Un mercato alternativo per la sua industria tecnologica verde, un laboratorio per i suoi progetti digitali, una porta d’accesso a risorse minerarie fondamentali per lo sviluppo delle sue “nuove forze produttive”, un terreno in cui mostrarsi potenza responsabile. L’Africa rappresenta tutto questo, e altro, per la Cina. La conferma arriva dal forum triennale di cooperazione Cina-Africa, concluso venerdì 6 settembre a Pechino. Nella Grande Sala del Popolo di piazza Tiananmen sono arrivati capi di Stato e alti diplomatici di 53 Paesi africani su 54. Assente solo eSwatini, l’unico rimasto a mantenere rapporti ufficiali con Taiwan. La diplomazia cinese ha descritto l’evento come “il più importante dell’anno”, confermando la tradizionale enfasi data ai rapporti bilaterali, le cui radici sono state messe sin dagli anni Sessanta. Dall’afflato ideologico del terzomondismo di Mao Zedong si è passati all’enfasi dello sviluppo con caratteristiche cinesi.
I prestiti tradizionali della Cina all’Africa attraverso le sue banche statali sono esplosi da 98,7 milioni di dollari nel 2000 a un massimo di 28,8 miliardi di dollari nel 2016. Queste cifre sono diminuite negli anni successivi e poi sono crollate durante la pandemia, prima di risalire a 4,6 miliardi di dollari nel 2023. L’anno scorso il commercio bilaterale tra Cina e Africa ha raggiunto il massimo storico di 282 miliardi di dollari, con Pechino che è il primo partner commerciale dell’Africa da ormai 15 anni. Il forum di questi giorni era chiamato a dare nuovo impulso ai legami, svelando le intenzioni cinesi nella “nuova era” di Xi Jinping, giunto al cuore del suo terzo mandato.
Il presidente cinese ha presentato un piano d’azione triennale che prevede 50 miliardi di dollari statunitensi di finanziamenti, un po’ meno dei 60 promessi al forum del 2018. Una parte servirà a realizzare 30 progetti infrastrutturali, che dovrebbero creare un milione di posti di lavoro. Tra questi, è stata data particolare enfasi alla rivitalizzazione della ferrovia Tanzania-Zambia, storico progetto che risale ai tempi di Mao.
Il resto dei finanziamenti andrà a un migliaio di progetti definiti “piccoli e belli”, cioè più strategici e meno rischiosi. Segno dei tempi, in cui l’economia cinese non corre più come prima e si cerca di evitare di generare debiti troppo alti, che spesso i Paesi africani non sono stati in grado di ripagare. In sostanza: qualche ponte o magniloquente palazzo in meno, più energia pulita, compresa quella nucleare. Ma anche più digitale, con il sostegno alla penetrazione delle infrastrutture di rete e delle televisioni satellitari in zone rurali. Un processo win-win, che allaccia aree del continente africano al resto del mondo e allo stesso tempo consente alla Cina di proporre i suoi contenuti, nel tentativo di aumentare il proprio soft power.
Il cambio di approccio certificato dal forum lascia intravedere quale sarà uno dei focus principali dell’azione cinese in Africa: l’industria tecnologica verde. La Cina conta di trovare in Africa un mercato alternativo per i suoi veicoli elettrici, pannelli solari o turbine eoliche. Insomma, tutto quel comparto di “nuove forze produttive” su cui Xi punta per dare nuovo impulso alla crescita di Pechino. Ma anche un comparto entrato nel mirino dell’Occidente, con Stati Uniti e Unione Europea che stanno aumentando le tariffe sulle importazioni dalla Cina. In cambio, la Cina ottiene peraltro accesso privilegiato alle enormi risorse minerarie del continente. Rame, cobalto e litio, tutti elementi cruciali allo sviluppo green tech.
Il ruolo cinese nello sviluppo dell’Africa viene riconosciuto da Samia Suluhu Hassan, presidente della Tanzania: “La Cina è stata un vero partner nella nostra lotta contro la povertà e nella ricerca della prosperità”. O ancora da Bola Tinubu, presidente della Nigeria: “Il nostro rapporto ha superato i continenti e le sfide ed è diventato una vera e propria testimonianza del potere del rispetto reciproco e della cooperazione. Ciò che è iniziato come sostegno della Cina all’indipendenza delle nazioni africane si è evoluto in una partnership ricca e sfaccettata, che abbraccia il commercio, gli investimenti e la diplomazia”. Tutti gli interventi durante il forum esaltano le relazioni bilaterali, anche se in diversi incontri individuali coi vari leader, tra cui quelli di Sudafrica, Nigeria e Senegal, Xi ha dovuto rispondere alla richiesta sempre meno timida di aprire il mercato cinese ai prodotti africani e ridurre lo squilibrio nella bilancia commerciale. Per questo, tra i dieci punti del suo piano d’azione, Xi ha menzionato il programma “tariffe zero” per i 33 Paesi meno sviluppati del continente, manifestando l’intenzione di aumentare le importazioni di prodotti agricoli.
Non mancano aspetti politici e di sicurezza. Xi ha annunciato che Pechino addestrerà seimila militari e mille agenti di polizia africani, mentre prosegue il finanziamento alle scuole di pensiero e strategia politica in Africa. Nel documento finale si sostiene anche l’ingresso dei Paesi africani nei BRICS e il riconoscimento di un posto per il continente all’interno del G20. L’intenzione di Xi è quella di presentare la Cina come una potenza responsabile, garante di stabilità, in contrapposizione alla “mentalità egemonica” dell’Occidente. Ed ecco che nei passi più enfatici del suo discorso, il leader cinese parla di Cina e Africa alla prima persona plurale: “Cina e Africa rappresentano un terzo della popolazione mondiale. Senza la nostra modernizzazione, non ci sarà la modernizzazione globale”. E ancora: “Siamo pronti ad aprire un nuovo capitolo nella creazione di una comunità dal futuro condiviso”.
A fargli eco alcuni dei leader africani, che chiariscono come oltre i legami economici e commerciali ci sia di più. “Il partenariato non si basa solo su scambi economici e commerciali, ma anche su idee e posizioni fortemente allineate. Siamo impegnati a rimodellare il sistema di governance politica e finanziaria globale per renderlo più equo, più giusto e più bilanciato, garantendo a tutti i Paesi pari diritti e opportunità nel raggiungimento della modernizzazione”, dice Mohamed Ould Cheikh Ghazouani, presidente della Mauritania. “La lunga tradizione di amicizia tra Cina e Africa è stata forgiata combattendo il colonialismo”, ha dichiarato il presidente del Senegal, Bassirou Diomaye Faye. E quando Xi parla di immense sofferenze causate dall’Occidente ai Paesi in via di sviluppo chiarisce il suo obiettivo politico: la leadership del cosiddetto Sud globale.
RG 12.30 del 04.09.2024 - Le analisi di due esperti nel servizio di Elisa Tirabassi
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