Con una sentenza considerata storica il Tribunale Federale numero 1 di Buenos Aires ha condannato a pene dagli 8 ai 25 anni di reclusione i responsabili ancora vivi del “Piano Condor”, la strategia di collaborazione congiunta dei regimi militari sudamericani degli anni Settanta. Un patto di ferro tra i regimi di Argentina, Bolivia, Uruguay, Paraguay, Cile e Brasile che permetteva di catturare, torturare ed uccidere gli oppositori ai regimi che cercavano di scappare da un paese all’altro.
Il giuramento del generale Videla nel 1976
Il generale Rafael Videla, a capo della prima giunta argentina dal 1976 al 1979 si vantava con i suoi subalterni di aver creato “una prigione grande come tutto il Cono Sud” del Sudamerica. Diffidenti uno dell’altro, pervasi da un forte senso di nazionalismo, i gerarchi dell’epoca sapevano mettersi d’accordo sui metodi repressivi e si facevano “favori” a vicenda; quando non erano rimpatriati i prigionieri venivano interrogati e poi uccisi oltre frontiera.
Il processo sul Piano Condor, come spiega l’avvocato querelante
Luz Palmas Zardua del Cels, il Centro di Studi Legali di Buenos Aires, è
iniziato nel 1999, ma è solo nel 2013, con l’annullamento della leggi d’amnistia in Argentina, che ha potuto prendere forma.
Luz Palmas Zaldua
L'intervista a Luz Palmas Zaldua, avvocata querelante nel processo - di Emiliano Guanella
RSI Info 28.05.2016, 09:54
Dei 32 imputati iniziali, che facevano parte dei più alti ranghi delle dittatura sudamericane, solo 17 sono ancora in vita. Per tutti sono arrivate condanne esemplari. Dopo tanti anni la sentenza rappresenta una vittoria per le organizzazioni dei diritti umani e per i famigliari delle vittime, soprattutto dei paesi come il Paraguay o la Bolivia, dove la giustizia non ha ancora affrontato, e chissà se lo farà mai, i crimini commessi durante la dittatura.
Emiliano Guanella
Dal TG 12.30:
28.05.2016: Argentina, condanne per il Piano Condor