L’attacco iraniano a Israele

L’analisi: Teheran non vuole l’escalation

Per Nima Baheli, dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, sono molte le similitudini tra l’attacco della scorsa notte e quello iraniano a Israele del primo ottobre scorso - Elezioni USA cruciali per l’evolvere della crisi 

  • 26 ottobre, 16:34
  • 26 ottobre, 16:46
05:11

RG 12:30 del 26.10.2024 L’intervista a Nima Baheli

RSI Info 26.10.2024, 16:17

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Di: RG/RSI Info 

Dopo l’attacco militare israeliano di ieri notte, l’Iran ha bisogno di non mostrarsi vulnerabile, agli occhi della propria opinione pubblica e del mondo arabo, ma al tempo stesso non desidera un’escalation. Questo almeno secondo l’analista militare e di intelligence Nima Baheli dell’ ISPI di Roma, già ufficiale della riserva dell’Esercito italiano e funzionario della Presidenza del consiglio.

Come si sta reagendo a Teheran a quanto avvenuto e come analizzare politicamente queste reazioni?

E’ unanime da parte di Teheran, sia sui media ufficiali che su altre fonti non alternative, la volontà di sottostimare l’attacco israeliano e di dichiarare come le capacità militari iraniane siano state in grado di gestirlo. Questo è probabilmente legato al desiderio di una parte della leadership iraniana - e in particolare del nuovo presidente Masoud Pezeshkian, che vorebbe normalizzare i rapporti con l’occidente - di far capire a Washington la volontà di non reagire. L’Iran sta dicendo alla sua opinione pubblica e all’opinione pubblica araba che l’attacco è stato in qualche forma neutralizzato e quindi non si è costretti a una risposta.

E’ interessante anche la similitudine con l’attacco iraniano del primo di ottobre contro Israele: ognuno dei contendenti vuole dimostrare di essere in grado di colpire in profondità nel territorio avversario, mostrando come i sistemi di difesa aerea siano facilmente penetrabili.

Nima Baheli

Nima Baheli

  • Ansa

Secondo il sito americano di notizie Axios, solitamente bene informato, Israele avrebbe avvertito Teheran dell’attacco tramite il ministro degli affari esteri olandese. Questo che cosa indica secondo lei?

È un altro elemento che accomuna l’attacco israeliano a quello iraniano e che va in direzione di una volontà di de-escalation. Israele ha fatto sapere quali siti avrebbe attaccato e in che maniera. In questo senso è stata importante anche la fuga di notizie, avvenuta in settimana negli USA, di quei documenti segreti che indicavano come il primo progetto di attacco israeliano sarebbe stato molto più impattante.                

Questa fuga di notizie, probabilmente orchestrata da Washington, ha costretto a più miti consigli Netanyahu, tanto più che gli USA hanno fornito a Tel Aviv Tanker e F-16 che torneranno nell’area per gestire le difese aeree.

Il crinale tra esigenza di reagire e la volontà di evitare un conflitto è molto sottile. Come se ne esce?

Sarà cruciale chi vincerà le elezioni presenziali USA. Se sarà Kamala Harris, l’opzione negoziale di Pezeshkian avrà molto più uditorio a Washington. Al contrario, Trump ha una forte vicinanza con Netanyahu, e questo - in caso di una sua vittoria – metterebbe Teheran con le spalle al muro. Forse potrebbe anche portare a quella risposta più militare che al momento la leadership iraniana sta bloccando, consapevole anche della propria inferiorità militare nei confronti di Israele.

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