Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National (RN, estrema destra, già presieduto da Marine Le Pen), ha confermato martedì sera in televisione un “accordo” fra il suo partito e la destra moderata di Les Républicains (LR). L’accordo riguarda - ha detto - “diverse decine di deputati Républicains” che saranno “investiti” o “sostenuti” dal RN.
Per la prima volta, dunque, Les Républicains, eredi del gollismo e barriera all’estrema destra, offrono un’alleanza elettorale a Marine Le Pen. In pochi minuti, il presidente di LR Eric Ciotti, autore dell’iniziativa, è stato contestato dai maggiori esponenti del partito, molti dei quali ne hanno chiesto le dimissioni. E in serata prima il ministro Bruno Le Maire e poi l’ex premier Edouard Philippe hanno “teso la mano” ai Repubblicani che si oppongono all’alleanza con RN.
Intanto nel clima di grande palpitazione, il presidente francese Emmanuel Macron ha rinviato a domani (mercoledì) una conferenza stampa annunciata per oggi (martedì), escludendo comunque le dimissioni qualunque sia l’esito del voto. Mentre nella sinistra l’accordo per presentare candidati unici è messo a dura prova da Raphael Glucksmann: arrivato terzo alle europee e tutt’oggi prima forza di sinistra con il suo Place Publique, che pone condizioni difficili da soddisfare.
La decisione di sciogliere il Parlamento e convocare elezioni anticipate presa dal capo dell’Eliseo domenica sera, dopo i risultati delle elezioni europee, è apparsa come un colpo di scena, ma le conseguenze sembrano ancora più esplosive, giorno dopo giorno.
L’annuncio di Ciotti è stato un ennesimo choc per l’Esagono: il tabù dell’alleanza con Le Pen, il muro eretto da Charles de Gaulle e protetto dai suoi eredi fino a Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy, è crollato in pochi minuti. La proposta di Le Maire e Philippe ai dissidenti è quella di confluire in una “nuova maggioranza”. Si va verso la lacerazione definitiva della destra moderata, già ridotta sotto il 10% dei voti, con una scissione o una sconfessione del presidente.
Sul piano delle alleanze, sembra sfumata quella fra l’ultradestra di Reconquète (R!) di Eric Zemmour e Marion Maréchal con i lepenisti, che lunedì sera era data per fatta. Dal rammarico della nipote di Marine Le Pen si desume che sia stato il partito della zia a rifiutare il patto con Zemmour.
Che si vada verso una completa ricomposizione del panorama politico in Francia, dopo il terremoto di domenica, sembra avvalorato anche da quello che - stando a frasi pronunciate da Macron su un aereo che lunedì lo riportava a Parigi - il presidente ha confidato: “Voglio tendere la mano a tutti coloro che sono pronti a venire a governare e a lavorare ad una radicalità ambiziosa. La decisione che ho preso apre una nuova era”.
Per la terza serata consecutiva, la sinistra si ritrova in piazza - sulla place de la République nel caso di Parigi, ma in tutto il Paese si sono svolti raduni - per manifestare contro l’estrema destra. Una cadenza quotidiana che ricorda il 2002, quando Jean-Marie Le Pen arrivò per la prima volta al ballottaggio delle presidenziali e in tutta la Francia, per due settimane, i partiti si riversarono ogni sera in piazza manifestando per il “fronte repubblicano”, che poi diede la vittoria con il margine più ampio a Jacques Chirac.
Sotto alla sede di Les Républicains, all’uscita di Ciotti, si sono registrati tafferugli per la protesta di una deputata ecologista che gridava “vergogna” e di alcuni giovani dell’unione studenti ebrei di Francia che protestavano contro il cedimento a Le Pen.
La sinistra sta lavorando all’accordo su “candidati unici” trovato lunedì sera, anche se agli ecologisti, France Insoumise, socialisti e comunisti non si unisce per il momento Raphael Glucksmann, il più votato della sinistra alle europee. Pone cinque condizioni fra le quali “il sostegno totale alla resistenza ucraina”, che non sembra automatico nella gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon.
Nella maggioranza uscente, la decisione di Macron sulle urne - contro la quale si registra anche un ricorso al Consiglio costituzionale - ha provocato molti scricchiolii. Edouard Philippe ha giudicato “non completamente sano che il presidente della Repubblica faccia una campagna legislativa”. Proprio quello che Macron farà da domani, con la conferenza stampa che dovrà lanciare la campagna elettorale lampo della sua maggioranza.
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