Società

Quando l’informazione si fa controinformazione underground

Popular Front è una delle più importanti piattaforme digitali di informazione indipendente che operano sul web con l’obiettivo di rivelare ciò che i media ufficiali non raccontano

  • Oggi, 15:04
Cattura.PNG
Di: Romano Giuffrida 

«Chi è così fortunato da vivere al caldo e al sicuro deve quantomeno rendersi conto di cosa c’è fuori... Penso che il giornalismo tradizionale cerchi troppo spesso di compiacere altri giornalisti. Troppe volte si cerca di fare reportage che facciano guadagnare pacche sulle spalle in redazione e compiacimento dal settore, ma non è questo che dovremmo fare». A parlare così durante un’intervista rilasciata nell’agosto dello scorso anno al sito di informazione Scomodo.org è Jake Hanrahan, giornalista e documentarista inglese fondatore del collettivo di giornalisti indipendenti Popular Front.

Hanrahan, classe 1990, non ha frequentato scuole di giornalismo, ma già poco più che ventenne si convinse che il giornalismo rimanesse l’unico strumento ancora in grado di mostrare quella realtà che, come sostiene Noam Chomsky (1928 - linguista, filosofo e attivista statunitense, da decenni impegnato nell’analisi del ruolo dei media nella società), verrebbe nascosta dai media, tutti impegnati a «deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti», con l’obiettivo di «mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità».

Cattura.PNG

Jake Hanrahan

Jake Hanrahan, quasi a voler far proprie le parole di Guy Debord nei suoi Commentari sulla società dello spettacolo (1988): «Lo spettacolo organizza magistralmente l’ignoranza di ciò che succede e, subito dopo, l’oblio di ciò che siamo riusciti ugualmente a sapere. La cosa più importante è la più nascosta», sin dall’inizio della sua attività di giornalista freelance cominciò a occuparsi di conflitti, politica e criminalità organizzata proprio per cercare di mostrare le facce occultate dall’informazione ufficiale.

Hanrahan ha dichiarato in una recente intervista: «Non mi piace il buon senso canonico del dover stare attenti, fare quello che ti viene detto» (Rivista Studio, inverno 2024), e infatti, che si trattasse di seguire guerre in luoghi come Siria, Iraq, Ucraina, Kurdistan e Palestina o di intervistare militanti di gruppi clandestini neonazisti, di andare alle origini della teoria della cospirazione politica QAnon, di incontrare chi “inventò” e diffuse via web la possibilità di realizzare armi da fuoco con la stampante in 3D, di verificare le pratiche di sfruttamento denunciate dai lavoratori di Amazon, di conoscere le modalità dello spaccio internazionale di droga per mezzo del cosiddetto Deep web, si è messo in gioco “sul campo” rischiando in prima persona.

Rischiando, come quella volta che, seguendo nel sud-est della Turchia un reparto del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), venne arrestato con i suoi colleghi Philip Pendlebury e Mohammed Rasool e trascorse due settimane in prigioni di massima sicurezza turche prima di essere rimpatriato nel Regno Unito. I suoi lavori sono stati pubblicati su The Guardian, Esquire, Rolling Stone, Vice e Wired e molti suoi filmati, visualizzati da diversi milioni di persone, si trovano su YouTube. Nel 2018, però, consapevole del rischio della censura sempre in agguato sia sulla stampa che sui social, Hanrahan ha fondato la piattaforma indipendente Popular Front dove trovano posto documentari, podcast e una rivista, uno spazio in rete nel quale, con un approccio spesso crudo e duro, vengono documentati «gli alti e bassi di un mondo in fiamme».

Cattura.PNG

Popular Front non ha pubblicità e si finanzia con la piattaforma Patreon grazie a chi crede nel lavoro svolto dal collettivo, con l’omonima rivista cartacea e un piccolo merchandising di T-shirt a tema

In una realtà informativa internazionale nella quale le circa tre-quattromila notizie che quotidianamente giungono nelle redazioni degli organi di informazione mondiali provengono essenzialmente da tre sole agenzie internazionali di stampa (l’Associated Press, la Reuters e l’Agence France Presse, le prime due controllate da finanziarie quotate a Wall Street, mentre la terza è sostenuta direttamente dallo stato francese), non è difficile intuire gli strettissimi intrecci e interessi che legano il mondo finanziario, quello politico e quello dell’informazione.

Conseguentemente, è facile capire come questa realtà possa influire sulla narrazione pubblica per ottenere consenso e, parallelamente, modificare o ignorare quelle informazioni considerate pericolose per il funzionamento della macchina-sistema. Sapendo che i grandi gruppi finanziari controllano anche la quasi totalità delle principali aziende tecnologiche che ruotano attorno a Internet, sorgono spontanee le domande: qual è la realtà di cui veniamo a conoscenza con i media? E poi: è realtà o una sua mistificazione? È proprio per cercare di rispondere a questi interrogativi che negli anni si è diffusa soprattutto nel web l’informazione indipendente o, per meglio dire, una controinformazione che cerca di contrastare la narrazione mainstream.

Tra queste, Popular Front di Jake Hanrahan ha via via assunto un peso sempre più significativo e ciò anche grazie al fatto che un suo punto di forza è stato sin da subito quel giornalismo partecipativo che fa sì che, in tutto il mondo, chiunque ritenga di poter raccontare eventi ignorati dai media o di poter offrire di questi, letture differenti da quelle presentate dall’informazione ufficiale, con il semplice uso di uno smartphone può contribuire con audio o con immagini alla diffusione di “notizie altre” sulla piattaforma.

Hanrahan ha così vinto premi, si è visto riconoscere da famose testate giornalistiche importanti dichiarazioni quali l’aver «cambiato il volto del giornalismo di guerra contemporaneo» e di essere oggi «una delle voci più importanti nel giornalismo di guerra e di conflitto». Non solo: i suoi lavori hanno un’audience di milioni di videospettatori in Rete che i media ufficiali invidiano; ma a noi resta la domanda: può tutto ciò scalfire il Moloch dell’informazione planetaria delle major multimiliardarie della comunicazione? Il dubbio purtroppo, resta forte.

26:50

Mass media e libertà d’informazione: perché una “certa stampa” infastidisce?

Controcorrente 19.12.2024, 12:00

  • Ti-Press
  • Antonio Bolzani

Ti potrebbe interessare