All’inizio fu un hashtag, #BlackLivesMatter, le vite dei neri contano. È il 13 luglio 2013, esattamente dieci anni fa, quando Alicia Garza, una donna californiana, consegna a Facebook la propria indignazione e tristezza dopo l’assoluzione della guardia volontaria di quartiere George Zimmerman. A scatenare la reazione è il proscioglimento dell’omicida, di origine miste bianche e ispaniche, che l’anno prima, a Sanford in Florida, uccise a colpi di pistola il diciassettenne studente di colore Trayvon Martin. Alicia scrive: "Neri, amo voi, amo noi. Le nostre vite contano". La sua amica, Patrisse Cullors, rilancia con l’hashtag #BLM, che si trasforma prima in grido di battaglia e poi in un movimento di lotta politica e sociale contro il razzismo e la violenza della polizia nei confronti degli afroamericani.
Ogni anno sono oltre mille le persone che in tutti gli Stati Uniti muoiono per le violenze della polizia e i numeri dicono che ciò succede tre volte più spesso ai cittadini di colore.
Obama: "Mio figlio assomiglierebbe a Trayvon"
Il ritardo nell’arresto e nell’incriminazione di Zimmerman sollevarono, in particolare, dubbi su come la polizia lasciasse mano libera ai vigilanti. L’uomo che sparò al 17enne riferì alle autorità di aver agito per legittima difesa e aggiunse di aver identificato l’adolescente nero come un potenziale ladro che si aggirava nella comunità di Sanford. All’epoca dei fatti l’allora presidente Barack Obama sollevò dubbi sull’equità di trattamento, ma soprattutto disse: "Se avessi un figlio, assomiglierebbe a Trayvon".
Il 13 luglio 2013 una giuria della Florida, composta da sei donne, tutte bianche tranne una, dichiarò Zimmerman non colpevole di omicidio di secondo grado o di omicidio colposo. La reazione al verdetto stimolò una nuova generazione di gruppi neri per la giustizia razziale, tra cui i “Dream Defenders”.
"Non riesco a respirare"
Nei suoi primi passi i tre co-fondatori di BLM, le tre attiviste Cullors, Garza e Ayo Tometi, si impegnarono a costruire un’organizzazione decentralizzata, basata sul consenso, pronta a denunciare gli abusi delle forze dell’ordine. Da questo punto di vista, l’anno dopo, il 2014 fornì solidi argomenti a sostegno della mobilitazione: il 17 luglio a New York il 44enne Eric Garner, padre di 6 figli, noto alla polizia per la vendita illegale di sigarette, viene costretto a terra dall’agente Daniel Pantaleo con una tecnica vietata di soffocamento: “I can’t breathe”. “Non riesco a respirare”, sono le sue ultime parole. Un video dell’arresto avrà un’ampia circolazione su internet.
Non passa nemmeno un mese e il 9 agosto, a Ferguson, un sobborgo di Saint Louis, nel Missouri, il 18enne Michael Brown, sospettato di essere coinvolto in una rapina, muore per mano della polizia. Sei colpi lo raggiungono mentre cerca di fuggire dall’agente Darren Wilson. L’accaduto provoca un’ondata di proteste, ma anche disordini e vandalismi che spingono il governatore a dichiarare lo stato di emergenza e il coprifuoco.
I fatti di Ferguson contribuiscono a far sì che la frase “BLM” si trasforma in quegli anni in un potente grido d’allarme, ma anche in un’accusa rivolta alle forze dell’ordine e ai politici conservatori. Il movimento cresce e durante le Presidenziali 2016, quelle che accompagnano la fine del secondo mandato del primo presidente afroamericano, Bernie Sanders ne riconosce l’importanza.
Nove minuti che sconvolgono l’America
E siamo alla storia degli ultimi anni. Nella primavera del 2020 le strade degli USA vengono messe nuovamente a ferro e fuoco per la morte a Minneapolis di George Floyd. Anche in questo caso è un filmato a rivelare la brutalità dell’agente Derek Chauvin che per oltre 9 minuti, senza venir fermato da tre colleghi, tiene il ginocchio premuto sul collo del 46enne afroamericano, fino a soffocarlo. “Mi uccideranno, non riesco a respirare”, ripete più volte, bloccato a terra. La pressione popolare porta, dopo due settimane, allo smantellamento del dipartimento di polizia di Minneapolis. Mentre nel Paese si sollecita una riforma delle forze di sicurezza e dei loro finanziamenti.
La richiesta disperata di Floyd, “I can’t breathe”, “non posso respirare”, la stessa pronunciata sei anni prima da Eric Garner, diventa uno slogan nelle manifestazioni che BLM organizza nelle settimane del processo contro il poliziotto omicida. La mobilitazione, secondo alcuni studi, coinvolse tra i 15 e i 26 milioni di persone. Il processo termina il 20 aprile 2021 con la condanna di Derek Chauvin per tutti e tre i capi d’accusa inerenti l’omicidio. Due mesi dopo un tribunale di stato fisserà la pena in 22 anni. A questa se ne aggiungerà una seconda, di 21 anni, da parte di una corte federale.
La protesta arriva anche in Svizzera
Ad inizio giugno 2020, nel momento in cui l’indignazione negli Stati Uniti è massima, anche nelle città europee si tengono manifestazioni di solidarietà con BLM. Anche in Svizzera si levano le voci a Basilea, Gineva e Losanna, dove più di 2'000 persone sfilano in corteo e convergono davanti al tribunale di Montbenon. "Il problema non è limitato agli Stati Uniti”, spiega un partecipante a Keystone-ATS. “La Svizzera non si trova in una bolla priva di razzismo”.
La denuncia di BLM torna ancora in strada di recente, quando lo scorso giugno sempre nel canton Vaud si celebra il processo contro gli agenti accusati di aver provocato, con un fermo durante un controllo antidroga, la morte per arresto cardiaco del nigeriano Mike Ben Peter. Una folla si raduna all’esterno del tribunale a Renens, quando viene comunicata l’assoluzione dei sei poliziotti. Cortei di protesta a Losanna si erano già svolti in precenza, nella primavera 2018, subito dopo il fatto.
BLM, milioni di persone e di dollari
L’indignazione, a partire soprattutto da quella innescata dalla morte di Floyd, fa confluire importanti donazioni sui conti del movimento BLM. Un successo che porta alla nascita di nuove entità operative. In mezzo alle dispute con gli attivisti sulle iniziative da prendere, spicca la Black Lives Matter Global Network Foundation Inc. che ha in gestione un fondo di aiuti che conta una decina di milioni di dollari.
E veniamo all’oggi. La Fondazione sta celebrando il decennale del BLM con il lancio di una campagna denominata “Defund the Police Week Action”. L’obiettivo è quello di ridurre i dipartimenti di polizia e reinvestire il denaro risparmiato nelle comunità nere che più hanno sofferto la brutalità e la disparità di trattamento da parte della giustizia penale.
"I luoghi più sicuri del mondo non hanno più polizia, più carceri o pene più severe”, ha detto D’Zhane Parker, membro della BLM Foundation. “Hanno semplicemente un migliore accesso alle opportunità economiche, un’istruzione di qualità e un’assistenza sanitaria”.
L’organizzazione sta anche incoraggiando i propri sostenitori a far pressione sulla politica, sia a livello locale sia nazionale, affinché il 13 luglio venga proclamato come "Black Lives Matter Day".
Nonostante questo apparente fermento i sondaggi dicono che il sostegno di allora è diminuito e solo un terzo degli interpellati ritiene che BLM abbia concretamente migliorato la vita degli afroamericani. Ma nuove fiammate potrebbero arrivare dalla cronaca, dal momento che l’indignazione è costretta a nutrirsi di ingiustizie.
Il movimento Black Lives Matter compie 10 anni
Telegiornale 13.07.2023, 20:00