I leader del G7 hanno riaffermato il loro sostegno all’Ucraina. “Continueremo ad aumentare i costi della guerra russa, a degradare le fonti di guadagno della Russia e a ostacolare i suoi sforzi per costruire la sua macchina da guerra, come dimostrano i pacchetti di sanzioni recentemente approvati”, si legge nella dichiarazione finale della riunione odierna, dove non è mancato l’omaggio “allo straordinario coraggio di Alexei Navalny e siamo al fianco di sua moglie, dei suoi figli e dei suoi cari. Ha sacrificato la sua vita lottando contro la corruzione del Cremlino e per elezioni libere ed eque in Russia”. “Chiediamo al governo russo di chiarire pienamente le circostanze della sua morte”, “di liberare tutti i prigionieri ingiustamente detenuti e di fermare la persecuzione dell’opposizione politica e la repressione sistematica dei diritti e delle libertà. Riterremo responsabili i colpevoli della morte di Navalny, anche continuando a imporre misure”.
Al G7, però, spicca l’assenza del presidente francese Emmanuel Macron, sostituito dal suo ministro degli Esteri Stéphane Séjourné. La motivazione, per fonti dell’Eliseo, è l’impegno “per tutto il giorno” al Salone dell’Agricoltura, con focus sulla crisi dei trattori. Il dubbio di uno sgarbo diplomatico nasce dal combinato disposto fra questo cambio di programma e la convocazione, pochi giorni fa, di una riunione sull’Ucraina a Parigi con “diversi capi di Stato e di governo o ministri”.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, annuncia a marzo la prima tranche da 4,5 miliardi del fondo da 50 miliardi. E la dichiarazione finale del G7, ribadendo il sostegno alla formula di pace di Zelensky, chiarisce che “i beni sovrani della Russia nelle nostre giurisdizioni rimarranno immobilizzati fino a quando Mosca non pagherà i danni causati all’Ucraina”. Garantire risorse e armi non è l’unica sfida per l’Occidente. Va fronteggiata la propaganda russa, spiegano a più voci i leader.
Sullo sfondo ci sono anche i tanti appuntamenti elettorali, a partire dalle Europee. E c’è il timore di una guerra ibrida da parte di Mosca. “Gli europei - è sicura von der Leyen - hanno capito quanto sia pericoloso Putin, basta vedere le informazioni sull’omicidio di Navalny”.
Dal canto suo il presidente USA Joe Biden ha rassicurato il G7: gli Stati Uniti sono a fianco dell’Ucraina e continueranno a sostenerla. “Il nostro sostegno all’Ucraina non vacillerà, le democrazie mondiali non si divideranno, non ci stancheremo”, ha scritto Biden sui social network, assicurando che l’Ucraina “non sarà mai una vittoria per Vladimir Putin”. Ma alla sicurezza ostentata dal presidente si contrappone il blocco degli aiuti americani a Kiev alla Camera, dove i repubblicani fanno muro trainati da Donald Trump. Per il presidente le opzioni sono limitate se non continuare un pressing sfrenato, cercando di fare leva su quei conservatori moderati che hanno a cuore la sicurezza nazionale e che potrebbero regalare ai democratici i voti necessari per il via libera.
Il braccio di ferro continua incessante. Il leader dei democratici in Senato Chuck Schumer ha incalzato, da Leopoli, lo speaker della camera Mike Johnson ad agire e sbloccare i fondi necessari affinché Kiev continui la sua lotta con l’invasore russo. “Deve fare la cosa giusta”, ha detto Schumer esortando Johnson a una visita in Ucraina per toccare con mano la guerra. “Se incontrasse i generali e Volodymyr Zelensky, è impossibile che non si convinca che hanno bisogno di aiuto”, ha aggiunto.
Per i democratici l’unica strada per forzare un voto è quella di una ‘discharge petition’ con l’aiuto di alcuni repubblicani. La manovra richiede 218 voti, 6 in più di quelli che i liberali hanno, ma anche questa alternativa presenta rischi visto che potrebbero esserci defezioni fra i democratici per non sostenere i fondi a Israele, inclusi nello stesso pacchetto di quelli a Kiev.
La battaglia dei fondi all’Ucraina è complicata dalla campagna elettorale, nella quale Trump domina incontrastato e tiene in ostaggio il partito repubblicano. L’ex presidente ha più volte ribadito che gli Stati Uniti dovrebbero smetterla di concedere aiuti senza la speranza di essere ripagati o senza vincoli.
In caso di vittoria dell’ex presidente alle elezioni di novembre, e se i repubblicani mantenessero il controllo della Camera, per Kiev il futuro sarebbe più complicato considerata l’antipatia dell’ex presidente per la NATO e il suo scetticismo per la concessione di aiuti a perdere.
Se Biden conservasse la Casa Bianca, se il Senato tornasse nelle mani repubblicane e se, come molti si attendono, i democratici si riprendessero la Camera, allora l’Ucraina potrebbe affrontare il futuro con maggiore serenità. Tale combinazione infatti garantirebbe nuovi aiuti economici e militari all’Ucraina, smontando anche la convinzione di Vladimir Putin sul fatto che il tempo è dalla sua parte e rafforzando le chance di un successo diplomatico.
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