Analisi

La vera impronta globale della Svizzera

Mentre le emissioni interne sono in costante calo, tenendo conto di quelle legate a produzione e trasporto dei beni consumati nel Paese, il quadro cambia completamente

  • 27 marzo, 05:30
  • 27 marzo, 07:43
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Solo il trasporto di prodotti e materie prime in Svizzera corrisponde a quasi la metà delle emissioni totali interne del Paese

  • Keystone
Di: Pascal Albisser, Julian Schmidli (SRF)/sf 

La Svizzera si presenta come un esempio in materia di sostenibilità: fiumi puliti, elettricità pulita, riciclaggio diffuso. Anche per quanto riguarda il bilancio climatico, la Svizzera ama esibire una pagella da primo della classe. In un nuovo rapporto dell’ONU, il Consiglio federale sottolinea come le emissioni di gas serra pro capite in Svizzera siano costantemente diminuite dal 1990 e ora sono al di sotto della media mondiale.

Questo però è solo un quadro parziale. Perché c’è un secondo valore che viene raramente menzionato e che vanifica il bilancio climatico della Svizzera: le emissioni importate. Queste si generano durante la produzione e il trasporto di beni all’estero che vengono poi importati in Svizzera e qui consumati. Contando anche le emissioni importate, la Svizzera ha uno dei valori di emissioni pro capite più alti al mondo.

SRF Data ha analizzato dati esclusivi del Politecnico di Zurigo, che forniscono una visione dettagliata di dove i consumatori svizzeri lasciano la loro impronta a livello mondiale. I dati mostrano che attualmente le emissioni importate sono circa 3,75 volte superiori a quelle domestiche.

Un lungo viaggio fino al negozio

Forse state pensando di acquistare delle nuove cuffie. La maggior parte dei negozi le offre a prezzi convenienti. In Svizzera, fino al momento della vendita, causano poche emissioni, per esempio per il trasporto al negozio o lo spazio di stoccaggio. La maggior parte dei gas serra è stata emessa nella catena di approvvigionamento all’estero. Le confezioni della maggior parte delle cuffie danno già un’indicazione: Made in China.

L’importazione di beni genera enormi quantità di gas serra. Solo il trasporto di prodotti e materie prime in Svizzera via nave, camion e aereo causa circa 18 milioni di tonnellate di gas serra all’anno. Questo dato da solo corrisponde a quasi la metà delle emissioni totali interne della Svizzera nel bilancio climatico ufficiale.

Un’analisi delle catene di approvvigionamento di tutti i settori mostra che durante la produzione si generano molti gas serra. Questi non vengono però conteggiati nel bilancio climatico svizzero, ma in quello dei Paesi produttori. Solo nei Paesi confinanti, si producono diversi milioni di tonnellate di CO₂ o gas serra equivalenti per conto dei consumatori svizzeri, ad esempio per alimenti, vestiti o materiali da costruzione. Le emissioni interne svizzere sono di 23,57 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente, mentre quelle nel resto dell’Europa legati ai consumi elvetici raggiungono le 34,39 milioni di tonnellate.

La Germania è ai primi posti anche a causa del carbone, che serve a produrre parte dell’elettricità che alimenta l’industria tedesca. Nella lavorazione delle materie prime e nella produzione di prodotti, il consumo di energia elettrica è un fattore importante. A differenza del mix energetico rispettoso del clima in Svizzera, molti Paesi utilizzano ancora energia elettrica a basso costo prodotta dal carbone. La produzione di elettricità è responsabile di un quinto di tutte le emissioni causate dai consumi svizzeri.

Nessun Paese dipende dal carbone quanto la Cina e i beni consumati in Svizzera causano annualmente circa 8,17 milioni di tonnellate di emissioni nel Paese, di cui 2,47 milioni dovute all’elettricità prodotta dalle oltre 3’000 centrali a carbone cinesi, mentre altre 671 sono pianificate o in costruzione.

Al di là dell’energia, per la produzione di cuffie o altri dispositivi elettronici, numerosi componenti devono essere fabbricati e assemblati. Per la batteria sono necessari metalli come il litio, oltre al rame e alle terre rare. Queste materie prime vengono estratte principalmente in miniere e lavorate in fabbriche dell’Asia centrale e sudorientale (6,75 milioni di tonnellate) e del Medio Oriente.

Ogni settore è diverso

Quali processi produttivi sono necessari e quali generano i gas serra dipende molto dal settore specifico. L’analisi delle catene di approvvigionamento di 130 diversi settori mostra che i prodotti e i servizi dell’industria edile causano la maggior parte delle emissioni. La categoria più grande è la produzione di cemento (3,48 milioni di tonnellate), le cui emissioni si verificano in gran parte in Svizzera.

Il quadro cambia per la produzione di beni d’importazione come macchinari, mobili o gioielli, dove praticamente tutte le emissioni avvengono all’estero, una gran parte nei Paesi del Medio Oriente.

Una gran parte delle emissioni legati ai consumi svizzeri è costituita da vari tipi di sostanze chimiche. Queste includono saponi, cosmetici o medicinali per ospedali, con la maggior parte delle emissioni nel 2021 in Russia, Cina e altri paesi dell’Asia centrale e sudorientale.

Attenzione sulle emissioni interne

Il Consiglio federale si orienta, nel suo rapporto all’ONU e nelle misure per raggiungere gli obiettivi climatici, al cosiddetto principio “territoriale” o “basato sulla produzione”. Questo si riferisce all’Accordo di Parigi sul clima e stabilisce che ogni Paese deve occuparsi delle emissioni all’interno dei propri confini nazionali.

Di conseguenza, i Paesi dove si concentra la produzione, come la Cina, devono ridurre di più le emissioni rispetto a Paesi come la Svizzera, che importa la maggior parte dei prodotti. Secondo i critici è un sistema che distorce le responsabilità e porterebbe al cosiddetto “carbon leakage”, lo spostamento della produzione inquinante all’estero per alleggerire il bilancio nazionale. Ciò renderebbe le catene di approvvigionamento globali ancora più dannose per il clima, come nel caso delle centrali a carbone in Cina.

Secondo Stephan Pfister, professore al Politecnico di Zurigo, il principio territoriale aiuta la Svizzera a raggiungere più facilmente il suo obiettivo climatico: “Alla fine, ci si ‘libera’ perché economicamente non si dipende dalla produzione dei materiali”. Per Pfister è chiaro: “Se la Svizzera vuole contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici, deve farlo anche attraverso le sue catene di approvvigionamento”. La Svizzera ha un alto valore aggiunto e può esercitare pressione nei Paesi fornitori o investire direttamente in misure di protezione del clima. In definitiva, sia i produttori che i consumatori hanno una responsabilità.

Catene di approvvigionamento come leva

L’UE ha risposto con una direttiva in materia di sostenibilità aziendale, entrata in vigore nel 2024, che dà tempo fino all’anno prossimo alle grandi aziende per esaminare le loro catene di approvvigionamento. Uno studio commissionato dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) nel 2020 ha concluso che l’impatto ambientale nelle catene di approvvigionamento è molto maggiore rispetto all’impatto ambientale diretto dell’azienda stessa, per la maggior parte dei settori esaminati.

In generale i primi anelli della catena, in particolare l’estrazione delle materie prime e i fornitori a monte, hanno un impatto ambientale maggiore. Per migliorare la loro impronta, l’UFAM raccomanda alle aziende svizzere di dare maggiore peso ai criteri ambientali nella selezione dei fornitori e di utilizzare questa leva per convertire l’intera catena di approvvigionamento alle energie rinnovabili.

Metodologia e dati

I dati si basano su un modello MRIO (Exiobase3) che traccia gli impatti ambientali lungo le catene di approvvigionamento globali. I dati sono stime calcolate. Sono stati forniti dall’Istituto di ingegneria ambientale del Politecnico federale di Zurigo e analizzati dalla SRF.

I numeri relativi alle centrali a carbone in Cina provengono dal Global Coal Plant Tracker (aggiornato a gennaio 2025).

CO₂e significa CO₂ equivalente e si riferisce a un’unità di misura che converte diversi gas serra con il loro diverso impatto climatico in un’unità comune.

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La durabilità dei materiali da costruzione

Il Quotidiano 25.03.2025, 19:00

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