Rispetto alle folle cinefile estive del fratello maggiore Festival del Film Locarno, la giovanissima sorellina primaverile L'immagine e la parola ha il privilegio di atmosfere più raccolte, che permettono di dar vita a piccoli circoli di adepti, appassionati e/o studiosi, riuniti nella sede dal sapore un po' mistico del Monte Verità per "lezioni di vero" insieme ai grandi nomi della cultura cinematografica.
Restano memorabili gli incontri con Sokurov, Reitz e Carrère delle scorse edizioni, ma altrettanto fervida si presenta la possibilità - per la quarantina di giovani iscritti - di confrontarsi con grandi autori del fumetto internazionale come il francese Blutch e Lorenzo Mattotti
I partecipanti all'incontro con Blutch
Seguiamo in tempo reale i lavori del workshop, cercando di condensarli e riassumerli qui di seguito.
Blutch: "Io non so nulla. E quindi tutto ciò che faccio è cercare attraverso il mio lavoro di capire meglio le cose. Il fumetto in questo senso è uno strumento privilegiato per farlo. La passione per il cinema invece ha fatto di me quello che sono, come artista e come uomo."
Il primo film mostrato è Il fantasma della libertà
Blutch: "Il dialogo qui non è mai logico e una delle cose più affascinanti del cinema per me è proprio l'incertezza, è il partire in una direzione narrativa senza sapere dove si andrà a parare."
Blutch: "Il suono dei film, le immagini in movimento dei film, attestano che il tempo ci appartiene. Appartiene a noi. Cinque minuti dopo o cinquant'anni dopo. Dicono che possiamo fermare il tempo. Possiamo abitarlo. Anche se nel cinema e nella musica il tempo può procedere in maniere arbitarie, sono le due discipline che mi permettono di capire a che punto sono della mia vita. Il mio lavoro, nella sua fragilità, poggia tutto su questo concetto. In un certo senso possiamo dire che abbiamo vinto sul tempo."
Blutch: "La più grande frustrazione da fumettista è di non avere a disposizione il suono, le voci, i rumori. Un film io lo ascolto tantissimo e mi seduce tantissimo attraverso la voce degli attori, attraverso i loro accenti. Il film di Bunuel lo si può ascoltare come se fosse un disco. C'è una sinfonia di voci: Brialy, Adolfo Celi, Piccoli, Lonsdale, Monica Vitti e tutti gli altri sono come strumenti musicali."
Blutch: "Cercare di tradurre il suono in qualcosa di inerte e fisso come il disegno è una battaglia persa in partenza. Ma è il cammino a essere interessante. Il tentativo vale comunque la pena."
Blutch: "Ci sono persone che non riescono a seguire un fumetto e le capisco, perché non è scontato riuscire a far collimare il rapporto tra l'immagine e la parola."
Chatrian e Blutch nella penombra della lezione-proiezione
Blutch: "Ciò che mi diverte nella maggior parte dei miei lavori è il fatto che i personaggi parlano, ma nessuno ascolta l'altro. Si rimane sulle proprie idee. Non voglio dire una verità rivelata, perché in fondo non ne so nulla. Ma ho l'impressione che le persone non si ascoltino a vicenda. È più comodo recitare un ruolo e nel fumetto secondo me il personaggio risulta più reale, più incarnato, più vero, se sono io ad interpretarlo. In realtà non sono io quello lì, ma è come se in questo modo gli dessi una consistenza."
Blutch: "La vita in generale e i fatti della vita dovrebbero nutrire la riflessione di una persona che scrive o che vuole creare qualcosa. Sull'episodio della morte di Paul Newman che ho ripreso nei miei lavori ho un aneddoto. Sono in giro in quel giorno del 2008 e mi arriva un sms di un amico che mi scrive semplicemente è morto. Ma chi? rispondo. Ma come chi? Paul."
Blutch: "La morte di Newman per me è stato un momento fortissimo, perché è un po' come quello che è successo in gennaio di quest'anno con Bowie, a cui sono meno legato. Tanta gente che conosco mi ha detto che era un pezzo di giovinezza che scompariva."
Il secondo spezzone è tratto da Giulietta degli spiriti di Fellini
Blutch: "La grande invenzione di Hollywood e degli americani è stata quella del sex appeal. Grazie a questa invenzione hanno dominato il mondo. I russi non ci avevano pensato e hanno perso la battaglia della seduzione di massa. Nella corsa ad arrivare primi tra americani e russi noi ci siamo ritrovati coi primi e io - come ai tempi di Giulio Cesare - ho sempre avuto l'impressione di essere nato e cresciuto gallo-americano. Tutto è stato modellato dai modelli americani e questi modelli significano televisione e sex appeal. Mia nonna era rapita dai baffi di Errol Flynn e il sex appeal è questo."
Blutch: "I personaggi femminili, le grandi attrici, sono spesso scomparse col trascorrere del tempo. Le rughe, i difetti estetici le fanno scomparire a parte qualche caso eccezionale, Catherine Deneuve e poche altre. Nel mio lavoro a fumetti la donna e l'attrice compaiono come modello, come elemento a disposizione del cineasta e dell'artista.
Blutch: "Il ruolo femminile nella storia del cinema è stato spesso un ruolo di seduzione, pensato per un pubblico prevalentemente maschile, in sale buie dove come mostro nei miei disegni c'erano tanti cappelli maschili. Le dive che metto nel fumetto entrano in relazione con le immagini di alcuni dipinti emblematici delle epoche precedenti.
Immagini femminili nell'opera di Blutch
Blutch: "L'artista utilizza il suo modello per sottolineare ciò che vuole dire. Diventa un mezzo. E nello stesso tempo è un fine. La crudeltà è un elemento che mi è abbastanza estraneo e che non capisco bene. Ho rivisto recentemente
La bella scontrosa di
Rivette, che è scomparso da poco. Vediamo nel film il pittore avere spesso atteggiamenti crudeli nei confronti della sua modella. Lei soffre e lui se ne risente. È qualcosa che non capisco. Per me il lavoro tra artista e modello avviene da pari a pari. Forzatamente. E l'ho trovato un film molto invecchiato. Ce n'è un altro che è diventato un classico per motivi un po' bizzarri (ma soprattutto perché c'è la musica di Miles Davis) e è
Ascensore per il patibolo di
Malle. In quel film c'è una storia parallela a quella principale, in cui si descrivono dei giovani. È invecchiatissima e ormai totalmente obsoleta. Bisogna fare molta attenzione a come si stratta il tema della giovinezza, perché è uno di quelli che invecchiano più in fretta."
Un altro spezzone di grande suggestione da Scarpette rosse
Blutch: "Per chi ama le favore abbiamo qui un riferimento magnifico a Cappuccetto rosso. La protagonista è come Cappuccetto rosso e il direttore d'orchestra che la assilla è il lupo cattivo. Un paradigma."
Blutch: "L'oggetto emblematico, come le scarpette rosse, ha un ruolo centrale nel cinema e nel fumetto. Solo l'oggetto che diviene significativo, però, quello che ha qualcosa da dire, che ha un ruolo. La bombetta di Charlot. La jeep rossa di Tintin nei fumetti di Hergé. Il revolver nei western. L'oggetto che parla. In letteratura è difficile utilizzare questo artificio in maniera compiuta. L'oggetto messo in primo piano, in evidenza, come portatore di senso."
L'edizione 2015 - L'immagine e la parola
Daniela Persico a Domani è un altro giorno (Rete Due 11.3.16)
RSI Info 11.03.2016, 12:30