God Save the Queen e Anarchy in the UK, naturalmente, ci sono ed è presente la cover di No Fun degli Stooges di Iggy Pop («Questa canzone è di un vecchio hippie» così la presenta Rotten). Il documento di una band prossima al collasso ma dall’innato spirito incendiario.
Sex Pistols on tour
Alphaville 07.03.2025, 11:30
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