Una delle tendenze che si sta affermando nelle città di tutto il mondo è quella di coltivare degli orti urbani, nei giardini o sui tetti dei palazzi. In particolar modo nelle metropoli questo tipo di fenomeno sta spopolando. Parigi ospita attualmente l’orto urbano più grande al mondo, con 14'000 metri quadrati di superficie coltivata sul tetto di un edificio. Altre grandi città, come Berlino e New York, hanno varcato le porte anche all'apicultura urbana, che oltre a salvaguardare la specie e la biodiversità, permette di monitorare la qualità dell’aria.
Una superficie cittadina coltivata aumenta l’isolamento termico degli edifici, con vantaggi sul risparmio energetico, abbassa le temperature rilasciando vapore acqueo, migliora la qualità dell’aria e produce cibo, non solo per le persone ma anche per gli impollinatori. Questa pratica garantisce alimenti locali e di qualità, sempre più ricercati dal mondo della ristorazione, che ha un’attenzione crescente verso la sostenibilità dei prodotti, a livello ambientale ma anche economico. Coltivando da sé gli ortaggi, infatti, si può avere più controllo su stagionalità, provenienza e costi.
La tendenza degli orti urbani non si ferma fuori dai confini svizzeri: la città di Lugano ha appena inaugurato Flamel Urban Farming, primo orto urbano ticinese, situato sul tetto dell’hotel LuganoDante in pieno centro luganese. Le piante coltivate sul tetto sono utilizzate dai cuochi e dai mixologist del ristorante e del bistrot presenti all’interno dell’albergo. Un progetto all’insegna della promozione della biodiversità, in una dimensione di ambiente e cucina al passo con i tempi, in cui le materie prime utilizzate dai cuochi sono prese direttamente in casa, garantendo un “metro zero”.
Future Farmers
Future farmers è la società che ha ideato il progetto ed è stata fondata da Lorenzo Tognola e Davide Croci - entrambi agronomi -, il cui scopo è di fornire sostegno alle aziende e alle istituzioni del settore agroalimentare con progetti innovativi e sostenibili sul piano ambientale, economico e sociale.
Una delle prime iniziative che hanno lanciato è “Le uova di vigna”, ideata per produrre più cibo sulla stessa superficie, facendo pascolare polli, oche e galline nei vigneti. Si possono così sfruttare i benefici reciproci: i vigneti offrono uno spazio su cui pascolare, mentre le galline fungono da “tosaerba” naturali, concimano il terreno e consumano i residui della vigna.
L’albergo LuganoDante ha contattato i ragazzi di Future Farmers per iniziare una collaborazione: da lì è cominciato un fruttuoso sodalizio che ha infine portato a elaborare Flamel Urban Farming, l’orto urbano.
Abbiamo parlato con Lorenzo Tognola per sapere di più sul progetto e sul suo processo di creazione.
Orto urbano: promotore della biodiversità
In questo orto sono coltivate piante aromatiche e piante officinali. Quelle piante che, oltre all’aroma, hanno proprietà terapeutiche come rilassamento, digestione e supporto ai lavori del fegato e dei reni. Al momento queste erbe sono utilizzate per i piatti e le bibite del Flamel; tuttavia, uno degli obbiettivi di Lorenzo è che vengano integrate anche al di fuori della cucina, come nel settore del wellness, ad esempio, per profumare le lenzuola dell’albergo con un’erba calmante.
Dietro al progetto Flamel Urban Farming, però, c’è più della mera coltivazione delle piante. Oltre alla promozione della biodiversità della specie vegetale, vi è anche l’attenzione per gli animali, per favorire la fauna selvatica. Nell’orto sono stati introdotti infatti degli habitat che ospiteranno alcuni animali, come ricci, pipistrelli, uccelli, farfalle rare e api. Quelli del riccio e degli uccelli sono già stati popolati, mentre per quanto riguarda i pipistrelli, Lorenzo ci spiega che bisognerà aspettare ancora qualche anno, poiché sono animali abitudinari che tendono a tornare nel posto in cui sono nati. La convivenza tra piante, insetti e animaletti genera un ecosistema in grado di autoregolarsi, annullando quindi la necessità di pesticidi.
Lorenzo Tognola nell'orto urbano
Obbiettivo: zero input chimici
Un altro punto chiave del progetto è infatti quello di eliminare pesticidi, fertilizzanti e diserbanti sintetici. Innanzitutto, il bisogno dei pesticidi è ridotto nel momento in cui si diversificano le colture e si crea una sinergia tra le specie. Questo perché «una pianta, tramite il profumo e il gusto dei suoi fiori, attira sia degli insetti “negativi” che la attaccano, sia dei predatori che mangiano questi insetti negativi (non solo di una singola pianta ma di molte altre). Con la combinazione giusta di piante, quindi, si riesce a ottenere una bassa popolazione di insetti negativi, eliminando l’utilizzo di pesticidi», spiega Lorenzo. Anche gli animali contribuiscono a eliminare degli antagonisti delle piante: nello specifico, il riccio aiuta a contrastare la presenza delle lumache e di insetti, mentre gli uccelli quella delle mosche e dei moscerini.
Per quanto riguarda i fertilizzanti, invece, anche se per dare una spinta iniziale al suolo povero hanno dovuto servirsi di fertilizzanti sintetici, al momento utilizzano solo fertilizzanti stallatici e il compost che hanno installato nell’orto.
Infine, anche i diserbanti chimici sono stati eliminati. Al loro posto viene usato il metodo della pacciamatura, che favorisce l’umidità del suolo e che protegge la pianta dalle erbe indesiderate e dalla luce. È una tecnica che si ottiene coprendo la terra con dei materiali, organici o sintetici. «Il nostro obbiettivo è di utilizzare interamente la paglia, materiale organico e quindi più sostenibile. Mi piacerebbe anche sfruttare le foglie che cadono in autunno».
Ricerca, selezione e comunicazione
Il processo di creazione di questo orto non è stato semplice e lineare: prima di capire quali piante coltivare è stata svolta un’importante ricerca per selezionare quelle giuste. Lorenzo e Davide, con l’aiuto di esperti, hanno testato la crescita di varie piante per capire quali fossero quelle più adatte all’ecosistema urbano. Si sono accorti che a causa della carenza di luce e della scarsa qualità e quantità del suolo, quello non era il posto adatto per coltivare le verdure per esempio. Hanno capito poi che la crescita delle erbe officinali sarebbe stata più efficiente perché le quantità necessarie alla cucina erano minori, e le risorse impiegate per coltivarle erano più accessibili e meno laboriose. Il fatto di produrre nell’orto quello che viene utilizzato in cucina rinforza l’aspetto della sostenibilità economica. Anche in questo senso, la fase di selezione ha previsto una collaborazione con gli chef e i mixologist: bisognava infatti ascoltare le esigenze della cucina e del bar per capire quali fossero le piante più sensate da coltivare. D’altro canto, invece, Lorenzo e Davide proponevano alcune specie di piante che avrebbero potuto contribuire a una migliore relazione tra piante e insetti. Lorenzo ci dice che «lo scambio con gli chef e i mixologist è stato dinamico e informale, e siamo riusciti a esaudire quasi tutte le loro richieste».
Dopo aver selezionato il tipo di coltivazione, i ragazzi hanno collaborato con Lorenzo Giollo, coordinatore cantonale per le api selvatiche che ha aiutato a creare un ecosistema in grado di giovare sia alle piante sia agli insetti, e a Christian Pellanda, dell’associazione Fiori selvatici.
Un aspetto positivo di posizionare un orto nel mezzo di una città, invece, è la protezione offerta dai palazzi dal vento. Lorenzo ci spiega, infatti, che non hanno riscontrato nessuna situazione di vento forte che potesse rovinare le colture.
Orto urbano
La collaborazione con associazioni ticinesi
Man mano che i lavori avanzavano, sempre più associazioni e realtà ticinesi sono state coinvolte per partecipare allo sviluppo del progetto. Un esempio è la presenza del riccio nell’orto, che è il risultato della collaborazione con l’Associazione Amici del Riccio: «L’associazione è sempre alla ricerca di spazi privati per dare casa ai ricci in difficoltà. Essendo i ricci carnivori, abbiamo capito che potevamo dar loro rifugio perché non avrebbero disturbato le piante; avremmo dunque potuto ospitarlo, curarlo, riabilitarlo e infine rilasciarlo in natura, promuovendo così la fauna selvatica. Oltretutto, il riccio ci aiuta a eliminare gli insetti dannosi per le piante. Insomma, il primo ospite dell'orto è stato proprio un riccio, che abbiamo chiamato Dante e che sembra ambientarsi bene nella sua nuova casa».
Inoltre, i prodotti dell’orto urbano non sono sfruttati solo all’interno delle mura dell’albergo LuganoDante, bensì fornite ad alcune aziende agricole ticinesi per la produzione di tisane totalmente locali.
Ritorno alla coltivazione e all’ordine della natura
Insomma, Flamel Urban Farming è un progetto in costante evoluzione e sempre soggetto a ricerche e miglioramenti. Dalle parole di Lorenzo si capisce infatti che le ambizioni non sono finite e che vi sono sempre altri aspetti da migliorare per rendere l’orto ancora più efficiente e sostenibile.
Lo scopo dell’iniziativa va oltre la coltivazione delle piante da utilizzare in cucina e al bar ma vuole essere promotrice della biodiversità. Il tutto si focalizza sull’ordine spontaneo della natura: studiandola e capendo come si adatta in diversi ambienti, si possono trovare dei metodi di coltivazione che non sono invasivi e che rispettano la sua autoregolazione. Il ritorno alla coltivazione rinforza il rapporto tra i cuochi e la materia prima: sono loro che la coltivano e che quindi comprendono maggiormente le sue proprietà, la sua stagionalità, i suoi profumi e il modo in cui cresce. Coltivare le materie prime che si lavorano permette di avere un controllo sulla loro provenienza e sui suoi metodi di coltivazione, privilegiandone la qualità.
In un mondo in cui la catena di produzione alimentare è sempre più frammentata e in cui si cerca il massimo profitto della terra attraverso metodi intensivi e non sostenibili, è rassicurante e stimolante sapere che esistono realtà che mettono al centro la circolarità e il rispetto della natura.