Dall'inizio dell'anno, negli Stati Uniti, 17’423 persone sono morte a causa delle armi da fuoco, (circa 116 persone ogni giorno a fine maggio). Entro mezz’ora, altre due moriranno e, nello stesso tempo, verranno vendute altre 1’000 armi, pari a un milione e mezzo di pezzi al mese (dato 2022).
"Le sparatorie? Sono normalità"
“Negli USA le sparatorie di massa sono una normalità, un uomo o una donna con un fucile può spuntare in qualsiasi posto, in qualsiasi momento: in una scuola, in una chiesa, in un supermercato”, ricorda Andrea Vosti, corrispondente RSI dagli USA nel corso della trasmissione Modem.
Quasi 400 milioni di armi, le stime, per 330 milioni di abitanti, con 41'000 morti l'anno: tra i giovani è la causa di morte che supera gli incidenti stradali. Un'epidemia.
La libertà individuale e la cultura delle armi
“Alla radice c'è un principio che insiste sulla libertà individuale e il diritto individuale di disporre di sé, della propria sicurezza. Dispero che si possa fare una legge a livello federale veramente restrittiva sulle armi da fuoco”, dice Mattia Ferraresi, caporedattore del quotidiano “Domani”.
Ricchi e poveri, tutti armati
Gabriele Galimberti, fotografo, nel 2021 ha vinto il World Press Photo, con "The AmeriGuns" (progetto nato con National Geographic e diventato un libro): 42 ritratti in 30 Stati. Racconta un'America dove le armi sono radicate, ovunque.
In casa con bazooka e lanciafiamme
”Ho fotografato famiglie di qualsiasi estrazione sociale, ricchi, poveri, bianchi, neri, asiatici, uomini, donne, giovani, vecchi. Su 330 milioni di americani, poco meno di un terzo (90 milioni) sono possessori di armi. Circa il 40% delle armi mondiali in mano a civili sono negli USA, ma loro sono il 4% della popolazione mondiale; 330 milioni di statunitensi posseggono circa 400 milioni di armi, pari a 1,3 a testa per tutta la popolazione. Sono entrato nelle loro case, ho chiesto quante armi avessero: hanno risposto 35, 50, 86, 220.... Sono riuscito a convincerli a tirar fuori dai cassetti le armi, e le ho disposte di fronte a loro, come se fosse una collezione di francobolli, ma sono Kalashnikov AK-47, bazooka, lanciafiamme. Che te ne fai di un AK-47 in casa, a San Francisco? Non c'è giustificazione plausibile”.
"Non si riuscirà a convincere gli statunitensi"
Spiega Andrew Spannaus, giornalista USA: “L’idea di avere le armi in casa non si potrà togliere, perché fa parte di una cultura, di una concezione anche filosofica della propria libertà individuale. Qualcuno la porta all'estremo: “Lo Stato non è in grado di proteggermi… quando le cose andranno male, con proteste in strada, quando crollerà tutto il sistema, quando non avremo da mangiare, dovrò difendermi contro il resto del mondo”. Qualcun altro pensa addirittura contro lo Stato: “Io devo farmi un esercito mio, per difendermi, anche contro lo Stato". Bisognerebbe cambiare l’età, introdurre un porto d'armi. Qualche Stato l’ha fatto. Bisogna fare passi di questo tipo, perché, a livello generale, non si potrà convincere gli americani che non bisogna avere le armi”.
I soldi (tanti) alla politica
Un dato di fatto: la più potente tra le lobby delle armi (la NRA) ha un enorme potere. I soldi vanno, nella stragrande maggioranza dei casi, ai repubblicani (statistiche della Commissione federale per le elezioni). All’ultima tornata elettorale, 4 milioni a Donald Trump, (il secondo e il terzo in classifica sono due candidati senatori repubblicani). La NRA usa il denaro per sostenere o per osteggiare candidati, nel 2019/2020 quasi mezzo milione di dollari contro Biden, all'epoca candidato alla presidenza per i democratici.
“A me piacerebbe molto che, questa volta, qualcosa possa cambiare, ma lo speravo anche dopo la strage del 2012 alla Sandy Hook elementary school, in Connecticut: 27 morti, di cui venti bambini fra i 6 e i 7 anni. Non penso che le cose possano cambiare. E le reazioni politiche nelle ore dopo la strage a Uvalde lo dimostrano: i democratici dicono “passiamo subito leggi per imporre background check (controlli dei precedenti), ma i repubblicani rispondono: “no, non è il momento di pensare a restringere l'accesso alle armi, non bisogna cavalcare l'onda emotiva del dolore. Insomma è sempre il momento per piangere i morti, per pregare, ma mai per agire”, dice Vosti.
"Quasi nessuno dice che la priorità è cambiare le leggi"
"C'è una cosa che mi ha colpito qui a Uvalde, incontrando la gente e anche alcuni dei genitori delle 19 vittime della scuola elementare. Quasi nessuno, ripeto, quasi nessuno, mi ha detto che la priorità è cambiare le leggi. Tutti parlano di pregare, di ritrovare un senso di unità, di comunità, di vicinanza. Ma nessuno dice che la priorità è cambiare le leggi. E anche le ultime polemiche, di queste ore, sulla risposta tardiva delle forze dell'ordine, mettono da parte un po’ il problema. Si punta l'indice contro il fatto che nella scuola non c'era una guardia armata, ma si dimentica il fatto che a compiere la strage è un 18enne che ha comprato, appena compiuti i diciott'anni, appunto, due fucili semiautomatici, armi da guerra”, dice Vosti.
"Non può comprare una birra, ma 2 fucili d'assalto sì"
Questo diciottenne non avrebbe potuto acquistare una birra o berla in un bar, perché non ha l'età, ma può entrare in un'armeria e uscire con due fucili (facilmente acquistabili anche online per 2’000 dollari).
“Il modo in cui è organizzata la politica americana è che una piccola minoranza riesce a influire in modo enorme: un'associazione come la NRA (e anche qualche altro gruppo conservatore), può agire a livello dei singoli candidati. Danno un giudizio su di loro, sul candidato, e decidono: “o diamo i soldi a lui o diamo i soldi al suo avversario”. Nelle primarie, dove votano poche persone, questo può affossare un candidato. E così i politici hanno paura di mettersi contro. Quindi è facile per un gruppo di questo tipo, poi, legare il tema delle armi alla responsabilità individuale, fondamentale negli USA: “I criminali saranno sempre criminali”, e si dice “abbiamo noi la responsabilità di difenderci”, spiega Spannaus.
"Nel 2018 ci sono stati 38'658 morti per arma da fuoco negli USA, di cui 71 morti in stragi di massa. Ogni volta che muoiono venti bambini, ovviamente, se ne parla, perché è una cosa terribile. Però negli USA ci sono circa 150 morti al giorno per arma da fuoco. È il vero numero del problema: 71 su 38’658 morti sono una fetta piccolissima”, ricorda Galimberti.