Donald Trump alle 15.00 ora statunitense, le 21.00 in Svizzera, annuncerà la sua decisione nei confronti dell’Accordo sul clima. Da mercoledì voci insistenti affermano che il presidente americano opterà per una disdetta degli accordi di Parigi siglati nel dicembre del 2015.
Una scelta, se confermata, che non raccoglie i favori né della figlia Ivanka né del segretario di Stato Rex Tillerson, che nonostante il suo passato da numero uno alla Exxon Mobile (compagnia petrolifera) è convinto sostenitore delle politiche climatiche ed ecologista. Sul piano interno Trump vede ben 17 Stati, guidati da California e New York, pronti a non seguire la sua linea. Ma anzi, in prima linea a incentivare l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili.
Fuori dai confini nazionali, questa possibile decisione porterebbe gli Stati Uniti a un maggiore isolamento nei confronti dell’Europa e allo stesso tempo a un avvicinamento della Cina al Vecchio continente, con Pechino che punta a una politica più verde e in linea con quanto deciso due anni fa a tutela del pianeta.
Ma come mai Trump vorrebbe optare per una via che crea una grande spaccatura all’interno della società americana e negli equilibri geopolitici? Federico Rampini, giornalista di Repubblica, afferma che la sua politica si può sintetizzare con un "anti-obamismo" radicale (fu Obama a dire sì all’intesa promettendo una riduzione dei gas serra del 26-28% entro il 2015 rispetto ai livelli del 2005). Ma non solo: Trump vuole ribadire a chi lo ha sostenuto che l’America viene prima di tutto e di tutti, soprattutto dei patti sovranazionali.
AlesS
Dal TG20:
Clima, Trump intenzionato a non rispettare gli accordi
Telegiornale 01.06.2017, 22:00