Uno dei reperti catalogati dai periti della procura e dai consulenti potrebbe essere la prova chiave delle indagini sul crollo del ponte Morandi a Genova a metà agosto. Si tratta, come scrivono sabato i quotidiani La Repubblica e Secolo XIX, del reperto 132 che mostrerebbe un avanzato stato di corrosione dei cavi di acciaio dentro lo strallo di cemento armato.
Tale corrosione, secondo i militari della Guardia di Finanza italiani, sarebbe dovuta a manutenzioni carenti. Il reperto verrà inviato in Svizzera (a Zurigo) per analisi più approfondite. Per gli inquirenti, infatti, il collasso del viadotto è stato causato dalla rottura degli stralli (i tiranti alla sommità della struttura) che erano ammalorati da anni.
La società concessionaria, Autostrade per l’Italia, aveva approvato il progetto di rigenerazione degli stralli, che prevedeva il rinforzo delle pile 9 (poi crollata) e 10. I lavori sarebbero dovuti partire tra la fine di quest'anno e l'inizio del 2019. Il piano di intervento elaborato però non aveva neppure previsto una chiusura del viadotto.