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Dopo Prigozhin? Oggi la Russia di Putin ha ritrovato solidità

Un anno fa la ribellione (fallita) del leader dei mercenari della Wagner fece attraversare al Paese forse il momento più pericoloso, ma ora la verticale del potere russo è rafforzata

  • 24 giugno, 05:33
  • 24 giugno, 05:33

Seidisera 18.00 del 23.06.24 - Intervista a Mark Galeotti

RSI Mondo 23.06.2024, 20:57

Di: Stefano Grazioli

Il 24 giugno di un anno fa la Russia ha attraversato forse il momento più pericoloso per la stabilità della sua recente storia: la ribellione di Yevgeny Prigozhin e della compagnia Wagner si è andata ad affiancare alle vicende analoghe dei colpi di Stato dell’agosto del 1991, allora si trattava però di Unione Sovietica, e dell’ottobre del 1993, quando il presidente Boris Yeltsin non esitò a prendere a cannonate la Casa Bianca, la residenza del governo a Mosca, dove si erano asserragliati i ribelli guidati da Alexandr Rutskoy.

La rivolta di Prigozhin del 2023 si è esaurita in meno di una giornata, da quando la sera del 23 giugno il leader del gruppo militare ha lanciato la cosiddetta marcia per la giustizia, a quando il pomeriggio del 24 l’ha fermata dopo la mediazione del capo di stato bielorusso Alexander Lukashenko. In mezzo ore di confusione e incertezza non solo nella capitale russa, ma anche in quelle occidentali, con dettagli e particolari mai venuti alla luce, e una vicenda che è stata definitivamente chiusa dopo l’abbattimento del volo su cui viaggiavano Prigozhin e alcuni comandanti della Wagner, Dmitry Uktin e Valery Chekalov, avvenuto due mesi dopo, il 23 agosto. A dodici mesi di distanza dal fallito golpe, o presunto tale, la Russia di Vladimir Putin ha ritrovato solidità interna, anche se i problemi di fondo rimangono.

La verticale del potere rafforzata

La ribellione dello scorso anno era nata nel contesto del conflitto ucraino a causa delle frizioni tra Prigozhin, che nel corso della guerra aveva assunto un ruolo sempre maggiore, amplificato anche da una strategia mediatica aggressiva, e i vertici militari, cioè il ministro della Difesa Sergei Shoigu e il generale Valery Gerassimov. Alla base questioni tecniche, economiche e ideologiche, sfociate in una battaglia aperta con Prigozhin che, nel momento decisivo, si è trovato però sostanzialmente solo davanti a tutti gli altri attori del sistema putiniano, dalle forze armate all’intelligence, passando per l’amministrazione, che non hanno pensato minimamente di mettersi contro il Cremlino. Già il 25 giugno era verosimile che la verticale del potere, indebolita certo negli ultimi anni dai consueti dissidi interni fra gruppi concorrenti e messa a dura prova dalla decisione stessa di invadere l’Ucraina, avesse subito un altro colpo, dal quale però si sarebbe rafforzata. E così è stato. L’eliminazione di Prighozin, l’integrazione della Wagner nei meccanismi militari coordinati dall’alto con la relativa diminuzione di autonomia, insieme con l’andamento favorevole del conflitto, hanno influito positivamente sulla stabilità dell’architettura costruita da Putin.

La doppia strategia di Putin

Se è vero che il ruolo di Prigozhin e della Wagner in alcuni tempi e luoghi del conflitto è stato importante, come nel caso del contribuito fornito nella lunga battaglia per la conquista di Bakhmut, nel Donbass, è altrettanto vero che la loro scomparsa non sembra aver inciso sul corso generale della guerra, determinato in realtà anche da altri fattori. Certamente lo scontro interno è stato duro, emerso progressivamente dall’inizio del 2023 quando ancora le truppe del Cremlino si preparavano ad affrontare quella che sarebbe dovuta diventare la controffensiva ucraina, ma la parte di Prigozhin e del suo gruppo nell’interno scenario è stata evidentemente sopravvalutata negli effetti reali. Putin, tradito da un suo fedelissimo al quale aveva lasciato troppo spazio di manovra, non ha esitato a chiudere i conti in maniera veloce, rimanendo in cima alla verticale senza perdere l’equilibrio, puntellando il sistema internamente e appunto continuando la campagna in Ucraina senza scossoni. Anzi. Nell’ultimo anno Mosca ha guadagnato posizioni su tutta la linea del fronte, sfruttando anche i ritardi nelle forniture di armi occidentali a Kiev e continua a mantenere l’iniziativa, con la doppia strategia di proseguire nell’avanzata e riservarsi l’eventuale possibilità di scendere a compromessi, partendo da una posizione di vantaggio nel caso dell’avvio di un futuro negoziato di pace. Questa almeno la situazione attuale.

Dalla Wagner all’Africa Corps

Decapitata la Wagner, il coordinamento del gruppo è passato al ministero della Difesa, dove nel frattempo Shoigu è stato sostituito dal tecnocrate Andrei Belousov, e dal servizio segreto militare, il GRU, guidato da Igor Kostyukov. Come negli anni di Prigozhin, che ha lasciato comunque in eredità un ruolo di minoranza al figlio Pavel, il terreno operativo preferito è l’Africa e non per caso la compagnia Wagner è stata ribattezzata Africa Corps, operativa dalla Repubblica Centrafricana al Mali, dalla Libia al Mozambico, dal Sudan al Niger. I compiti pratici sono quelli relativi alla consulenza militare e alla sicurezza, in collaborazione con i governi locali, con la Russia che punta alla cooperazione economica, tra energia, estrazione mineraria e commercio, con l’obbiettivo di fondo di espandere la propria influenza sul continente e contrastare quella dei maggiori attori, dalla Francia agli Stati Uniti.

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