Mondo

“Non smetterò mai di cercare i miei figli”

Cecilia Flores e il collettivo “Madres buscadoras de Sonora” alla ricerca dei desaparecidos: tra minacce, fosse clandestine e cartelli messicani della droga

  • Oggi, 15:06
  • Oggi, 15:15
11:26

Alla ricerca dei figli scomparsi

Falò 11.03.2025, 21:10

Di: Falò/YR 

“Stiamo andando in un posto dove mi hanno detto che potrei trovare il corpo di mio figlio.” Cecilia Flores Armenta, fondatrice del collettivo “Madres buscadoras de Sonora”, si prepara a una delle sue innumerevoli spedizioni alla ricerca di Alejandro, il figlio sequestrato nel 2015, mentre andava al lavoro a Juan José Rios, nello Stato di Sinaloa. Cecilia non cerca solo lui ma anche Marco Antonio, l’altro figlio rapito nel 2019, e le migliaia di desaparecidos che il Messico sembra aver dimenticato.

Da nove anni, Cecilia sfida il potere dei cartelli della droga e l’indifferenza delle istituzioni. Finora, i 230 Collettivi di madri hanno scoperto oltre tremila fosse clandestine, portando alla luce migliaia di cadaveri. “Non ci sono solo i miei due figli scomparsi: ci sono migliaia di desaparecidos, che, come esseri umani, hanno il diritto di essere cercati e hanno il diritto di tornare a casa, vivi o morti.”   

L’incontro con gli assassini del figlio Alejandro

Alejandro è stato preso dai sicari del cartello della droga più potente del Messico. Il boss era il Joaquin Guzman, detto El Chapo, ora in carcere negli Stati Uniti. “Mio figlio non era un criminale. Andava a lavorare ma era in compagnia di una persona implicata nei sequestri: era lui il delinquente. Mio figlio era con lui e i sicari lo hanno preso per togliere di mezzo il testimone di un delitto”.

Cecilia ha incontrato i sicari di Alejandro: “Ho bussato alla porta dei killer. Li ho trovati anche se le autorità sostenevano di non riuscire a individuarli e di non potere fare nulla senza una denuncia dettagliata”. Da loro ha saputo che il corpo del figlio è stato abbandonato in una laguna prosciugata chiamata Patolandia.

Nonostante abbia fornito prove e un’indagine completa alla polizia, nulla è stato fatto. “A nove anni dalla scomparsa di Alejandro e a cinque da quella di Marco Antonio, tutto è stato insabbiato”.

Le spedizioni per trovare risposte

Nel corso delle sue busquedas (ricerche), Cecilia e le altre madri vengono spesso scortate da un imponente schieramento di forze armate: marina, esercito, guardia nazionale. Tra di loro non ci sono solo madri, ma anche nonne che cercano i nipoti, ragazze che cercano il marito, il padre o il fratello. Ognina indossa una maglietta con una foto, un nome e una promessa: Te buscarè hasta encontrarte (Ti cercherò finché non ti avrò trovato).

“Avete trovato corpi in questa zona?” chiede qualcuno. “Sì. Hai visto quando siamo entrati, il terreno è smosso: là abbiamo trovato delle ossa. Per me è chiaro che hanno gettato i cadaveri vicino al bordo della palude”. A Patolandia, più di quaranta cadaveri sono già stati esumati.

In Messico le vittime del narcotraffico non vengono solo fatte sparire in fosse clandestine situate in luoghi remoti. Alcuni corpi vengono bruciati nelle carboneras, sciolti nella soda caustica, smembrati e gettati in pozzi e discariche, sotterrati nelle fincas, nelle foreste o sulle montagne.

Milioni di messicani sono emigrati per sfuggire alla violenza, ma Cecilia non può andarsene. “Non so cosa farò il giorno in cui torverò mio figlio. Ma credo che fino a quando sarà desaparecido, non smetterò mai di cercarlo. Solo la morte mi impedirà di farlo.”

La guerra ai cartelli della droga ha trasformato il Paese

La guerra alla droga lanciata nel 2006 dal governo messicano, invece di sconfiggere i cartelli, ha provocato oltre 400’000 morti e almeno 100’000 desaparecidos. I cartelli si sono adattati e hanno rafforzato il loro dominio, grazie anche alla corruzione dilagante. Lo scorso anno è stata registrata un’escalation di violenza legata al narcotraffico, con oltre 31’000 omicidi registrati. “Non dico che le istituzioni siano al 100% corrotte, ma almeno il 50% è coinvolto nelle attività dei cartelli”, afferma Cecilia.

I numeri riflettono l’intensità del conflitto tra i cartelli della droga e le forze dell’ordine, nonché le lotte interne tra i cartelli stessi, che hanno portato massacri, femminicidi, omicidi di giornalisti, esecuzioni sommarie e violazioni dei diritti umani. Intere regioni del Messico sono ormai sotto il controllo dei cartelli, mentre la frontiera con gli Stati Uniti è diventata un crocevia per il traffico di esseri umani. Si stima che questo business frutti ai criminali oltre dieci miliardi di dollari l’anno.

rsi_social_trademark_WA 1.png

Entra nel canale WhatsApp RSI Info

Iscriviti per non perdere le notizie e i nostri contributi più rilevanti

Correlati

Ti potrebbe interessare