Cento anni fa Francia e Regno Unito si spartivano le province arabe dell’impero ottomano, gettando le basi geopolitiche dell’odierno Medio Oriente. A definire le aree di influenza fu un accordo segreto stipulato dalle due potenze nel 1916, due anni prima della fine della prima guerra mondiale: l’accordo Sykes-Picot che prese il nome dei due negoziatori, il francese François Georges Picot e l’inglese Mark Sykes.
Fu tracciata allora una linea nella sabbia, divisione artificiale, pura ingegneria coloniale. I cui nodi, cento anni dopo, sono ancora da sciogliere. "Non avete permesso al mondo arabo di accedere a un minimo di unità, coerenza e coesione. Oggi in Medio Oriente ne paghiamo il caos, un caos che con gli attacchi terroristici colpisce anche l’Europa", spiega Georges Corm, che elenca le tappe di un colonialismo mai finito: prima la guerra fredda che ha spaccato in due i regimi arabi, poi l’invasione americana dell’Iraq nel 2003, il bombardamento della Libia durante le primavere arabe. E oggi ancora in Siria, "con gli jihadisti che seminano il caos col supporto di potenze regionali, alleate degli Stati Uniti".
"Gli accordi continuano a permettere nella regione forti influenze esterne", prosegue Corm. "Cento anni fa sono stati creati differenti stati per rispondere ai differenti interessi e oggi ancora nessun regime arabo si regge in piedi da solo", aggiunge.
Eppure l’odio contro l’Occidente che spesso i media europei vogliono trovare tra gli arabi è un’invenzione. Per Georges Corm le bandiere a stelle e strisce bruciate e i proclami alla guerra santa sono eccezioni. "Ancora una volta siete eurocentrici. Qui abbiamo ben altri problemi a cui pensare", precisa subito l’intellettuale libanese. "Ci sono gruppi reazionari, certo, ma sono una minoranza. Oggi la modernità è ovunque. Guardi solo l’intensità delle relazioni tra le due sponde del Mediterraneo. Parlare di conflitto di civiltà non ha senso".
Cento anni dopo gli accordi Sykes-Picot dove deve guardare oggi il Medio Oriente? "Bisogna cominciare a garantire diritti ai palestinesi e smettere di utilizzare i petrodollari che finanziano solo lo sviluppo della dottrina wahabita, radicale. Col pretesto dei diritti umani le potenze occidentali demoliscono paesi come la Libia, la Siria, lo Yemen. Cosa bisognerebbe fare allora dell’Arabia Saudita?"
Jonas Marti