Secondo i primi exit poll e i primi risultati ufficiali, i francesi, chiamati domenica alle urne per il primo turno delle elezioni regionali, bocciano ancora l'avventura lepenista e premiano la politica tradizionale, i partiti della destra neogollista e della sinistra, che tornano a dominare il Paese.
In uscita dalla pandemia, con queste elezioni regionali rinviate di tre mesi per cercare (inutilmente) di evitare un crollo della partecipazione, la leader dell'ultradestra Marine Le Pen non sfonda, come prevedevano tutti i sondaggi, soprattutto nella maxi regione del Sud, sulla quale il Rassemblement National aveva puntato tutto. Ma non è l'unica sorpresa dell'ultimo appuntamento con le urne prima delle presidenziali 2022: la destra tradizionale, i Républicains, dati per moribondi, sono invece in testa e si affermano come il partito più votato a livello nazionale, poco avanti al blocco della gauche. Staccata, attorno al 19%, l'estrema destra lepenista.
Non decolla La République en Marche del presidente della Repubblica Emmanuel Macron, che non governa nessuna regione e dimostra che in 5 anni la formazione politica non è riuscita a radicarsi sul territorio. Necessità di riflessione, dunque, anche per Macron, che vede la sua creatura, en Marche, al Governo ma assente dal territorio. Per il presidente, l'impresa è ora rianimare il suo progetto per riuscire a rimanere all'Eliseo. In quasi tutte le regioni sono in testa i candidati uscenti di un Paese governato, a livello territoriale, da destra e sinistra tradizionale.
Il dato più clamoroso del primo turno - i ballottaggi sono in programma domenica prossima - è però quello dell'astensione, che secondo le previsioni si impenna a un livello record, fra il 66,1% e il 68,6%, secondo i vari istituti. Ha votato un francese su 3, un record negativo che ha stracciato il precedente, quello del 2010 che aveva visto alle urne nelle regionali il 53,67%. "È particolarmente preoccupante", ha ammesso il ministro dell'Interno Gérald Darmanin.
Il commento di Davide Mattei
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