Solo currywurst, kebab e patatine fritte? Macché. Il trenino di sei roulotte ambulanti, agganciate all’angolo tra Alte Potsdamer Strasse e Varian-Fry-Strasse, mettono lì menu che tirano in ballo insalate multietniche da Street Food. Cozze, nachos, spätzli, zuppe di mais e tante altre cose che vedi infilate in cartoncini take-away tra le mani di festivalieri e passanti. “Qui non trovi solo tutte le cucine del mondo come a Londra, ma ce n’è anche una locale forte che ha voglia di dialogare con le altre” ci dice Gianna di Amburgo, davanti al suo Social Bus dove si vendono acqua e bibite a chilometro zero.
Il Social Bus e Gianna, una delle sue promotrici
Del resto, è ormai da 8 anni che, qui alla Berlinale, l’abbraccio tra cinema e cibo ha trovato un matrimonio ufficiale, con la nascita di una sezione specifica, il “Kulinarisches Kino”, voluta direttamente dal direttore Dieter Kosslick, buona forchetta e membro di Slow Food International. Una sezione che, detto senza tanti antipasti, funziona così: prima la proiezione di film sul cibo, con tutte le sue portate politico-ecologiche, poi cene imbandite da chef sullo stesso tema. E così, può capitare di imbattersi in un documentario come “Il segreto di Otello” di Francesco Ranieri Martinotti che passa al setaccio una trattoria storica romana, per anni posto di ritrovo e di condivisione per tanti di quei registi che hanno fatto grande il cinema italiano. Condivisione che, per altri versi, sembra diventata la password d’accesso a molte attività di Berlino. “Non so se è per la crisi o se è una moda moderna” scherza un ragazzone con la felpa come Lukas “ma qui ormai è tutto uno sharing di qua e uno sharing di là. Dal cibo in eccesso agli abbonamenti della metro, fino a quelle cose del crowdfunding. Ci manca solo che qui facciamo anche lo sharing delle fidanzate”. Poi ride sotto la sciarpa e armeggia negli appositi anelli di metallo, in uno spiazzo vicino al Tiergarten, dove riposteggia una bicicletta a uso collettivo.
Una postazione di “bike sharing” vicino al Tiergarten
Una volontà di compartecipare, insomma, che ovviamente non si diffonde solo a Berlino, ma che qui pare acquistare un valore aggiunto, visto che si inserisce nella città che più di tutte ha vissuto sulla propria pelle gli eczemi delle divisioni. Così, se da una parte, ci sono pagine facebook come
Free Your Stuff Berlin, in cui gli utenti possono dare o ricevere cose senza passare per i soldi, dall’altra, la necessità di fare fronte comune ha portato anche a una condivisione di regole e di responsabilità per impedire i rischi di infiltrazioni malavitose. È quello che è successo, nel campo della ristorazione italiana, con l’operazione “Mafia? Nein Danke”, nata per libera iniziativa di un gruppo di proprietari di locali. “Chi si è iscritto” ci racconta al telefono l’italo-berlinese Laura Garavini, ora deputata a Roma, che nel 2007 ha fatto da capofila al progetto ”si è impegnato per iscritto a denunciare alla polizia ogni tentativo di estorsione e a non assumere nessuno che fosse in contatto con ambienti mafiosi. E i risultati si sono subito visti”.
La trattoria a’ Muntagnola in Fuggerstrasse, una della prime ad aderire a “Mafia? Nein Danke”
Condivisione di orizzonti comuni che in questo momento trovano motivo di frizione, se invece ci spostiamo nei rapporti che legano la comunità greca di Berlino con quanto sta succedendo ai piani più alti della politica. E per averne una prova, abbiamo seguito ancora una volta la via del cibo, facendo sosta in un ristorante di cucina greca in città, proprio nel giorno in cui l’Eurogruppo si riunisce a Bruxelles per decidere a proposito delle richieste di Atene. Alla Taverna To Koutouki, a Kreuzberg, gestita da esercenti – ci dicono - andati via dalla Grecia al tempo dei colonnelli, sulle prime c’è poca voglia di parlare. Con i proprietari che si limitano a rilasciare un laconico e indistinto “tutto bene, tutto bene”, iniziamo a cercare tra i i clienti, finché non troviamo chi ha voglia di sbottonarsi un po’ di più.
L’insegna della taverna greca To Koutouki a Kreuzberg
“Vengo da una famiglia greca” racconta Gregorios ma sono nato a Berlino e qui mi trovo bene. Berlino però non è la Germania dove ormai c’è un pensiero unico, perché oltre alla Merkel c’è solo la Merkel e poi ancora la Merkel, come in una matrioska. Io sono tutto dalla parte di Tsipras e spero vada avanti così”. Un pensiero che non viaggia sulle stesse frequenze di chi come Clio si trova su posizioni più integrate. “A me la storia di chiedere i soldi alla Germania per il passato nazista sembra ridicola. Lo dico a malincuore, ma in Grecia ci si doveva muovere prima, per anni hanno fatto le cicale e adesso è troppo tardi”. Un fastidio che trova entrambi uniti su una questione. “Comunque vadano a finire le cose” dicono più o meno tutti e due “noi subiamo un danno. Siamo sempre stati visti come una comunità che non dava problemi, ora ci fanno le battute e, nell’immagine pubblica, veniamo dipinti tutti come sfaticati o inaffidabili”. La percezione di un’ingiustizia che per una sera trova nel pasto con gli aromi di casa - anche in questo caso - un senso di condivisione, ma stavolta è una condivisione dal sapore consolatorio.
Lorenzo Buccella