"Possono chiudere i seggi, impedire il voto, mettere a tacere i social media ma non possono ignorare la voce di due milioni di catalani o più, che chiedono di poter esprimere il loro pensiero, la loro opinione sull'eventuale indipendenza della Catalogna dalla Spagna". A parlare è Rodolfo, ticinese residente da diversi anni a Barcellona, che dalle prime ore di domenica mattina sta seguendo in prima linea le manifestazioni in corso nel paese.
"Io non posso votare, ma sono sceso comunque in strada questa mattina alle 4.30 per difendere i seggi e permettere alla popolazione di poter esprimere la propria idea sulla questione", aggiunge il 50enne, raggiunto telefonicamente.
"Non nascondo che con il passare delle ore il timore che questo braccio di ferro tra manifestanti e forze dell’ordine inviate da Madrid possa degenerare. Ci sono già stati degli scontri con feriti. Mia moglie è in strada e ho il timore che possa essere vittima di tafferugli o arrestata", continua il nostro interlocutore.
"Vivo qui da diversi anni e conosco questa realtà. Ritengo che la vicenda non si risolverà con la chiusura delle urne. Domani? non so cosa accadrà. Certamente la protesta non si concluderà, anzi… continuerà ancora con maggior forza fino a quando non sarà raggiunta un'intesa, in questo dialogo tra sordi. Il mio auspicio è che quanto prima ci sia un'entità internazionale che intervenga, e che riesca mediare e riportare la calma e la ragione. Si possono far chiudere i seggi, ma non si possono far tacere due milioni di catalani con il solo uso della forza...", conclude.
bin
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