La plastica che inquina gli oceani potrebbe finire nel cervello dei pesci. Lo spiega uno studio dell'università svedese di Lund pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Secondo le analisi dei ricercatori, le nanoparticelle riescono a superare la barriera sangue-cervello e ad accumularsi nel loro tessuto cerebrale.
Lo stesso team ha anche osservato dei disordini comportamentali nei pesci esposti a nanoplastiche: mangiano più lentamente ed esplorano meno del solito l'ambiente esterno. Gli studiosi ipotizzano che queste anomalie possano essere ricondotte alla presenza delle sostanze inquinanti.
"Le nanoplastiche - spiega Tommy Cedervall, autore dello studio - hanno un impatto molto più pericoloso sugli ecosistemi acquatici delle particelle più grandi di plastica". Il chimico però non si spinge oltre e non si esprime sulla possibilità che la plastica possa accumularsi anche in altri tessuti degli organismi marini, e possa quindi essere ingerita anche dall'uomo.
ATS/eb