In Giordania, dallo scorso dicembre, la popolazione in blocco empatizza con la condizione dei palestinesi, soprattutto gazawi. Una vasta fetta trasversale al Paese per età, condizione sociale, istruzione, genere e origine, manifesta in sit-in almeno una volta la settimana.
I più agguerriti hanno vent’anni: sono soprattutto donne, globalizzate e con contezza politica. La Gen Z giordana, ma anche la generazione dei trentenni, ha aderito massicciamente alla campagna di boicottaggio globale antisraeliana (BDS). Gli effetti sono evidentissimi, ovunque ci si giri ad Amman: vuote le grandi catene di fast-food e le caffetterie americane, vuoti tutti i supermercati Carrefour. Al punto che alcune aree-centri commerciali prima affollatissime, sono state ribattezzate “compound Israel”.
Qui, come in Malesia, dove la campagna BDS ha colpito violentemente il gruppo KFC e Pizza Hut, facendo abbassare la crescita dei brand dal 17% allo 0,7%, il boicottaggio è stato preso molto sul serio: dall’inizio della campagna, 12’000 esercizi commerciali sono stati chiusi. “C’è stato un momento in cui il ministro del Turismo Makram al-Qaisi ha accusato gli attivisti di far precipitare il Paese nella recessione economica”.
Dana Hassan è la più nota start-upper digitale del Paese: trent’anni, una storia professionale come HR di aziende prestigiose, è una influencer prominente da 23’000 follower. Dopo avere fatto una campagna di boicottaggio molto intensa, Dana ha voluto dare una risposta al Ministro. Così è nata Nahna maakum (Noi stiamo con te), la start-up che ricolloca sul mercato le persone che hanno lasciato il lavoro negli esercizi commerciali boicottati oppure trova lavoro a coloro che sono stati licenziati.

1 miliardo di aiuti per il Libano
Telegiornale 24.10.2024, 20:00