I bombardamenti delle forze governative siriane sulla Ghuta orientale, area alla periferia di Damasco controllata dai ribelli, hanno causato in 48 ore la morte di 250 persone, fra cui decine di bambini, secondo l'ultimo bilancio dell'Osservatorio siriano dei diritti umani. Si tratta dell'attacco più sanguinoso nella zona da quello chimico del 2013, che aveva mietuto centinaia di vittime fra civili e combattenti. Secondo il coordinatore regionale degli affari umanitari dell'ONU, sei ospedali dell'enclave sono stati colpiti e tre sono fuori servizio. Francia e Stati Uniti hanno manifestato tutta la loro preoccupazione. Parigi parla di "cataclisma umanitario".
Un ferito curato in un ospedale della Ghuta
Nel frattempo, la situazione si fa sempre più critica anche ad Afrin, località curda sotto attacco turco da un mese. Forze vicine alle autorità di Damasco sono entrate in città, prontamente prese di mira e tenute a distanza da quelle di Ankara. Il presidente turco Erdogan aveva avvertito che il suo esercito avrebbe "sbarrato la strada" a qualunque rinforzo. La Turchia assicura che la sua avanzata, malgrado la perdita di una trentina di uomini, procede come previsto.
Resta da chiarire la posizione della Russia, alleata di Damasco ma che nel contempo collabora con Ankara in Siria. Mosca, che ha ritirato gli uomini che aveva ad Afrin, ha intanto ammesso che dozzine di cittadini russi e di altre repubbliche ex sovietiche sono rimasti uccisi o feriti in febbraio in Siria. Insiste però sul fatto che si tratta di combattenti privati e non di soldati regolari.
pon/AFP/Reuters/ATS