Dal 4 ottobre 2024 è ripartita una nuova stagione di Cliché. Nuovo studio, nuovo giorno di messa in onda, nuovi cliché da indagare per un nuovo ciclo di sei puntate del magazine culturale di LA 1. Giunto alla sesta edizione, il format creato da Lorenzo Buccella si è rinnovato completamente e si è spostato a venerdì, dopo Patti Chiari. Accompagnano il percorso di ogni puntata le recensioni letterarie dello scrittore Tommaso Soldini (che qui firma un pezzo presentando la sesta puntata dedicata alla magia), gli interventi musicali di Camilla Sparkss e, tra le novità di questa stagione, le opere di video-arte realizzate con i materiali originali degli archivi storici RSI dall’artista Sir Taki. Buona lettura.
La magia è lo straordinario che si fa possibile. È forse per questo che siamo soliti usare lo stesso aggettivo per qualificare un tramonto vissuto con la persona che amiamo, un libro che ci ammalia, un’operazione economica andata bene e un lupo che all’alba si trasforma nel nostro direttore.
È evidente, allora, che non tutte le magie sono uguali. Perché se un tramonto è un fenomeno naturale sottomesso a leggi conoscibili, l’amore un fatto chimico e psichico, il romanzo un prodotto confezionato seguendo regole narratologiche impartibili in una qualsiasi scuola Holden, la speculazione economica, almeno a posteriori, il riflesso logico di un andamento di mercato, il problema del direttore resta.
E allora la magia, quella vera, quella che non si può spiegare, è assente solo nell’ultimo caso. Proviamo a guardare le cose per davvero, con l’occhio clinico, rinforzato dall’acido della ragione. Tutti abbiamo già guardato un sole che scompare nel mare. Lo straordinario non sta nel tramonto, si nasconde semmai nella presenza, tra le nostre braccia, di una persona che vede in noi qualcuno di speciale. Magia. Il sole aranciastro sembra allora essere stato messo lì apposta, da un essere supremo che per una volta si è accorto di noi, e ci sta dicendo che quella persona deve restare per sempre nella nostra memoria.
Lo stesso capita con un libro. Le parole sono quelle, possono essere più o meno ricercate, ma solo quando si accostano in quel modo preciso possono produrre un’evocazione che va al di là del senso compiuto e comune: elefante e cristalleria, ghibellin fuggiasco, silenzio assordante.
Persino i cliché che ci vogliono soldi per fare soldi non è del tutto vero, e infatti anche in quel mondo c’è chi ha il tocco magico e chi, invece, studia e s’ingegna, ma non farà mai più di quello che il mercato gli concede.
Invece, quando si parla del direttore, ecco che la magia scompare. È risaputo che un tempo eravamo tutti lupi, felici di vagare di tana in tana e di suonare il jazz nelle notti in cui tutto era possibile. Poi qualcuno ha cintato il primo terreno e ha detto questo è mio, trasformando gli altri in esseri deboli e nudi e privi di canini da competizione. Ed è per questo, per conformismo, che il direttore assume le sembianze di un essere umano, almeno durante il giorno. Per farci credere che, in fondo, siamo identici, egualmente inermi di fronte al mistero. Ma in realtà, di notte, quando il tramonto ha fatto il suo corso, i direttori sono lupi soli, e piangono alla luna.