I fine settimana, i piccoli ponti di festa e, finalmente, la bella stagione hanno spinto la redazione di RSI Food all’idea di andare alla "ri-scoperta" di angoli della Svizzera italiana con una storia importante ed evocativa, accompagnati da ciceroni d'eccezione attivi nel mondo agroalimentare locale, per condividere un picnic all’aria aperta. Tante idee e ricette per un pranzo o un aperitivo immersi nella natura, ma anche tante storie di persone, di sogni e visioni, che si intrecciano a quelle del territorio in cui viviamo. Il “picnic”, insomma, diventa un momento conviviale per chiacchiere che sanno di cibo, semplicità e tanta condivisione.
È una vera cucina a cielo aperto quella di Enrico Micioni, locarnese, gastronomo per formazione, ricercatore e forager per passione. È un mondo fatto di tradizioni e pensieri buoni quello di Enrico, gli stessi pensieri che lo portano a vivere la natura come l’unica dimensione da salvaguardare, da vivere per rigenerarsi. È uno sguardo puro il suo, di quelli che amano la terra in cui vivono e non smettono mai di volerla scoprire, accarezzare e condividere. È stato proprio il senso di condivisione a spingere Enrico, insieme a un paio di amici, alla scelta di promuovere passeggiate formative e conviviali raccogliendo erbe a passeggio tra i boschi e collezionando delizie di produttori locali sulla via del cammino; per poi cucinare all’aria aperta, come un vero “cuoco selvaggio”, grazie alla sua cassetta di legno inseparabile, contenente gli attrezzi del mestiere e un fornello da campeggio rigorosamente a gas per non mettere in pericolo il bosco. Dulcis in fundo: gustare le delizie preparate insieme al gastronomo in mezzo al bosco, magari, perché no, allestendo un vero e proprio picnic.
Questo progetto si chiama Open Kitchen ed è un’idea in divenire che Enrico auspica possa diventare, un giorno, una bella attività.
La scatola di legno del “cuoco” forager
Guai a chiamarlo “cuoco”: «non sono un cuoco - precisa Enrico - tantomeno chiamatemi “chef”! Quella è una professione ed essere chef significa lavorare nelle cucine di un ristorante e avere una brigata da guidare… io gioco, mi diverto e cerco soltanto di comunicare alle persone che decidono di condividere con me il loro tempo libero, di vivere appieno la natura, all’insegna della riscoperta dei tempi morti, di relax, magari insegnando qualche nozione sulle erbe che incontriamo sul nostro cammino e raccontare loro la storia che c’è dietro ogni ingrediente, frutto del lavoro di produttori locali che tanto stimiamo sul nostro territorio. Finita questa spesa nel bosco, apro la mia amica cassetta e cuciniamo perché il cibo ha un forte valore evocativo e se preparato e consumato in mezzo alla natura, in un bosco come questo… cosa volere di più?».
Enrico Micioni, gastronomo e forager per passione
Storia del Monte Verità: il mito della celebre collina dell’utopia
Enrico ci dà appuntamento nel grande spiazzo verde, attorniato dal bosco, adiacente al Parco Parsifal.
Il nostro cicerone di eccezione ha scelto di portarci in un luogo a lui caro, dov’è cresciuto, insieme agli amici e alle prime camminate, alla scoperta di un forte senso di appartenenza alla natura. «Quanti ricordi… – esclama Enrico – se poi si continua a passeggiare in mezzo al bosco si arriva al Balladrum, dove mi immagino i balli liberi della comunità del Monte Verità».
Seguendo infatti il sentiero che inizia a sinistra del grande parco giochi Parsifal, si entra nella foresta, prima su asfalto e poi su sentiero, fino ad arrivare al punto panoramico Balladrum da cui si possono ammirare anche le Isole di Brissago.
La raccolta di erbe spontanee
Un posto magico quello scelto da Enrico, con questo nome “Monte Verità”, così suggestivo dal credere che si possano trovare delle risposte quando si arriva. A pensarci bene, è anche rappresentativo della filosofia del nostro gastronomo e dell’idea che ha di cucina, alimentazione e cultura. Al tempo “Monte Monescia”, poi ribattezzato “Verità”, questa collina sopra Ascona, all’alba del Novecento, fu scelta da una comunità di anarchici, filosofi, letterati, artisti e musicisti, in cui si viveva di pasti vegan, bagni di sole e libertà, tra i boschi che si affacciano sul Lago Maggiore. Con i suoi ospiti illustri – Hermann Hesse tra i più iconici – questo angolo di Ticino diventò un rifugio al riparo dalle guerre e dallo scontro ideologico fra capitalismo e comunismo che stava attraversando l’Europa. Il grande architetto ticinese Mario Botta lo ha definito «il laboratorio di una tra le più radicali utopie artistiche e sociali dell’epoca»; un posto dove in molti hanno creduto, fortemente, di realizzare l’utopia di un mondo diverso. Più libero e più giusto.
Le regole di base per essere accolti come ospiti sul Monte Verità erano seguire un’alimentazione vegan, praticare l’elioterapia (si credeva che l'energia del sole rafforzasse i corpi e le anime) e il nudismo. E poi bisognava fare ginnastica, danza e meditazione. Erano all’avanguardia se si pensa che sono arrivati ai giorni nostri testimonianze di progetti di architettura biosostenibili, così come menù vegani proposti nella cucina della “grande famiglia”, solo per fare qualche esempio.
La comune del Monte Verità, però, non durò molto: i padri fondatori, già nel 1920, si dispersero per il mondo e la collina così come la conosciamo oggi fu acquistata dal barone Eduard von der Heydt che commissionò la realizzazione dell'albergo in stile Bauhaus.
La storia del Monte Verità è portata a noi anche grazie al film omonimo che nel 2021 è stato presentato in prima mondiale al Film Festival di Locarno, la cui visione è caldamente consigliata, se ancora non vi siete imbattuti in questa co-produzione tra Svizzera, Austria e Germania, del regista zurighese Stefan Jäger.
Ancora oggi, calpestando quei sentieri, l’energia di quei boschi è tangibile: a testimonianza che qualcosa di speciale è davvero accaduto dalle parti di Ascona, ed Enrico lo sa bene. Dopo aver raccolto qualche erbetta spontanea e qualche fiore dice: «ora è il momento di prepararci qualche semplicissima bontà per il nostro picnic al Parsifal».
Qualche fetta di pane spalmata di ricotta del forager e un cucchiaio di confettura all’albicocca e salvia prodotta da Enrico
Il gusto del bosco e la cucina a cielo aperto
Trovato un angolo comodo per poter cucinare il “raccolto” insieme a qualche ingrediente e conserve portate da Enrico di sua produzione, ci accomodiamo su un masso e, tra muschio, alberi e fogliame, il gastronomo di Minusio, con la sua pacatezza, inizia a inebriarci di profumi. Coltelli, taglieri, ciotole, padella in ghisa e un fornello a gas – perché Enrico tiene alla sicurezza e al bene del bosco – si animano, dando forma a tanti stuzzichini come le “frittatine del forager” fatte con le erbe appena collezionate in passeggiata di cui Enrico ci ha raccontato tutto, insegnandoci anche nozioni preziose sul riconoscimento delle stesse e sul modo di raccoglierle.
Il gastronomo di Minusio intento a preparare una merenda salata
Mentre cucina, Enrico ci racconta che la sua passione è nata grazie alla nonna che lo portava regolarmente in mezzo alla natura a raccogliere i suoi frutti, comprese le piante locali che davano poi vita a ricette della tradizione, spesso dimenticate. L’obiettivo di Enrico, infatti, con le sue passeggiate annesse al cucinare tutti insieme, è anche quello di fare riscoprire alle persone saperi dimenticati e il piacere di vivere la natura e gustarla appieno; oltre al fatto, aggiunge il gastronomo, che si fa sana attività fisica all’aria aperta. La grande umiltà di Enrico lo porta a sperare di dare realmente forma a questo suo sogno soprattutto per imparare: «grazie a queste passeggiate con gusto, posso sì insegnare qualcosa ai partecipanti ma posso arricchirmi anche io di saperi provenienti da altre storie e altri luoghi e rimango sempre in cerca di nuove montagne e nuovi sentieri da scoprire…»
Raccontandoci e aiutandoci nella preparazione, senza accorgercene, siamo arrivati ad allestire un “picnic” che bene si sposa con la semplicità del luogo, perché Enrico ha pensato ai pasti, ma noi donne della redazione abbiamo voluto portare qualche “orpello” per finire la giornata in piena pace e con gli occhi pieni di bellezza.
Sfoglia la gallery
Le ricette di Enrico per un “pranzo al sacco” naturale
Oltre alle ricette preparate nel bosco, come la frittatina del forager e i suoi crostoni preparati con una ricottina mantecata con le erbe spontanee raccolte e pera saltata in padella al miele, Enrico ci suggerisce altre ricette adatte per un picnic vegano, come la sua Bowl 100% vegan che ha la particolarità di essere condita con una “maionese” all’aglio orsino preparata in un modo insolito: al posto dei soliti latte di soia o panna di soia, viene utilizzata l’acqua faba – liquido di governo – dei ceci in scatola; una ricetta antispreco innovativa oltre che salutare!
“Maionese” vegana all’aglio orsino
Un altro spunto vegano è quello dei cestini ripieni di hummus mediterraneo, ai pomodori secchi: un hummus anticonvenzionale, fresco e velocissimo da preparare e molto adatto a un picnic. Enrico ha deciso di proporcelo in versione “cestino”, ma anche come crema da spalmare su una buona fetta di pane Vallemaggia con l’aggiunta di qualche sottaceto o verdura fermentata sopra… il picnic può prendere davvero una piega gourmet nonostante l’estrema facilità della ricetta!
I cestini di hummus alla mediterranea a base di pomodori secchi
IL GUSTO DEL BOSCO - CUCINARE CON LA NATURA
RSI Food 27.04.2023, 17:47