Centinaia di manifestanti sono tornati a protestare a Santiago del Cile lunedì, sfidando lo stato d'emergenza e affrontando i poliziotti nelle strade. Proseguono dunque i disordini che hanno già provocato 11 morti, e che hanno portato il presidente Sebastián Piñera ad affermare che il Paese è "in guerra". Quella di lunedì è la terza notte consecutiva di coprifuoco.
Nel pomeriggio, la polizia ha usato gas lacrimogeni e getti d'acqua per interrompere la marcia degli studenti e dei lavoratori in una delle principali strade della capitale cilena. Le forze dell'ordine hanno presidiato i supermercati, dove si sono formate lunghe file di persone. Durante il fine settimana, alcuni negozi erano stati saccheggiati e bruciati.
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Le proteste hanno scosso e sorpreso una nazione nota per la stabilità economica degli ultimi decenni, che ha visto una povertà in costante diminuzione, nonostante la persistenza delle disuguaglianze. A scatenare la mobilitazione è stato l'aumento del prezzo dei trasporti pubblici. Ma secondo gli analisti, la rabbia è alimentata anche da una diffusa frustrazione: una parte della popolazione, infatti, sente di non beneficiare dei progressi del Paese.
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