“Mohamed al Bashir è un ingegnere che si è ritrovato a vivere ad Idlib quando Idlib è diventata la ridotta di un gruppo variegato di jihadisti, di guerriglieri ribelli più o meno democratici, più o meno islamisti. In questa situazione, questo signore con la passione per l’elettronica a un certo punto capisce dove va l’aria e si iscrive alla università di religione, di Sharia. Una volta preso il bollino blu della fedeltà ideologica, guarda caso diventa sindaco di Idlib e in quella posizione dimostra grandi capacità di amministrazione, di gestione”: Andrea Nicastro racconta così il nuovo premier siriano, in carica da martedì.
Al giornalista del Corriere della Sera - entrato in Siria - il neo capo del Governo ha rilasciato la prima intervista a un quotidiano occidentale. Un’intervista nella quale afferma che il primo obiettivo “è ristabilire la sicurezza e la stabilità in tutte le città della Siria”. “La gente è esausta di ingiustizia e tirannia. L’autorità dello Stato deve essere ristabilita per permettere alla gente di tornare al lavoro e alla vita normale”, ha detto il premier. Il secondo obiettivo è “far tornare i milioni di profughi siriani che sono all’estero”. Il Radiogiornale della RSI ha chiesto al reporter quale impressione gli abbia fatto al Bashir, fedelissimo del leader del gruppo Hayat Tahrir al Sham, Abu Mohammed al Jolani.
“Anzitutto, umanamente, è un uomo che deve affrontare qualcosa di molto più grande di lui. Il giorno prima si era presentato con un look studiato in giacca e cravatta per fare il passaggio di consegne col vecchio primo ministro, cioè lo sforzo di risultare presentabile agli occhi di chi lo guarda e che lo giudica. Quindi mantiene la barba, ma mette la cravatta”.
Qual è la sua principale preoccupazione in quanto premier?
“Anzitutto il problema è quello della sicurezza”, ha risposto Nicastro. “Ci sono troppe armi in giro, ci sono troppe fazioni concorrenti, ci sono troppi gruppi, gruppetti, gruppuscoli armati e leader che devono istituzionalizzare il fatto che sono loro i padroni del Paese. E le finanze sono disastrose: nella Banca centrale non hanno trovato un dollaro, una valuta pregiata. Non hanno trovato niente e stanno ancora contando i debiti che il Paese ha ufficialmente sulle spalle, per cui l’impresa sarà durissima. Hanno bisogno come l’aria dell’aiuto internazionale ed è per questo che si stanno sforzando di apparire potabili per l’Occidente”.
Ma il premier al Bashir, come anche al Jolani, sanno cosa vogliono fare?
“Penso sia difficile anche per loro. Se non che hanno molto chiaro il collegamento tra il consenso che devono ottenere dal popolo e i servizi che devono offrirgli. Per cui loro sono convinti di potere, grazie alla virtù dei governanti onesti ispirati dall’Islam, riuscire a gestire le cose in modo migliore dei vecchi amministratori corrotti e quindi permettere al Paese di risollevarsi. Auguri soprattutto che la pulizia, la rettitudine, l’ispirazione come dire, religiosa continui a essere così forte”.
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