Michele Crippa è un gastronomo che ha fatto dei sapori e dei profumi il suo lavoro quotidiano. È stato uno dei primi in Italia a contrarre il Covid nel marzo del 2020, con conseguente perdita di olfatto e gusto, ma non si è rassegnato: per sé e per tutti coloro che si trovano nella stessa situazione, insieme al Centro Studi Assaggiatori di Brescia, Novella Bagna e Gian Paolo Braceschi di Good Senses – azienda specializzata in analisi sensoriali – ha sviluppato un percorso riabilitativo e una sensory box che aiuta a riappropriarsi dei sapori perduti.
Ne hanno scritto in tantissimi in Italia, ma anche oltreoceano, dove il New York Times ha fatto girare la notizia. Quella di Michele Crippa è una storia che purtroppo accomuna molti di noi e non se ne parla abbastanza: gli strascichi del Covid, o “long Covid”, che cambiano radicalmente vita e abitudini di chi ne soffre. Oggi ne parliamo da un punto di vista gustativo e olfattivo per dirvi che non siete soli e c’è chi sta lavorando e, perché no, lottando, per farvi tornare alla normalità.
Michele il 17 marzo 2020 alle ore 9:40 si accorge che qualcosa non va…
Michele Crippa
Michele Crippa, 32 anni, è un professore di Scienze Gastronomiche e Cultura culinaria, laureato all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che del gusto e degli odori ha fatto la sua attività principale. Per lui, riconoscere la differenza tra un Parmigiano Reggiano stagionato 30 mesi o 18, è un gioco da ragazzi e questo insegna, tra le altre cose, ai suoi studenti del Collegio Castelli di Saronno in provincia di Varese.
Una mattina di marzo, però, il vuoto: beve una tazza di caffè ma gli sembra di sorseggiare acqua calda. Il Coronavirus gli ha portato via il principale strumento di lavoro e non solo. Da quel giorno – e sono passati due anni – non ha più la capacità di annusare e gustare come prima e i suoi sensi sono alterati.
“L'anosmia (perdita totale dell'olfatto) e l'ageusia (perdita del gusto) di solito passano entro poche settimane dalla guarigione dal Covid. Questo non è stato il mio caso, purtroppo. Il virus mi ha causato un'infiammazione neurologica centrale. Dall'anosmia e dall'ageusia sono poi passato alla cacosmia (la percezione distorta di un odore) e alla parosmia (percezione nauseabonda di odori normali). In poche parole, il cervello inizia a percepire strani odori che non esistono; per mesi ho sentito un odore costante di posacenere e cavolo cotto tutto il giorno, sono diventato ipersensibile a certi aromi, come buccia d'arancia o vanillina, li vivo fortemente, fino alla nausea. Non riconosci più il tuo stesso odore o quello del partner e ti senti isolato. Il gusto, in realtà, con il passare del tempo, in un certo senso si è ristabilito, ma essendo molto legato all'olfatto rimane distorto: riesco a percepire sui finali del mio palato il dolce, il salato, l'acido, il salato e l'amaro, ma l'esperienza è influenzata da ciò che, in modo distorto, il mio naso percepisce.”
Michele non si perde d’animo e, anzi, comincia a studiare, ad informarsi per capirci qualcosa e soprattutto per aiutare chi, come lui, sta vivendo un incubo. Resta in quarantena per 3 mesi e 12 giorni, perché al tempo neanche i medici sapevano come comportarsi con il virus sconosciuto e gli venne imposto di restare chiuso in casa fin quando non fossero tornati i sensi, ma questi non accennavano a ristabilirsi. Il gastronomo, allora, decide di investire il tempo nel miglior modo possibile e coinvolge anche colleghi con i quali, prima della pandemia, aveva sviluppato dei kit olfattivi per allenare il naso dei sommelier e comincia a lavorare su un progetto di training olfattivo.
Da bisogno personale all’aiuto per la collettività, ecco come nascono il metodo e la sensory box: allenare i sensi è possibile e la memoria ha un ruolo fondamentale
Verso settembre dello stesso anno, passata la prima ondata di pandemia, si comincia a parlare di long Covid e dei problemi rimasti anche dopo la guarigione. Da lì Michele inizia tutti gli accertamenti e le visite mediche del caso per capire cosa stesse succedendo e tra tac, risonanze magnetiche e specialisti, comincia anche a incontrare tante altre persone nella sua stessa situazione. Cosa che non lo fa sentire più solo ma gli dà maggiore forza per voler arrivare al nocciolo della questione e capire in prima battuta chi se ne stesse occupando.
“I primi studi – racconta Michele – sono arrivati dalla Korea e da Israele e attestavano essere un problema legato ad alcune cellule che sorreggevano il bulbo olfattivo: il virus attacca il collegamento a livello di neuroni tra il bulbo olfattivo – situato nella parte alta del naso – e il cervello, dove ha sede la memoria olfattiva. Quando questi collegamenti collassano, si annienta il senso stesso, motivo per cui non si sente nulla. Per questo dico sempre che si diventa ciechi dal naso.”
Sensory Box
È questo il concetto alla base dell’intero progetto studiato da Michele insieme al Centro Studi Assaggiatori di Brescia, Novella Bagna e Gian Paolo Braceschi di Good Senses, azienda specializzata in analisi sensoriali. Il tentativo è proprio quello di rimettere in comunicazione il bulbo olfattivo e il cervello, stimolando questo collegamento neurologico attraverso l’olfatto e attraverso la memoria. Per farlo, si è pensato a una sensory box, una scatola che contiene 20 flaconcini di essenze tra le più diffuse nell’area mediterranea, dei testi in cui si riportano immagini, istruzioni e video lezioni.
“La chiave del procedimento – spiega Michele – sta nell’allenamento. È provato scientificamente che quelle cellule olfattive che collassano, si rigenerano ogni 20-30 giorni, motivo per cui l’allenamento è l’unica riabilitazione capace di ristabilire la connessione tra cervello e olfatto e ristabilire la corretta percezione correggendo quella distorta per chi soffre di parosmia. L'olfatto è, tra i nostri sensi, sicuramente il più istintivo e il più connesso alle nostre emozioni ed esperienze. È quindi importante cercare di stimolare nuovamente quei profumi nascosti nella nostra memoria, legati a emozioni e ricordi del passato.
Ricollegarsi alla memoria olfattiva è, per sua natura, un'interpretazione complessa che richiede un allenamento specifico per ottenere buoni risultati.”
Michele Crippa, training olfattivo
Oltre ad annusare i profumi, quindi, occorre richiamare i ricordi legati a quegli stessi aromi. Per questa ragione, la stessa sensory box contiene anche alcuni testi nei quali vengono riportate le più comuni immagini mentali abbinate ai profumi. Qualche esempio? I sacchettini da mettere nel cassetto della biancheria per riconoscere la lavanda, oppure il cocktail mojito per la menta.
L'allenamento, utilizzando la sensory box, è necessario farlo ogni giorno, mettendo le fragranze sotto il naso per qualche secondo, seguendo alla lettera le istruzioni e le video lezioni incluse nella confezione, come descritto dalla Dott.ssa Novella Bagna nel video.
Queste metodologie servono anche per chi soffre di parosmia e ha bisogno di “riordinare” i percorsi scombussolati dal virus: la parosmia, infatti, come anticipato precedentemente, è quella patologia per la quale si associa un odore a un altro. Un esempio che fa Michele è quello del caffè che odora di plastica bruciata, in questo caso i percorsi che dal bulbo olfattivo arrivano al cervello sono “ingarbugliati” ed è necessario rieducarli e rimetterli al posto giusto.
Secondo un recente studio condotto su pazienti con iposmia post-COVID (riduzione della capacità olfattiva), 400 pazienti su 2000 hanno sviluppato parosmia a distanza di mesi. Ed è sufficiente visitare i vari gruppi Facebook dedicati alla parosmia in Italia, ma anche in altri paesi, per rendersi conto che si tratta di un problema che riguarda moltissime persone.
È possibile farlo a casa in assenza della sensory box? I consigli
Inizialmente, Michele ha assistito gratuitamente tutte le persone che lo contattavano, offrendo loro supporto, indicando le strutture mediche di neuroscienza e otorinolaringoiatria che stavano iniziando ad attivare percorsi terapeutici per long Covid e promuovendo buone pratiche per allenarsi con prodotti e cibi della vita quotidiana facilmente reperibili a casa.
Oggi, però, a distanza di due anni, è necessario, per prima cosa, contattare dei professionisti perché l’allenamento non è semplicemente “prendere e annusare”, ma un percorso psicologico e medico da seguire. A Locarno, per esempio, all’Ospedale Regionale, è stato istituito un ambulatorio medico long Covid, in cui specialisti accolgono pazienti e focalizzano il problema studiando una cura adeguata.
Comunque, ci sono accortezze che si possono adottare a casa e soprattutto sbagli da evitare.
Come già anticipato, rivolgersi tempestivamente al proprio medico curante o a centri preposti.
Seguire una tecnica, come descritto dalla Dott.ssa Novella Bagna nel video.
Crearsi il proprio kit olfattivo. Scegliere aromi e profumi fortemente legati al proprio vissuto, alla memoria e alla propria quotidianità.
Scegliere degli ingredienti - quindi aromi naturali – e non oli essenziali chimici. Non usare gli oli essenziali perché non hanno la complessità aromatica del prodotto vero e naturale, essendo estratti chimicamente. Prendiamo ad esempio il limone: chi fino a oggi si è allenato ad annusare oli essenziali di limonene, oggi tutto il mondo degli agrumi, per quella persona, odorano allo stesso modo e come la molecola contenuta in quell’olio essenziale.
Svolgere l’allenamento sensoriale quotidianamente con metodo: possibilmente due volte al giorno senza inspirare gli aromi per più di 3 secondi per non sovrastimolare l’olfatto, cercando di ricordare emozioni o momenti legati a tale ingrediente, e aspettare almeno 40 secondi prima di annusare un altro ingrediente.
Mantenere vivo l’interesse per il cibo e per la cucina. Tra i tanti strumenti pensati dal progetto, c’è anche un ricettario con consigli pratici e tecnici per chi ha perso il senso del gusto e dell’olfatto. Tornare a cucinare è un gesto di cura per sé stessi e strumento per non allontanarsi dal mondo del cibo, in questo modo si cerca di stimolare le persone a non mollare!
Masticare lentamente: aiuta a percepire con maggiore intensità il sapore e il profumo delle pietanze perché aumentando la salivazione in bocca, le molecole odorose si disperdono in tutta la cavità orale gusto-olfattiva.
Un problema sottovalutato: quanto è grave non parlarne e cosa comporta la perdita, o la distorsione, di gusto e olfatto
Mentre sono al telefono con Michele sento risuonare dal suo cellulare notifiche di messaggi: “da quando stiamo parlando ho una grande quantità di messaggi non letti nella mia posta Instagram, sono tutte persone che chiedono di potersi mettere in contatto con me e per lo più sono persone in panico”.
Mentre mi racconta questa cosa, mi chiedo cosa si possa provare a diventare “ciechi dal naso”, come dice lui, e penso a quanto diventi un enorme problema, almeno per me, anche la sola leggera perdita di gusto e olfatto dovuta a un banale raffreddore. Sarà capitato a tutti almeno una volta nella vita, no?
Bene, Michele mi spiega che non è affatto la stessa cosa: “ti posso assicurare che è una sensazione indescrivibile che non è neanche paragonabile alla perdita dovuta a un raffreddore. Stamattina ero con una mia studentessa di 17 anni che, dopo l’ultima ondata ha contratto la variante Omicron, e mi raccontava che anche lei non sa descrivere a parole ciò che le sta accadendo. È devastante. Indescrivibile. Sei in totale assenza di percezione, neanche uno spettro di retrogusti o odori ed è una cosa inaspettata, fulminante. E tocca il quotidiano delle nostre vite, rendendo impossibili anche azioni normali come l’annusare un cartone di latte per sentire se è ancora buono. Psicologicamente è un dramma, soprattutto per quell’11% di casi che, come me, non riacquistano i sensi dopo i primi 15-20 giorni di alterazione o perdita completa”.
Michele infatti specifica che nel 90% dei casi, dopo un paio di settimana di totale assenza di gusto e olfatto, improvvisamente i sensi tornato e tutto torna alla normalità. Nei rimanenti casi, invece, la situazione diventa uno stato a lungo termine, motivo per cui, ancora oggi, lui stesso sente i vini rossi tutti uguali – “che sanno di cavallo”, specifica – o non mangia agrumi perché li trova “vomitevoli”. Questa “stasi” innesca tanti altri problemi psicologici e sociali.
“Dopo settimane e mesi tu sei senza sensi, i medici di base non hanno strumenti per aiutarti, vai a cercare centri medici, ma non ci sono centri preparati e non esistono né pillole magiche né operazioni chirurgiche che possano aiutare e il problema è che passano le settimane, i mesi, e magari le cose peggiorano, perché inizi a sentire qualcosa, sì, ma lo senti distorto: il caffè la mattina ti sembra la cosa peggiore del mondo, non riconosci l’odore dei tuoi figli, non senti se stai bruciando qualcosa nel forno. A me, per esempio, è successo ben due volte di non accorgermi di una perdita di gas in casa. Non riconosci più del cibo avariato o latte scaduto… Nascono anche problemi relazionali perché lo stesso odore della tua pelle potrebbe risultarti sgradevole e molte persone si chiudono per vergogna, come se non si sentissero mai a posto o avvolti da un odore poco gradevole.” E questi sono solo alcuni esempi che Michele riporta per farmi capire quanto azioni scontate di tutti i giorni diventino cruciali.
A queste aggiunge una questione molto delicata, alla quale non avevo mai pensato e cioè la preoccupazione a non trovare nuovamente il lato piacevole del cibo, portando le persone coinvolte a privarsi di alimenti necessari per il proprio benessere, dando vita a disordini alimentari molto pericolosi per la salute: “La relazione con il cibo cambia e molte persone sfociano in problemi alimentari. Io non mangio agrumi da 2 anni perché per me sanno di plastica bruciata. Molte persone non mangiano più latticini o carne per lo stesso motivo e quindi hanno tolto dalla propria dieta componenti importanti.
Moltissimi altri hanno perso peso, non trovando più piacere nel cibo o, al contrario, hanno preso peso: il gusto ha un ruolo fondamentale anche nella sensazione della sazietà, se non c’è gusto il cervello stesso non è appagato, motivo per cui si continua a mangiare perché non si è mai sazi. Molte persone, poi, abusano di sale cercando di caricare sapori che non sentono, con conseguenze critiche legate all’uso smodato di sale nella dieta di tutti i giorni.”
Mentre Michele continua a raccontarmi parte delle storie che quotidianamente ascolta, mi rendo conto di quanta disinformazione ci sia riguardo questo disturbo e non si parli mai dell’importanza dei sensi nella nostra vita e quanto il deficit di uno dei cinque possa inficiare anche gli altri.
Si chiama “assetto sinestetico”, mi spiega lo stesso Michele, cioè quanto tutti i sensi collaborano tra di loro per sinestesia: “Qualche giorno fa mi ha contattato un musicista professionista di strumenti a fiato dicendomi che non suona più come prima perché da quando ha perso gusto e olfatto il suo orecchio assoluto è peggiorato, dice di non avere più la stessa sensibilità uditiva”. Effettivamente, chi di voi ha problemi di vista forse potrà capire questo concetto che mi è balenato subito in testa: provate a togliere gli occhiali e, se vi mancano almeno un paio di gradi, vedrete tutto sfuocato e sentirete come il senso dell’udito potrebbe risultare leggermente meno performante. La mancanza di visione nitida, fa sì che non veda bene il labiale delle persone con cui si interloquisce ed è come se si facesse fatica a prestare attenzione a ciò che dicono, come se si sentisse male.
Alla luce di questi racconti deve essere chiaro a tutti – amici, famigliari in primis – che non fa bene minimizzare il problema. Dire a una persona che poteva andare peggio dopo aver contratto il Covid, declassando la perdita di gusto e olfatto a problematiche minori, porta a un senso di abbandono e psicologicamente aumenta il malessere della condizione in cui ci si trova. Motivo per cui, è importante parlarne, informarsi e fare rete, avere qualcuno a cui riferirsi per confrontarsi. A Michele, per esempio, ha salvato proprio il fatto di sobbarcarsi anche delle storie degli altri: non si è più sentito solo, si è sentito di aiuto e ha capito che c’è ampio margine di miglioramento, soprattutto dopo mesi e mesi di convivenza con situazioni post Covid.
Le collaborazioni in tutto il mondo e i contatti
Da quando Michele è partito in questo viaggio, le collaborazioni con enti, centri di ricerca e organizzazioni non profit si sono ampliate oltre i confini europei e sempre più persone si sono affidate al progetto o hanno istituito centri di ricerca che includono persone colpite da conseguenze del Covid di tutto il mondo. Oltre al Centro Studi Assaggiatori e il Good Senses con i quali tutto cominciò a prendere forma, tra le collaborazioni più significative il gastronomo cita quelle con il Monell Chemical Sense Center di Philadelphia; il Global Consortium for Chemosensory Research, un gruppo di oltre 600 scienziati, medici, e rappresentanti di pazienti di circa 50 Paesi, fondato in risposta alla pandemia da COVID-19; l’organizzazione non profit Solve CRS e la Harvard Medical School; l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza – SensoryLab. Michele sta anche mettendo a punto il suo nuovo sito, attualmente in costruzione, che si chiamerà “neurochimica.com”, ma teniamo a precisare che la mail da contattare qualora voleste avere informazioni è già attiva: info@neurochimica.com
Tutte queste collaborazioni sono volte allo studio e alla stesura di un procedimento medico specifico, motivo per cui stanno per nascere nuovi centri medici che lavoreranno per aiutare persone e avviare i primi protocolli in questo campo. Tra gli specialisti coinvolti ci sono otorini, neurologi, biologi, pneumologi e psicologi, per assicurare ai pazienti una totale gestione della problematica sotto tutte le sfaccettature.
Se foste quindi tra chi sta vivendo questo problema e aveste bisogno di maggiori informazioni o consulenza, o foste medici, farmacisti, associazioni, già coinvolti in progetti simili ma interessati a fare rete per cercare di superare questa fase insieme, la mail info@neurochimica.com è il contatto che fa per voi.
Gusto e olfatto sono insostituibili: se chiudiamo gli occhi e pensiamo a un oggetto si può anche immaginare, non è la stessa cosa per un gusto o un odore. Ecco perché dobbiamo salvare questi preziosi sensi e tornare a “sentire”, non solo con il naso.