A Mosca c’è cautela mista a scetticismo rispetto alla proposta uscita dai colloqui di Gedda di un cessate il fuoco in Ucraina, avanzata da Kiev e da Washington. Ma dunque, si può credere in queste trattative di pace? Lo abbiamo chiesto all’ex ambasciatore francese in Siria Michel Duclos, autore del saggio “La guerra in Ucraina ed il nuovo ordine mondiale” e oggi special advisor in geopolitica e diplomazia dell’Institut Montaigne di Parigi.

Tregua in Ucraina: una delegazione USA vola a Mosca
Telegiornale 12.03.2025, 20:00
Trump ha ragione a cercare un dialogo con Putin?
“Credo che anche una presidenza degli Stati Uniti diversa da quella attuale avrebbe cercato il dialogo con Vladimir Putin. Se avesse vinto Kamala Harris l’approccio sarebbe stato molto diverso nella forma, ma in fondo non molto diverso sulla sostanza. E anche Joe Biden ha sempre detto che era scettico a delle trattative con Mosca senza il via libera da Kiev, ma personalmente non era contrario all’idea di parlare con Putin”.
La forma però in diplomazia è importante. Cosa pensa del “metodo Trump”?
“È decisamente scioccante perché va in completa rottura con la tradizione. Rappresenta un mondo di valori, sentimenti e percezioni che non sono quelli europei o delle democrazie. Ma ciò non significa che questa tattica negoziale sia sbagliata. Ha concesso da subito a Putin sia il congelamento dei territori conquistati in Ucraina che la non integrazione di Kiev nella NATO. Ma queste concessioni, ormai era chiaro a tutti, avrebbe dovuto obbligatoriamente farle qualsiasi amministrazione americana fosse stata eletta. Trump ha messo spalle al muro gli ucraini. Ora si tratta di capire se sarà in grado di fare lo stesso con i russi”.
E ancora sul “metodo Trump”, secondo lei il litigio nello Studio Ovale fu un’imboscata premeditata a Zelensky o semplicemente una discussione che ad un certo punto è degenerata?
“Credo che da parte del vicepresidente J. D. Vance l’imboscata fosse premeditata, ma da Donald Trump no”.
La strategia di destabilizzare pubblicamente Zelensky non è però molto pericolosa anche per gli Stati Uniti? Non incoraggia Putin a continuare nella sua aggressione?
“È molto pericolosa, ma al contempo è rivelatrice. Ci dice che Trump e la sua squadra, purtroppo, sono più vicini a Putin che a Zelensky. E che ci sono profonde affinità tra Trump e la Russia. C’è una visione comune degli affari mondiali”.
Crede che per Trump sia più facile capire la Russia che l’Europa?
“Penso che Trump abbia una convinzione profonda: crede che gli alleati dell’America abbiano abusato degli Stati Uniti per decenni. Quando si incontra con i suoi partner stranieri lo dice apertamente: ‘Vi siete approfittati di noi per molto tempo. Ora è finita’. E ovviamente non la pensa allo stesso modo quando si parla di Putin. Nella ormai famosa, ma terribile, scena nello Studio Ovale, ad un certo punto Trump dice: ‘Anche Vlad ha sofferto molto dal 2017’. E questo significa che si identifica a livello personale con Putin”.
Insomma: niente Ucraina nella NATO, a Trump i minerali rari e a Putin Donbass, Crimea, Zaporizhzhia e Kherson. Sarà questo l’accordo?
”Non ne sono sicuro. La vera domanda da porsi è la seguente: qual è la priorità di Trump? Fare la pace a tutti i costi? Oppure andare ad un reset nelle relazioni tra Stati Uniti e Russia? Se la sua priorità è la pace, allora possiamo ancora convincerlo del fatto che un buon negoziatore non deve scendere a compromessi ad ogni costo, che sarebbe da codardi. Ma se la sua priorità è il reset, allora c’è poco da fare”.

Michel Duclos è autore del saggio “La guerra in Ucraina ed il nuovo ordine mondiale”
L’alleanza tra Stati Uniti ed Europa è davvero in pericolo?
“Credo che siamo di fronte alla fine delle relazioni transatlantiche come le abbiamo conosciute finora. È anche la fine della NATO? Non necessariamente. Ma se sopravviverà sarà una NATO riconfigurata, nella quale gli Stati Uniti concederanno la loro protezione solo ad un numero ridotto di alleati, in cambio di considerevoli vantaggi economici. Si potrebbe dire che l’alleanza era sbilanciata, che c’è sempre stata un’egemonia americana e così via. È possibile. Ma si trattava comunque, almeno legalmente e nelle apparenze, di un’alleanza”.
Lei è stato ambasciatore della Francia, crede nell’ombrello nucleare francese proposto da Emmanuel Macron?
“L’importante non è che io ci creda o meno. L’importante è che Germania, Polonia e Russia ci credano. E quindi il nostro obiettivo deve essere quello di trovare le condizioni per cui questi tre Paesi possano crederci”.
L’Europa sembra nel panico, con le spalle al muro. Crede che questa situazione potrebbe – paradossalmente – essere positiva e permetterle nei prossimi anni di assumersi più responsabilità?
“La formula che uso è la seguente: gli europei devono diventare gollisti... e i britannici diventare europei. Io credo che i britannici continueranno a pensare che il loro futuro economico sia a fianco degli Stati Uniti. Ma il loro futuro in termini di sicurezza è con l’Europa”.
Cosa glielo fa dire?
“Personalmente sono stato molto impressionato dalle audizioni di quattro ex ambasciatori britannici a Washington alla Camera dei Lord. Per indenderci: sto parlando delle élites dell’establishment diplomatico britannico. Ebbene, tutti hanno affermato che non si può più fare affidamento sugli Stati Uniti per scopi nucleari o di intelligence. Vista da Parigi questa situazione sembra abbastanza incredibile: si tratta di una totale rivalutazione del ruolo e delle opzioni di Londra e Berlino. E anche Friedrich Merz ora dice che la Germania deve diventare indipendente. Detto questo, fino a che punto possono arrivare? Credo che a Londra ci sia più unanimità e consenso. E che Merz invece stia correndo molti rischi, potrebbe restare isolato”.
Se la Germania dovesse spendere il 2% del suo PIL in armamento, tempo 10 anni diventerebbe la terza potenza militare al mondo: questo cambierebbe gli attuali equilibri?
“Si, completamente. E se devo dirle la verità è una delle ragioni per le quali penso che la Francia debba prendere sul serio la proposta di estensione del suo ombrello nucleare”.
Un eventuale accordo di cessate il fuoco in Ucraina sarebbe una garanzia di pace?
“Innanzitutto, non penso che Putin accetterà i termini dell’attuale cessate il fuoco. Vorrà ottenere di più. Tuttavia, dovrà agire con prudenza. Potrà sfruttare la buona volontà di Trump per ottenere maggiori concessioni, ma non dovrà esagerare nelle richieste, altrimenti il presidente degli Stati Uniti potrebbe opporsi. Credo che la pace, o almeno un armistizio, se mai arriverà, non sarà raggiunta prima di diverse settimane, poiché i russi cercheranno ancora di tirare la corda”.
Lei dunque è molto prudente...
“Si, ora penso che tutto dipenderà dalla reazione di Trump... a quella di Putin”.

Tregua in Ucraina, intervista a Rosalba Castelletti
Telegiornale 12.03.2025, 12:30