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Il momento d'oro di chi vende armi

La guerra in Ucraina e le tensioni attorno alla Cina alimenteranno il mercato internazionale nei prossimi anni. Ma chi sono i maggiori esportatori? E quelli emergenti? Chi vende a chi? India e Arabia Saudita i principali acquirenti

  • 10 dicembre 2022, 09:01
  • 20 novembre, 14:18
Gli HIMARS statunitensi forniti all'Ucraina dall'inizio della guerra non sono ancora monitorati nei dati del SIPRI, aggiornati a fine 2021

Gli HIMARS statunitensi forniti all'Ucraina dall'inizio della guerra non sono ancora monitorati nei dati del SIPRI, aggiornati a fine 2021

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Di: Stefano Pongan 

Decine di miliardi di dollari in armamenti hanno preso la via dell'Ucraina dall'invasione russa il 24 febbraio, armi fornite essenzialmente da Paesi della NATO che hanno sostenuto Kiev nei suoi sforzi difensivi, attingendo spesso dai propri arsenali, tanto che, secondo fonti anonime dell'Alleanza citate a fine novembre dal New York Times, 20 dei 30 membri hanno esaurito le scorte che possono mettere a disposizione. Sarebbe il caso in particolare degli Stati baltici, della Polonia e degli Stati Uniti. Il conflitto è particolarmente intenso: basti pensare che stando a fonti ucraine citate dalla stampa internazionale nei mesi scorsi, nel pieno della battaglia del Donbass in estate le truppe ucraine sparavano fino a 6-7'000 colpi di artiglieria al giorno e quelle russe fino a 40-50'000, più della produzione mensile degli Stati Uniti.

Anche Mosca non ha riserve infinite soprattutto delle sue armi più sofisticate, visto che le sanzioni le impediscono di procurarsi all'estero alcune componenti di alta tecnologia. Ne deve fare quindi un uso parsimonioso e anche questo spiega il ricorso ai droni iraniani "a buon mercato", usati in particolare per colpire le infrastrutture energetiche.

02:45

I droni Shahed-136

Telegiornale 17.10.2022, 20:00

Una nuova corsa agli armamenti

Per i produttori di armi è in ogni caso un momento d'oro, il conflitto in atto e le tensioni attorno alla Cina e a Taiwan hanno scatenato una nuova corsa e alimenteranno il mercato nei prossimi anni: chi ha donato le proprie scorte all'Ucraina dovrà ricostituirle, magari con armamenti di nuova generazione, e Paesi che negli ultimi decenni avevano un po' trascurato le spese per la difesa annunciano ora grandi investimenti. Basti pensare ai 100 miliardi di euro che la Germania ha annunciato di voler spendere per ammodernare il suo esercito. I membri della NATO che ancora non consacravano il 2% del loro budget alla difesa si avvicineranno verosimilmente a questa soglia o la supereranno nei prossimi anni.

La quota di mercato dei maggiori esportatori di armi del mondo

La quota di mercato dei maggiori esportatori di armi del mondo

  • SIPRI

Ma chi ne trarrà profitto dal profilo economico? Chi sono i maggiori esportatori di armi del mondo e a chi le vendono? I dati di questo articolo sono forniti dal
SIPRI, l'istituto internazionale di ricerca sulla pace con sede a Stoccolma e sono stati aggiornati la scorsa primavera con le cifre relative al 2021.

Da sapere per capire meglio

Attraverso questa fonte non ci si può quindi fare un'idea precisa di quanti e quali armamenti i due Paesi in guerra abbiamo acquistato/ricevuto dal 24 febbraio ad oggi. Le conseguenze dirette e indirette del conflitto ucraino potrebbero cambiare anche significativamente i trend qui esposti. E a proposito di trend, le cifre fornite non riflettono necessariamente i reali prezzi di acquisto, ma sono standardizzate per essere comparabili sia da un Paese all'altro che nel tempo (maggiori informazioni qui). È utile poi osservare le tendenze su più anni, perché un grosso ordine di equipaggiamenti moderni e costosi - come i caccia - può essere sufficiente a far risaltare i dati di un singolo anno.

Da ultimo va detto che le importazioni non vanno necessariamente di pari passo con la spesa militare, oggetto di questo articolo di fine marzo: ci sono Paesi con una forte quota di produzione propria, come gli Stati Uniti o la Russia, che investono molto nelle forze armate pur comprando pochi sistemi finiti all'estero.

Le armi nel conflitto ucraino

Il maggiore fornitore straniero dell'esercito russo, d'altra parte, era proprio l'Ucraina con i suoi aerei da trasporto Antonov. Dal 2014, anno dell'annessione della Crimea, Kiev ha interrotto però i rapporti e da allora Mosca non ha acquistato praticamente più nulla che il SIPRI abbia registrato.

Un drone turco Bayraktar in una parata a Kiev nel 2021: l'Ucraina ne aveva già comprati prima della guerra

Un drone turco Bayraktar in una parata a Kiev nel 2021: l'Ucraina ne aveva già comprati prima della guerra

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E l'Ucraina? Prima del 2014, il suo arsenale era quasi essenzialmente di stampo sovietico e da allora fino a quest'anno ha investito cifre relativamente esigue per carri da fanteria cechi, elicotteri francesi (il tutto di seconda mano ma modernizzato), le armi anticarro statunitensi Javelin e i primi droni turchi Bayraktar TB2. Questi ultimi, da qualcuno definiti i "kalashnikov del XXI secolo", come si ricorderà erano stati l'arma in più per respingere l'avanzata russa nelle prime fasi del conflitto. Ben si capisce, però, come l'efficacia della resistenza all'invasore si basi in larga misura su armamenti che sono stati consegnati dopo il 24 febbraio di quest'anno.

Oltre un terzo del mercato è statunitense

Gli Stati Uniti da soli hanno rappresentato il 39% del mercato mondiale dei sistemi di armamento dal 2017 al 2021, oltre il doppio della Russia seconda, mentre al terzo posto si piazza la Francia. Statunitensi e francesi, però, sono fra i beneficiari dell'evoluzione in atto, mentre il Cremlino come la Cina, la Germania e il Regno Unito negli ultimi anni ha visto contrarsi le sue esportazioni.

Nonostante le critiche e le sanzioni per i suoi droni usati in Ucraina, l'Iran è solo il 37mo esportatore nell'arco dell'ultimo decennio, ben dietro per esempio la neutrale Svizzera, 14ma. D'altra parte, è l'alta tecnologia che costa e, per restare all'esempio dei droni, uno non vale l'altro né in termini di impiego né tanto meno di qualità o di prezzo. Lo Shahed per esempio - di cui il SIPRI non ha registrato vendite a Mosca - è un drone suicida e quindi monouso e si paga poche decine di migliaia di dollari al pezzo. I citati Bayraktar turchi 1-5 milioni l'uno, un loro equivalente statunitense sui 20 milioni e la Svizzera pagherà 50 milioni l'uno gli Hermes da sorveglianza israeliani di cui sta ancora attendendo il completamento della consegna.

Gli esportatori che stanno aumentando le vendite e quelli che perdono mercato

Gli esportatori che stanno aumentando le vendite e quelli che perdono mercato

  • SIPRI

Il calo delle vendite russe (e in parte l'aumento di quelle francesi) si spiega con quanto sta facendo il principale acquirente di Mosca (e del mondo intero) negli ultimi 10 anni, ovvero Nuova Delhi, che ultimamente ha guardato sempre più spesso altrove e in particolare per un paio di grandi acquisti proprio in Francia, per i sottomarini Scorpène e i caccia Rafale. L'India d'altra parte è il solo Paese a figurare fra i primi dieci compratori di armamenti sia russi che americani nell'ultimo decennio.

La lista dei clienti di Mosca comprende Cina, Venezuela, Siria, la Bielorussia e altri Stati ex sovietici, l'Algeria, l'Egitto, l'Iraq e il Vietnam, ma soprattutto nessun Paese occidentale. Più sorprendente, per i non addetti ai lavori, quella degli acquirenti di Washington: nei primi, solo il Regno Unito 7° e la Turchia 11ma sono nella NATO. Al 10° rango c'è l'alleato Israele, preceduto ampiamente in Medio Oriente dagli Emirati Arabi Uniti, dal Qatar e dall'Arabia Saudita, di gran lunga il primo cliente della Casa Bianca e in stretti rapporti anche con Londra.

Vendite controverse

Le vendite a Riad sono particolarmente controverse, perché i sauditi guidano una coalizione che è intervenuta nella guerra civile scoppiata nel 2015 nello Yemen e che ha causato secondo le Nazioni Unite oltre 300'000 morti fino alla fine del 2021.

La metà per fame e malattie e 150'000 quale conseguenza diretta dei combattimenti. Di questi, non meno di 15'000 civili, per la maggior parte uccisi proprio dai bombardamenti sauditi condotti con armi britanniche e statunitensi, come sottolinea l'organizzazione Campaign Against Arms Trade, che denuncia le forniture per miliardi di dollari e sterline proseguite nonostante le violazioni del diritto umanitario internazionale denunciate anche dall'ONU.

01:06

RG 07.00 del 14.02.2019: la corrispondenza di Emiliano Bos

RSI Info 14.02.2019, 07:20

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L'ONG era riuscita a ottenere una sentenza che definiva illegali le esportazioni britanniche, ma il Governo aveva dato un nuovo via libera alle vendite nel 2019, quando la segretaria al commercio internazionale era Liz Truss, poi divenuta quest'anno un'effimera prima ministra. Negli Stati Uniti era intervenuto invece Donald Trump, sempre nel 2019, per mettere il suo veto a una risoluzione che avrebbe interrotto gli aiuti militari a Riad. Subentrato alla presidenza, Joe Biden aveva messo restrizioni alle vendite (solo armi "difensive") che però non hanno impedito la firma di un nuovo contratto per elicotteri da combattimento lo scorso anno.

Commercio... e politica

Che il commercio di armi sia strettamente connesso a considerazioni geostrategiche ed alleanze politiche non sorprende ed emerge anche nelle citate liste dei clienti di Russia e Stati Uniti. I contratti più succosi, però, possono suscitare crisi diplomatiche anche fra alleati: un nuovo accordo in chiave anticinese firmato dall'Australia con Washington e con il Regno Unito ha comportato nel settembre 2021 la promessa di fornitura di sommergibili nucleari americani. Di conseguenza Canberra si è rimangiata un accordo da 56 miliardi di euro con la Francia, che si è infuriata, non da ultimo per il considerevole danno economico alla sua industria del settore. Il nuovo Governo australiano ha di recente annunciato che chiuderà la vertenza pagando un risarcimento da 555 milioni di euro.

Per un Paese della NATO, poi, è quasi impensabile effettuare grandi acquisti da fornitori esterni all'Allenza. Gli Stati Uniti avevano accolto molto male e adottato ritorsioni dopo la decisione turca di comprare dalla Russia un sistema missilistico terra-aria. La sola eccezione significativa fino a quest'anno, quando la Polonia ha firmato un contratto d'acquisto per un' ingente fornitura sudcoreana, comprendente in particolare i carri armati K2.

Gli emergenti

La Corea del Sud, se non altro, non è certo considerata un Paese nemico in Occidente. La citiamo non a caso, perché è il grande Paese emergente nel commercio di armi globale. Ancora 31ma nella classifica del SIPRI alla fine dello scorso millennio, nell'ultimo quinquennio si è arrampicata fino all'ottavo posto mondiale. Davanti, oltre ai quattro grandi esportatori Stati Uniti, Russia, Francia e Cina, ha Germania, Italia e Regno Unito e gli ultimi due sono ormai molto vicini.

Meno significativa dal profilo economico ma forse di più da quello politico e strategico è anche la trasformazione in atto della Turchia da importatore a esportatore netto. Ankara, che con gli "equilibrismi" diplomatici sotto la presidenza di Recep Tayyip Erdogan si è ritagliata un ruolo regionale sempre più indipendente e importante (basti pensare alla mediazione nel conflitto ucraino), sta costruendo un suo mercato con i veicoli blindati per il trasporto di truppe e con i più volte citati droni Bayraktar, acquistati da una dozzina di Paesi dall'Albania alla Polonia e al Kirghizistan, è già decisivi non solo in Ucraina , ma anche nel conflitto fra Etiopia e tigrini e in quello fra Armenia e Azerbaigian per il Nagorno-Karabakh.

02:36

L'Ucraina usa i droni in Russia?

Telegiornale 06.12.2022, 20:00

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