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Taiwan, una democrazia nel mirino

Taipei si dice pronta a rispondere alle incursioni cinesi, mentre Pechino punta (come sempre) all'annessione della cosiddetta provincia ribelle

  • 9 ottobre 2022, 06:42
  • 20 novembre, 14:47
20:59

Taiwan, il reportage di Loretta Dalpozzo - Falò, 6.10.2022

RSI Info 07.10.2022, 13:31

Di: Loretta Dalpozzo 

"Conosce la storia di Davide e Golia narrata nella Bibbia?" mi chiede Su Tzu-yun, analista politico, in una recente intervista a Taipei: "Un pastorello armato di fionda, fede e coraggio, uccide un gigante brutale. Non è solo una teoria", continua, "Taiwan è in grado di resistere ad un possibile attacco militare cinese".

Taiwan ha avvertito mercoledì che riterrà qualsiasi incursione cinese nel suo spazio aereo come un "primo colpo", atto di guerra, confermando il cambiamento della definizione, in seguito alle ripetute violazioni dello spazio aereo con droni e jet da combattimento.

Pechino rivuole "la provincia ribelle"

A pochi giorni dal Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese (il 16 ottobre), che consoliderà il potere di Xi Jinping, ci si chiede se il presidente cinese stringerà ulteriormente la morsa sull’isola durante il suo storico terzo mandato. Il leader della Repubblica popolare cinese non ha mai nascosto l’ambizione di annettere Taiwan pacificamente o con la forza e secondo il direttore generale dell’Ufficio per la sicurezza nazionale dell’isola auto-governata, Chen Ming-tong, le autorità di Pechino sono nella fase di rafforzamento della campagna "anti-indipendenza e promozione della riunificazione" e continueranno la loro missione con la "coercizione e intimidazione". Gli esperti sono divisi però sulla scadenza che Pechino si sarebbe imposta per raggiungere il suo obiettivo. 2027, 2049, 2072 sono le date citate, in contrasto con le speculazioni di un’azione militare imminente.

Per capire l’alta carica emotiva dietro alle tensioni, bisogna tornare alla guerra civile in Cina, tra i comunisti di Mao Tse Tung e i nazionalisti guidati da Chiang Kai Shek. Nel 1949, i nazionalisti si trovarono in gravi difficoltà e Chiang Kai Shek decise di portare il suo esercito sull’isola di Taiwan, nella speranza di riorganizzarsi e riconquistare i territori perduti. Quell’anno istituì una sorta di Governo in esilio, che i comunisti non sono mai stati in grado di portare sotto il loro controllo.

Per Pechino, Taiwan è una provincia ribelle, un affare in sospeso, ma anche un polo di grande importanza geopolitica, economica e strategica. La sua popolazione, 23 milioni di persone più ricche e più libere dei cugini sulla terraferma, sostiene sempre meno l’unificazione o il modello "un paese, due sistemi" proposto da Pechino. E conquistarne cuore e mente è ormai missione impossibile.

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