In Cina si apre oggi, domenica, il Congresso del Partito Comunista: un appuntamento quinquennale che dovrebbe ridefinire gli equilibri politici nel Paese. I lavori dovrebbero concludersi sabato prossimo e quindi i nomi della nuova leadership saranno resi noti il giorno successivo. Non ci sono anticipazioni, ma è probabile che ci saranno modifiche allo statuto per rafforzare la figura di Xi Jinping, segretario generale.
In quest’ottica, c'è spazio per il dissenso nel Partito comunista di Xi Jinping? E quali sono le incognite di questo congresso? La RSI lo ha chiesto al sinologo Jean-Philippe Béja:
“Ci sono sempre delle incognite. Loro sanno cosa hanno deciso noi assolutamente no. E devo dire che la situazione della politica cinese, soprattutto da quando Xi Jinpin è arrivato al potere, è sempre meno trasparente. Quindi ci sono pochissime informazioni che filtrano prima. Però ovviamente qualcuna c’è: ad esempio si sa che Xi Jinping sarà di nuovo nominato per un terzo mandato di segretario generale, ma chi sarà promosso al Comitato permanente dell'ufficio politico? Chi sarà promosso all'ufficio politico, dato che la maggioranza dei membri hanno raggiunto il limite d'età? Questo non lo si sa. Quello che staremo a guardare è proprio di sapere se quelli promossi sono fedeli di Xi o se c'è ancora un minimo di equilibrio fra le diverse fazioni”.
In passato, quindi, c'era più equilibrio tra le fazioni. Mentre adesso Xi e i suoi fedelissimi sembrano aver occupato tutto il Politburo…
“Assolutamente. Quando è arrivato al potere nel 2012 era una personalità di compromesso. Le principali fazioni si erano messe d'accordo su una personalità che sembrava abbastanza innocua e che non aveva una base molto importante. Era un po’ un uomo solo, ma durante i dieci anni che è stato al potere è riuscito a eliminare tutti i rappresentanti rlevanti delle fazioni e a promuovere gente che gli è fedele e continuerà a non governare con il consenso, ma ad essere il grande leader. Il nucleo della direzione, come dice lui”.
Come è riuscito a mettere nell'angolo i suoi avversari interni?
“Ha usato la campagna contro la corruzione, che ovviamente all'inizio aveva una certa popolarità, e soprattutto il Comitato di controllo e della disciplina interna del partito per eliminare questi rivali, accusandoli di essere corrotti. Usando l'apparato del partito è riuscito a rimettere il partito ai suoi ordini”.
Si sa qualcosa sulla dissidenza cinese esiste ancora. Non ci sono molte tracce visibili per noi, ma esiste ancora?
“Non si vede molto, ma ieri per esempio una persona ha messo uno striscione a Pechino in centro per denunciare la dittatura e per chiedere elezioni del leader. Ci sono stati professori e anche un ex milionario che ha denunciato la politica di Xi contro il Covid-19 e che è stato condannato a 18 anni di prigione. Il malcontento esiste. Gente che osa parlare esiste anche. La cosa molto difficile è organizzarsi perché Xi Jinping ha lanciato una grande offensiva contro le organizzazioni della società civile e contro gli avvocati difensori dei diritti umani che adesso sono costretti ad avere un profilo basso. Quindi sì, c’è dissidenza, ma che questa possa esprimersi e organizzarsi è più problematico”
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