La parola “genocidio” evoca i più terribili massacri della Storia: l’Olocausto, quello avvenuto in Armenia, quello in Ruanda...
Oggi, lo sterminio di un numero illimitato di persone, soprattutto civili, a Gaza, dovuto agli attacchi dell’Armata d’Israele, rievoca da tempo il più terribile crimine contro l’umanità, interrogandoci. D’altra parte, le ondate di antisemitismo che attraversano il mondo, e il passato dell’Olocausto (che per tutti noi rappresenta il paradigma del genocidio) pesano molto sul presente, portando — forse e talvolta — anche a delle forme di autocensura: si può o non si può parlare di “genocidio” in merito a ciò che sta succedendo nella Striscia di Gaza? Il dibattito si protrae da tempo, e di recente è stato ulteriormente alimentato dall’uscita dell’ultimo libro di Papa Francesco, nel quale il Pontefice invita a indagare se quello in atto a Gaza sia giuridicamente o meno un genocidio. A ciò sono seguite le repliche del governo israeliano e di alcune realtà della comunità ebraica nel mondo.
Di fronte all’invito del papa ad indagare, abbiamo raccolto le opinioni di due importanti intellettuali.
Innanzitutto l’opinione di Stefano Levi Della Torre, saggista, scrittore, fra le sue tante ricordiamo “Essere fuori luogo. Il dilemma ebraico tra diaspora e ritorno”, uscito nel 95 per Donzelli e “Laicità grazie a Dio”, apparso per Einaudi nel 2012:
Io penso che il Papa abbia ragione sul fatto che è il caso di indagare (...) io però lascerei ad altri organi, ad altre entità, la definizione giuridica se si tratta di genocidio o meno. L’importante però è enumerare i fatti e prenderne atto: ovvero che sono in atto un bombardamento sistematico, la riduzione alla carestia di un intero popolo, l’Intenzione di dare (da parte di questo governo di Israele) una soluzione finale alla questione palestinese. (Stefano Levi Della Torre)
Gigi Riva, giornalista, scrittore, per tanti anni caporedattore centrale all’Espresso e a lungo anche inviato speciale nella ex Jugoslavia e in Medio Oriente ci invita a riflettere su come il termine di “effetti collaterali” si sia ampliato in modo esorbitante nel corso di questo conflitto sollevando giustamente l’ipotesi di reato di guerra e di crimine contro l’umanità:
È evidente che davanti al numero così esorbitante di popolazione civile che è morta, un invito ad indagare sul fatto se ci troviamo di fronte a un caso di genocidio mi sembra non solo pertinente ma persino dovuto. Il problema è che io credo che noi ci affezioniamo anche troppo alle parole: perché che sia genocidio, che sia un crimine di guerra o che sia un crimine contro l’umanità, il problema vero è che quello che è in atto a Gaza in questo momento è il tentativo di sterminare un popolo. Io vorrei inoltre farvi riflettere su una semplice questione. Noi vent’anni fa eravamo scandalizzati quando ci dicevano che qualche bomba americana sull’Iraq aveva compiuto dei danni collaterali. Israele oggi si difende da certe accuse dicendo che sono morte 80 persone ma c’erano due terroristi palestinesi con loro. Allora mi pare evidente che il concetto di danno collaterale qui lo abbiamo assolutamente ampliato e che queste parole stesse ci segnalano il fatto che al minimo Israele ha commesso dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità. Perché altrimenti dovremmo postulare il fatto che tutta la popolazione di Gaza sia considerata terroristica, cosa che credo che sia inaccettabile. (Gigi Riva)
Storia culturale della parola “genocidio”
Alphaville 25.11.2024, 12:35
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