Mentre i media tracciano dei nuovi bilanci sulle vittime dell’attacco israeliano in Libano – secondo al Jazeera i raid israeliani hanno causato la morte di più di 700 persone nel Paese da lunedì – si moltiplicano gli appelli per un cessate il fuoco.
Finanche per chiedere alla Svizzera di favorire il dialogo, come ha fatto Jules Boutros, vescovo della Chiesa di Antiochia dei Siri. “In Libano – ha spiegato preoccupato il religioso alla RSI - purtroppo siamo già in piena guerra. In questi ultimi tre giorni, ogni giorno ci sono più di 300-400 attacchi al giorno. Non sappiamo come finirà e quando finirà. Si parla di possibilità di negoziazione, si parla di attacco via terra, di invasione”.
Il vescovo si dice preoccupato per le ipotesi che circolano circa i prossimi obiettivi di Israele, a partire da porti e aeroporto del Libano. “Questa – ha riferito - sarà la catastrofe”. L’accoglienza di coloro che fuggono dai raid avviene innanzitutto nelle scuole statali, ma anche in monasteri, parrocchie, da parenti e amici senza sapere quando tutto ciò avrà fine. “La Svizzera – chiosa - come sempre ha fatto, potrebbe avere un ruolo di riconciliazione. La Svizzera può parlare dei diritti dell’uomo, della dignità dell’uomo”.
Prima delle intense operazioni militari di questa settimana, più di 111’000 persone, tra cui più di 39’000 bambini, erano già state sfollate da villaggi e città nel sud del Libano. È molto probabile che ora vengano sfollate per la seconda volta, sostiene l’UNICEF che segnala anche che 30’000 persone sono rimaste senza acqua potabile.