Dopo l'evento speciale del primo giorno Sea Sorrow di Vanessa Redgrave, il Festival di Cannes è tornato a parlare di migrazione con Jupiter’s Moon dell’ungherese Kornél Mundruczò. Ma se l’opera prima della grandissima attrice britannica mescola documentario e teatro per descrivere con la massima aderenza alla verità storica il dramma dei migranti, Jupiter’s Moon cerca di arrivare allo stesso risultato attraverso una favola surreale e, a tratti, consolatoria.
Jupiter's Moon
Il problema è quello di coloro che oggi, passando per la Serbia, arrivano illegalmente in Ungheria. Qui trovano una forte opposizione della polizia locale: il governo magiaro ha recentemente restaurato le norme che erano in vigore prima del 2013, quando furono soppresse su richiesta dell'Unione Europea, della Corte Europea dei diritti umani e dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Da allora i migranti vengono custoditi in centri di raccolta dove devono restare finché la loro domanda di asilo o immigrazione riceve una risposta negativa o positiva.
I protagonisti del film di Mundruczò a confronto
Ma nel film il comportamento delle forze dell’ordine (in conformità con le accuse di tanti cittadini ungheresi che hanno assistito a pestaggi e li hanno denunciati) assume, durante gli inseguimenti nei boschi, caratteri di estrema violenza. Qualcuno ha il grilletto facile, con conseguente necessità di occultare dei cadaveri.
La sorpresa favolistica in Jupiter’s Moon arriva quando un giovane siriano colpito da diversi colpi di arma da fuoco sul costato, guarisce senza cure e assume la capacità di levitare, quasi fosse l’unico modo per un migrante di acquisire la libertà.
Un'altra immagine del migrante siriano in volo
Se la stampa internazionale ha giustamente giudicato il film come troppo ambizioso e con una serie eccessiva di situazioni ripetitive, bisogna dargli il merito di avere affrontato una questione di grande attualità come la non accettazione – per non dire la violenza – nei confronti dei rifugiati; di aver riconosciuto una grande dignità in chi arriva e di aver spostato la salvezza sul piano del sogno, quindi impossibile.
Al progetto ha partecipato anche Michel Merkt, produttore svizzero basato a Montecarlo e presente a Cannes con vari titoli.
Francesca Felletti