“Di sparatorie in venticinque anni qui ne avevo viste e udite, ma questa è stata a dir poco impressionante”, Daniel Soupper, muraltese d’adozione, raggiunto via Whatsapp a Port-au-Prince non si scompone, ma il suo racconto di quel che sta vivendo Haiti lo turba. “Il mio appartamento è al quarto piano – spiega Daniel –, mi sentivo sicuro. Stavo guardando la partita Inghilterra-Danimarca, ma quando ho iniziato a sentire i la sparatoria (n.d.r. tra polizia e mercenari) e ho visto il vetro rotto e buchi dei proiettili sul muro... mi sono nascosto in un angolo morto del locale confidando che finisse al più presto”.
Crivellato da un proiettile il vetro di una finestra dell'abitazione di Daniel Soupper
Il
confronto armato di cui Daniel è stato ignaro testimone è quello che nella notte tra martedì e mercoledì ha portato all’uccisione di quattro persone sospettate di aver assassinato il
presidente haitiano Jovenel Moïse. Altre due sono state arrestate. Ma Daniel nutre più di un dubbio sulla versione ufficiale: “
lo scontro è avvenuto a meno di un chilometro dalla residenza del presidente ucciso. Come è possibile che in un lasso di tempo di dodici ore il commando di professionisti, di mercenari non sia fuggito, non si sia praticamente mosso?”
Haiti dopo l'assassinio del presidente Moïse: rumori di colpi d'arma da fuoco a Port-au-Prince
Daniel Soupper 08.07.2021, 22:21
Su tutta l’isola caraibica ora vi è lo stato d’assedio. Altri scontri armati sono in corso tra le forze di sicurezza e altri possibili sospettati. “Io ho messo piede fuori casa solo una volta, dice Daniel, per fare cinquanta metri... Ci sono posti di blocco ovunque. Auto non se ne vedono, solo qualche motocicletta ogni tanto. Ma ho sentito che dalla bidonville diverse persone si sono dirette verso il centro della Capitale...”
Daniel Soupper durante la sua conversazione online con Massimiliano Herber
“
Secondo me il Governo ci racconta un sacco di menzogne, stiamo assistendo à un coup,
a un colpo di Stato”. Ll suo italiano addolcito dall’accento francese non rende meno severo il giudizio e urgenti gli interrogativi: “
come è stato possibile fare irruzione tanto facilmente nella fortezza del presidente? Il presidente, ci dice Daniel incredulo,
viveva protetto da guardie del corpo formate in America... Come possibile che il commando assassino possa essersi mosso indisturbato, sparire dopo un’ora e ricomparire dopo dodici ore a pochi metri di distanza?!? Un amico, che abita vicino all’abitazione del presidente assassinato, prosegue
, mi ha detto di aver sentito parlare inglese e spagnolo quella notte... (n.d.r.: né creolo né francese
) Non so chi possa esserci dietro, prosegue il nostro interlocutore
, non haitiani, temo un cartello della droga... E poi che ruolo ha Claude Joseph, quello che doveva essere solo un Primo Ministro a interim?”
“Ormai non c’è più speranza di poter godere della bellezza di questo Paese”, Daniel non nasconde lo sconforto. Conosce Haiti da un quarto di secolo, dal dicembre 1995 quando, ancora direttore di banca, vi si era trasferito con la sua Beatrice poi sposata nel 1999. “Abbiamo visto susseguirsi le missioni ONU e nulla è mai cambiato, chiosa Daniel, le élite dell’isola hanno ingannato questo paese, con la complicità della comunità internazionale”. Dopo 20 anni sull’isola caraibica, dopo l’esperienza del terremoto nel 2010, due anni fa Daniel e Beatrice avevano deciso di ritornare a Locarno tenendo però un pied-à-terre a Port au Prince con l’idea di trascorrervi qualche mese l’anno. Un sogno non destinato a durare. A fine giugno lui era tornato sull’isola per le ultime pratiche del trasloco definitivo. Mai avrebbe pensato di essere testimone di questa pagina di storia insanguinata. “Il mio volo di rientro per la Svizzera è previsto il 21. Chissà cosa potrà accadere ancora ad Haiti...”
Massimiliano Herber
Haiti, sulle tracce del commando che ha ucciso Moïse
Telegiornale 08.07.2021, 22:00