Acque minerali purissime versate nei bicchieri come se fossero state prelevate direttamente dalle fonti tra le montagne, magari naturalmente gasate. In realtà per anni i grandi gruppi agroalimentari che controllano il mercato francese hanno comunque trattato un terzo delle acque minerali messe in vendita con micro filtri, carboni attivi, raggi ultravioletti, a volte persino miscelando le con l’acqua del rubinetto oppure aggiungendovi artificialmente le bollicine. E questo in contrasto con la regolamentazione vigente dal 2001.
Nell’occhio del ciclone, secondo un’inchiesta del quotidiano Le Monde della tv pubblica France Television, è finito anche il gruppo Nestlè con l’insieme delle sue acque minerali. La multinazionale svizzera ha ammesso alle autorità francesi fin dal 2021 di non aver rispettato le regole, ma con la finalità di limitare i rischi di contaminazioni batteriologiche e potendo così mantenere poi i ritmi di produzione.
Il colosso svizzero avrebbe anche raggirato i controlli scattati nel 2020, sfociati in un rapporto che il Governo ha preferito mantenere sotto traccia, anche per tutelare un settore che impiega migliaia di persone, finendo per varare un’evoluzione normativa più tollerante senza comunicarla alle istituzioni europee.
Nel frattempo i consumatori hanno continuato a comprare acqua minerale naturale, non conforme né alle regole né tanto meno ai benefici decantati dalla pubblicità, pagandola anche fino a 100 volte più cara di quella del rubinetto. Nelle prossime settimane spetterà alla Procura di Epinay, sui Vosgi di stabilire che orientamento penale attribuire all’inchiesta in corso.