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“Nessun piano per gli sfollati di Rafah”

Un giornalista racconta alla RSI le difficili condizioni di vita di chi vive a sud della Striscia, “si muore di fame e sete”

  • 27 febbraio, 05:43
  • 27 febbraio, 21:23

La testimonianza da Gaza

Telegiornale 26.02.2024, 12:30

Di: TG/sdr

A Gaza all’enorme precarietà si aggiunge l’incertezza legata al destino del milione mezzo di profughi accampati a sud della Striscia. Un giornalista palestinese al valico con Rafah, Kahlout Safwat, ha spiegato alla RSI come un numero incredibilmente alto di questi sfollati continui a girovagare per i territori con le poche cose che hanno. Nei giorni scorsi l’esercito israeliano ha presentato un piano per lo sfollamento della popolazione civile dalle “zone di combattimento” della Striscia di Gaza con tanto di annuncio da parte dei servizi del primo ministro Benjamin Netanyahu.

L’annuncio precede l’attesa offensiva israeliana proprio a Rafah, l’affollata cittadina nel sud del territorio palestinese che è stata presentata da Netanyahu come “l’ultimo bastione” del movimento islamista Hamas.

Il piano di sfollamento per Rafah non sembra possibile al giornalista sul posto, Kahlout Safwat, e al TG della RSI ne spiega i motivi. Non c’è un piano, riferisce, un programma organizzato per ricevere questa gente in altre zone, manca un piano completo per i profughi per fornire acqua, cibo. Chiedono alle persone solo di lasciare le terre. “A livello umanitario - spiega - le condizioni di vita sono abbastanza dure. Non c’è abbastanza cibo, non c’è abbastanza acqua. La gente fa lunghe file per ricevere un po’ da bere, pane. A Gaza City, che è già completamente isolata dalla zona centrale e dal sud, c’è mancanza incredibile di cibo, la gente muore di fame. Siamo nel 2024, conclude Safwat, e c’è ancora gente che muore di fame”.

Un’altra giornalista, Francesca Caferri, rammenta come siano le Nazioni Unite a dire che un piano di sfollamento a Rafah di questo tipo non è realistico. L’85% della popolazione di Gaza si è già spostata, si è trasferita prima verso il centro poi verso il sud . Ora, spiega la reporter, si dovrebbe muovere ancora. Non ci sono le condizioni per spostare di nuovo 1,5 milioni di persone - riprende - su 2,3 milioni che erano gli abitanti di Gaza prima del 7 ottobre. Non esistono le condizioni per farlo in sicurezza, non c’è lo spazio fisico e non c’è neanche quello per combattere con tutte queste persone ammassate in un’area veramente limitata. Lo dicono le Nazioni Unite, lo dicono le grandi organizzazioni internazionali: “L’esercito può sicuramente aver messo a punto un piano, ma questo non significa che possa esistere un’evacuazione in sicurezza per chi in questo momento si trova a Rafah”.

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